Ormai è scontro totale tra l’Arabia Saudita e l’Iran.
Il
Principe contro gli Ayatollah. Oltre il Golfo, oltre lo Yemen. Ormai è
scontro totale tra l’Arabia Saudita e l’Iran. Quando un Presidente è in
difficoltà, in crollo di popolarità, prova a risalire la china
trasformandosi in commander-in-chief, e “usare” la guerra per essere
rieletto: la verità storica che vale per diversi inquilini della Casa
Bianca, può valere oggi per l’erede al trono del Regno, il principe
Mohammed bin-Salman (Mbs per i media internazionali). Chiamato
pesantemente in causa, anche dalla Cia, per il brutale assassinio del
giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi, Mbs si rilancia come
Difensore degli interessi del Regno, la sua stessa esistenza, minacciati
dal Grande Nemico sciita: l’Iran. Il principe ereditario saudita ha
accusato Teheran per l’attacco a due petroliere avvenuto giovedì nel
golfo dell’Oman.
“Il regime iraniano non ha
rispettato la visita del primo ministro giapponese a Teheran ed a
risposto ai sui sforzi diplomatici attaccando due petroliere, una delle
quali giapponese”, ha detto in un’intervista al quotidiano Asharq
al-Awsat. Anche gli Usa e il Regno Unito indicano l’Iran come il
colpevole dell’accaduto. Accuse che gli iraniani hanno respinto al
mittente con forza. “Noi non vogliamo una guerra nella regione ma non
esiteremo a reagire contro tutte le minacce ne confronti del nostro
popolo, la nostra sovranità, integrità territoriale ed interessi
vitali”, ha avvertito Mohammed bin -Salman.
I
sauditi, premono per una “risposta rapida e decisiva”, evocando i rischi
di un rallentamento delle forniture di petrolio. Il ministro
dell’energia ha invocato “una risposta rapida e decisiva alle minacce
alle forniture energetiche, alla stabilità dei mercati e alla fiducia
dei consumatori che sono state poste dai recenti atti terroristici nel
Mare Arabico e nel Golfo Arabo”. Alcune compagnie di navigazione
internazionali, in effetti, hanno iniziato ad evitare il passaggio nello
Stretto di Hormuz. Uno dei fronti più caldi dello scontro tra il Regno e
l’Iran è lo Yemen. I ribelli Houthi, sostenuti da Teheran, hanno detto
di avere lanciato un nuovo attacco con droni contro obiettivi in Arabia
Saudita, e il Regno ha fatto sapere di averne abbattuto uno. Il canale
satellitare Houthi Al-Masirah ha annunciato l’attacco, avvenuto nella
notte di sabato. L’Arabia Saudita ha sostenuto “tutti gli sforzi per
raggiungere una soluzione politica alla crisi in Yemen, ma le milizie
Houthi danno priorità all’agenda iraniana rispetto agli interessi del
paese e della popolazione”, sentenzia . il principe ereditario saudita,
Mohammed bin Salman (Mbs per i media internazionali) sempre nella lunga
intervista rilasciata a “Asharq al Awsat”. “La maggior parte dei
territori yemeniti è stata liberata e abbiamo sostenuto tutti gli sforzi
per raggiungere una soluzione politica alla crisi. Sfortunatamente, le
milizie Houthi danno priorità all’agenda iraniana rispetto agli
interessi dello Yemen e della sua popolazione. Di recente abbiamo
assistito all’attacco terroristico contro gli impianti petroliferi e
l’aeroporto di Najran (Arabia Saudita), che gli Houthi si sono vantati
di rivendicare. Ciò dimostra ancora una volta che queste milizie non si
preoccupano degli interessi del popolo yemenita o di alcun processo
politico per risolvere la crisi. Le loro azioni riflettono le priorità
di Teheran, non di Sana’a”, sostiene Mbs.
Yahia
al-Sarie, un portavoce dei ribelli ha detto che i droni hanno colpito
gli aeroporti di Jizan e Abha in Arabia Saudita. All’alba, la coalizione
a guida saudita ha fatto sapere di avere abbattuto un drone vicino
all’aeroporto di Abha. Una nota del portavoce militare Turki al-Maliki
non ha confermato la rivendicazione di un attacco con drone a Jizan. Gli
Houthi hanno rivendicato mercoledì scorso un attacco con un missile
all’aeroporto di Abha in cui sono rimaste ferite, secondo fonti saudite,
26 persone. “L’Italia condanna l’attacco contro l’aeroporto di Abha che
ha causato numerosi feriti fra i civili ed esprime solidarietà
all’Arabia Saudita e al suo popolo, confermando pieno sostegno al
processo di pace Onu e invitando le parti alla massima moderazione”., ha
scritto la Farnesina sul suo profilo Twitter. A fare fronte comune con i
sauditi contro Teheran ci sono gli Emirati Arabi Uniti, che di recente
hanno subito degli attacchi analoghi a quattro delle loro petroliere. Ed
anche in quel caso, secondo il governo dell’emirato, si è trattato di
attacchi realizzati con capacità che “non sono a disposizione di gruppi
illegali, ma al contrario processi disciplinati effettuati da uno
Stato”. Anche se, è stato ammesso, “fino ad ora le prove sono
insufficienti per accusare un paese in particolare”.
A
complicare ulteriormente il quadro, anche la posizione di Israele, che
da sempre guarda all’Iran, alla sua politica di espansione diplomatica
in Medio Oriente, e al suo piano di sviluppo nucleare come a minacce
mortali. Domenica si è riunito il Consiglio di difesa del governo
israeliano per esaminare alcuni “sviluppi della sicurezza nazionale»”
Fra questi - ha spiegato la radio pubblica - sono inclusi: la situazione
al confine con Gaza (dopo che nei giorni scorsi due razzi sono stati
sparati verso Israele); le nuove tensioni sulle alture del Golan; e
anche la situazione nel Golfo dell’Oman dopo gli attacchi a due
petroliere attribuiti dagli Usa all’Iran. Nessuna dichiarazione
ufficiale, spiegata così da Amos Harel, analista militare di Haaretz:
“Israele non vuole essere accusato di incoraggiare uno scontro diretto
tra Trump e Teheran, le cui smentite non sembrano convincenti”, e questo
“nonostante le organizzazioni di intelligence in Israele e in Occidente
siano molto decise nelle loro valutazioni: l’Iran è responsabile per
l’attacco di giovedì alle petroliere nel Golfo di Oman, come lo era
stato per altri incidenti nelle ultime settimane”. Ma l’allarme è
scattato nello Stato ebraico: “Gli iraniani cercheranno di provocare la
nostra reazione, direttamente o attraverso i gruppi armati che manovrano
a Gaza e in Siria”, confida ad HuffPost una fonte governativa a
Gerusalemme.
Sul piano internazionale, non ci sono
soltanto gli Stati Uniti in prima fila nell’attribuire all’Iran
l’attacco dei giorni scorsi, in cui sono rimaste coinvolte due navi
cargo norvegesi e giapponesi. Il governo britannico ha spiegato che, in
base alle sue valutazioni, la responsabilità di Teheran appare “quasi
certa”, nella considerazione che nessun altro avrebbe potuto compiere
tale atto. Abbastanza da provocare uno strappo diplomatico: Teheran ha
convocato l’ambasciatore britannico rinfacciando a Londra proprio di
essere l’unica a sostenere la tesi americana. Negli Usa il rischio di
una guerra inizia a percepirsi. E nel Congresso si studia un modo per
fermare Trump nel caso facesse scattare l’opzione militare. Democratici e
repubblicani, in particolare, stanno ipotizzando un blocco della
vendita di armi ad Arabia Saudita ed Emirati, ma anche il divieto
dell’uso di fondi federali per operazioni militari contro Teheran senza
previa autorizzazione del Congresso. A vestire per una volta i panni, a
lui desueti, della “colomba” è Mike Pompeo: “Gli Stati Uniti non voglio
una guerra con l’Iran.”, assicura il segretario di Stato. Anche se
Teheran è “inequivocabilmente” responsabile dell’attacco alle
petroliere, “noi non vogliamo la guerra”.
Intanto,
però, tra l’amministrazione Usa e il regime iraniano prosegue la
“partita dei sospetti”. Che rivolta anche la Storia. Il presidente del
Parlamento iraniano ha affermato oggi che gli Stati Uniti erano dietro
gli attacchi “sospetti” che hanno colpito due navi nel Golfo di Oman
giovedì, secondo l’agenzia ufficiale iraniana Irna.”Sembra che le azioni
sospette contro petroliere nel Mare di Oman completino le sanzioni
economiche perché (gli Stati Uniti) non hanno ottenuto alcun risultato
con queste sanzioni”, ha affermato Ali Larijani in un discorso al
Madjles (Parlamento) come riportato da Irna e dall’agenzia
semi-ufficiale Isna. Secondo quanto riportato dalle due agenzie,
Larijani ha sostenuto questa insinuazione affermando che durante “la
Seconda Guerra Mondiale”, gli Stati Uniti “stavano prendendo di mira le
loro stesse navi vicino al territorio giapponese per giustificare la
loro ostilità” a Tokyo, alleata della Germania nazista. I venti di
guerra che soffiano nel Golfo rischiano di “gonfiare” anche la nostra
bolletta petrolifera.
“Continuano ad attaccare le
petroliere, che nei mari del Golfo dell’Oman sono più strategiche di una
raffineria. Ma quello che sta accadendo negli Emirati era prevedibile,
visto che i primi segnali di allerta erano giunti mesi fa”. dice a
LaPresse Michele Marsiglia, presidente della FederPetroli Italia,
L’allarme che arriva dalla FederPetroli Italia, la Federazione
petrolifera indipendente che rappresenta le aziende petrolifere, nel
settore che va dalle risorse minerarie, dai pozzi alle piattaforme, alla
distribuzione di carburante al ‘non oil’, è per il settore: “Non
possiamo nascondere che da tempo, una parte di aziende hanno già
diversificato le rotte commerciali e alcuni approvvigionamenti. - dice
Marsiglia - Se per qualche anno il Medio Oriente ha destato
preoccupazione con diversi Paesi, mettendo in posizione neutra la
Penisola Arabica, oggi ci troviamo di fronte ad un problema che è solo
all’inizio e che sta già condizionando le politiche ed i prezzi
petroliferi”. “L’attenzione - sottolinea Marsiglia - è tutta sull’Iran,
che dopo l’incognita Libia è diventato il Paese dominante per le future
scelte e per le road-map geopolitiche energetiche”.
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