L’inquinamento dei terreni agricoli nell’UE dovuto
alla presenza di metalli pesanti è molto diffuso. I metalli pesanti sono
uno degli agenti più comuni che causano problemi di salute pubblica,
entrando nell’organismo dagli alimenti (cioè da colture coltivate su
terreni contaminati da metalli pesanti), per ingestione di suolo o
inalazione di polvere.
dolcevitaonline.it AnnabellaColuzza
Un numero crescente di prove suggerisce che gli
organismi del suolo, di vitale importanza per la salute e la fertilità
dello stesso, sono sensibili allo stress da metalli pesanti, così come lo è anche la biodiversità.
In
futuro, la disponibilità di terreni coltivabili potrebbe diminuire a
causa di leggi ambientali più severe che limitano la produzione di cibo
su terreni contaminati (Direttiva 86/278 / CEE del Consiglio del 1986).
Gli agricoltori e le organizzazioni dei consumatori dell’UE e dei paesi
associati non riconoscono più l’agricoltura biologica/ecologica su
terreni contaminati da metalli pesanti.
La bonifica
dei suoli inquinati è essenziale per l’uso sostenibile dei terreni
agricoli. La fitoestrazione, ovvero l’uso di piante per l’estrazione di
metalli pesanti da suoli contaminati, è emersa come un metodo
promettente per il risanamento di terreni inquinati.
Recenti
evidenze suggeriscono che l’aggiunta di chelati al suolo (ad esempio
acido etilendiamminotetracetico – EDTA e analoghi strutturali) aumenta
la fitodisponibilità di Pb e altri metalli pesanti formando complessi
chelati solubili in acqua.
Il principale inconveniente della fitoestrazione
indotta da chelato è che l’EDTA forma complessi chimicamente e
microbiologicamente stabili che rappresentano una minaccia di
contaminazione delle acque sotterranee. È stato dimostrato che la
lisciviazione di complessi di metalli pesanti attraverso il suolo
potrebbe essere efficacemente prevenuta usando l’acido
etilendiamminosuccinico (EDDS) invece dell’EDTA e ponendo una barriera
orizzontale permeabile sotto lo strato di terreno trattato.
Le barriere
possono essere composte da materiali reattivi che
facilitano la degradazione microbiologica dei complessi di metalli
pesanti con EDDS e trattengono i metalli pesanti rilasciati. L’EDDS è un
chelato facilmente biodegradabile, a bassa tossicità con una forte
affinità chimica con Pb e altri metalli pesanti e produce prodotti di
degradazione benigni.
Poiché
la fitoestrazione è una tecnologia a lungo termine, è imperativo
mantenere produttivi i campi sottoposti a trattamento per ottenere una
decontaminazione economicamente valida e socialmente accettabile.
Gli
impianti industriali, cioè le colture energetiche o le colture per la
produzione di biodiesel, sono quindi i primi candidati come piante di
fitoestrazione.
L’uso di colture energetiche e/o bio-diesel come
impianti di fitoestrazione di metalli pesanti darebbe infatti un valore
produttivo al suolo contaminato e ridurrebbe i costi di riparazione.
Diversi
studi hanno indagato la capacità di fitoestrazione della Cannabis
sativa per metalli pesanti come Pb, Zn e Cd. La fitoestrazione è stata
generalmente indotta dall’aggiunta di EDTA (comunemente usato) o di EDDS
nel terreno.
Si è visto che la disponibilità di determinati
metalli pesanti dipende dalla proprietà del suolo, come il pH del
terreno e la capacità di scambio cationico e dalla distribuzione dei
metalli tra diverse frazioni del suolo.
L’analisi del materiale
vegetale ha indicato che l’aggiunta di EDTA al suolo ha generalmente
aumentato la concentrazione di metalli pesanti nelle parti fuori terra
delle piante testate, ma il miglior risultato si è spesso ottenuto
associando EDDS e Cannabis sativa.
Tuttavia,
anche nel trattamento più efficiente, la percentuale di fitoestratto di
Pb in un singolo ciclo è stato solo di ca. lo 0,6% del Pb totale
presente nei 30 cm superiori del suolo.
La concentrazione di Pb ottenuta
con la Cannabis sativa è lontana dalle concentrazioni di Pb richieste
per un’efficace bonifica del terreno entro un lasso di tempo
ragionevole.
In teoria, le concentrazioni di Pb superiori all’1% della
biomassa vegetale secca (10 volte superiore a quella ottenuta in alcuni
esperimenti) sarebbero necessarie per ridurre le concentrazioni di Pb
nel terreno dagli iniziali 1100 a 300 mg/kg Pb (il limite fissato da
86/278/CEE), in oltre ca. 10-15 anni.
Va comunque segnalato che
in altre condizioni sperimentali si sono avuti valori di fitoestratto
più elevati, forse per la più giovane età delle piante impiegate o per
particolari condizioni del suolo.
Ad oggi il risanamento
di terreni agricoli inquinati è un prerequisito assolutamente
necessario per lo sviluppo sostenibile delle comunità rurali.
Le
tecnologie di fitoestrazione indotte per la rimozione di Pb e di altri
metalli pesanti sono ancora nella fase iniziale.
Tuttavia, attraverso lo
sviluppo di impianti (industriali) con potenziale di fitoestrazione
(geneticamente) aumentato, in futuro potrebbero offrire una valida
soluzione di bonifica e la Cannabis sativa si propone come uno dei
migliori candidati in questo campo.
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lunedì 17 giugno 2019
La canapa per bonificare i terreni contaminati: a che punto siamo.
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