lunedì 17 giugno 2019

La canapa per bonificare i terreni contaminati: a che punto siamo.

L’inquinamento dei terreni agricoli nell’UE dovuto alla presenza di metalli pesanti è molto diffuso. I metalli pesanti sono uno degli agenti più comuni che causano problemi di salute pubblica, entrando nell’organismo dagli alimenti (cioè da colture coltivate su terreni contaminati da metalli pesanti), per ingestione di suolo o inalazione di polvere. 



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Un numero crescente di prove suggerisce che gli organismi del suolo, di vitale importanza per la salute e la fertilità dello stesso, sono sensibili allo stress da metalli pesanti, così come lo è anche la biodiversità.
In futuro, la disponibilità di terreni coltivabili potrebbe diminuire a causa di leggi ambientali più severe che limitano la produzione di cibo su terreni contaminati (Direttiva 86/278 / CEE del Consiglio del 1986). Gli agricoltori e le organizzazioni dei consumatori dell’UE e dei paesi associati non riconoscono più l’agricoltura biologica/ecologica su terreni contaminati da metalli pesanti.
La bonifica dei suoli inquinati è essenziale per l’uso sostenibile dei terreni agricoli. La fitoestrazione, ovvero l’uso di piante per l’estrazione di metalli pesanti da suoli contaminati, è emersa come un metodo promettente per il risanamento di terreni inquinati.

Recenti evidenze suggeriscono che l’aggiunta di chelati al suolo (ad esempio acido etilendiamminotetracetico – EDTA e analoghi strutturali) aumenta la fitodisponibilità di Pb e altri metalli pesanti formando complessi chelati solubili in acqua.
Il principale inconveniente della fitoestrazione indotta da chelato è che l’EDTA forma complessi chimicamente e microbiologicamente stabili che rappresentano una minaccia di contaminazione delle acque sotterranee. È stato dimostrato che la lisciviazione di complessi di metalli pesanti attraverso il suolo potrebbe essere efficacemente prevenuta usando l’acido etilendiamminosuccinico (EDDS) invece dell’EDTA e ponendo una barriera orizzontale permeabile sotto lo strato di terreno trattato.
Le barriere possono essere composte da materiali reattivi che facilitano la degradazione microbiologica dei complessi di metalli pesanti con EDDS e trattengono i metalli pesanti rilasciati. L’EDDS è un chelato facilmente biodegradabile, a bassa tossicità con una forte affinità chimica con Pb e altri metalli pesanti e produce prodotti di degradazione benigni.
Poiché la fitoestrazione è una tecnologia a lungo termine, è imperativo mantenere produttivi i campi sottoposti a trattamento per ottenere una decontaminazione economicamente valida e socialmente accettabile.
Gli impianti industriali, cioè le colture energetiche o le colture per la produzione di biodiesel, sono quindi i primi candidati come piante di fitoestrazione.
L’uso di colture energetiche e/o bio-diesel come impianti di fitoestrazione di metalli pesanti darebbe infatti un valore produttivo al suolo contaminato e ridurrebbe i costi di riparazione.
Diversi studi hanno indagato la capacità di fitoestrazione della Cannabis sativa per metalli pesanti come Pb, Zn e Cd. La fitoestrazione è stata generalmente indotta dall’aggiunta di EDTA (comunemente usato) o di EDDS nel terreno.
Si è visto che la disponibilità di determinati metalli pesanti dipende dalla proprietà del suolo, come il pH del terreno e la capacità di scambio cationico e dalla distribuzione dei metalli tra diverse frazioni del suolo.
L’analisi del materiale vegetale ha indicato che l’aggiunta di EDTA al suolo ha generalmente aumentato la concentrazione di metalli pesanti nelle parti fuori terra delle piante testate, ma il miglior risultato si è spesso ottenuto associando EDDS e Cannabis sativa.
Tuttavia, anche nel trattamento più efficiente, la percentuale di fitoestratto di Pb in un singolo ciclo è stato solo di ca. lo 0,6% del Pb totale presente nei 30 cm superiori del suolo.
La concentrazione di Pb ottenuta con la Cannabis sativa è lontana dalle concentrazioni di Pb richieste per un’efficace bonifica del terreno entro un lasso di tempo ragionevole.
In teoria, le concentrazioni di Pb superiori all’1% della biomassa vegetale secca (10 volte superiore a quella ottenuta in alcuni esperimenti) sarebbero necessarie per ridurre le concentrazioni di Pb nel terreno dagli iniziali 1100 a 300 mg/kg Pb (il limite fissato da 86/278/CEE), in oltre ca. 10-15 anni.
Va comunque segnalato che in altre condizioni sperimentali si sono avuti valori di fitoestratto più elevati, forse per la più giovane età delle piante impiegate o per particolari condizioni del suolo.
Ad oggi il risanamento di terreni agricoli inquinati è un prerequisito assolutamente necessario per lo sviluppo sostenibile delle comunità rurali.
Le tecnologie di fitoestrazione indotte per la rimozione di Pb e di altri metalli pesanti sono ancora nella fase iniziale.
Tuttavia, attraverso lo sviluppo di impianti (industriali) con potenziale di fitoestrazione (geneticamente) aumentato, in futuro potrebbero offrire una valida soluzione di bonifica e la Cannabis sativa si propone come uno dei migliori candidati in questo campo.

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