Tutti i giorni, quindi, insieme all’acqua del rubinetto o in bottiglia, alla birra, ai frutti di mare, al pesce e al sale, ingoiamo anche la plastica.
Si sta ancora indagando su eventuali effetti negativi sulla salute causati dall’invasione nella natura delle microparticelle, che si diffondono nell’aria, nel suolo e nei mari: al momento si sa che le materie plastiche sono in grado di assorbire anche agenti tossici e cancerogeni dall’ambiente.
Uno studio dell’università Heriot-Watt di Edimburgo ha però quantificato fino a 68.415 fibre di plastica potenzialmente pericolose che finiscono nel nostro stomaco ogni anno.
I risultati della ricerca dell’Università australiana, segnano, secondo Marco Lambertini, direttore internazionale del Wwf, “un importante passo in avanti nel comprendere l’impatto dell’inquinamento da plastica sugli esseri umani”. Ogni anno sono 8 milioni le tonnellate di rifiuti che finiscono negli oceani, di cui il 75% è costituito da plastica. Questo, rileva lo studio, provoca un danno all’economia del mare stimato dal Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite in 8 miliardi di dollari all’anno. “È chiaro – conclude Lambertini – che si tratta di un problema globale, che può essere risolto solo affrontando le cause alla radice. Se non vogliamo plastica nel corpo, dobbiamo fermare i milioni di tonnellate di plastica che continuano a diffondersi nella natura. È necessaria un’azione urgente a livello di governi, di imprese e di consumatori, e un trattato globale con obiettivi globali”.
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