lunedì 17 giugno 2019

Golfo, il Principe contro gli Ayatollah: così Mbs (Mohammed bin-Salman) si prepara alla guerra.

Ormai è scontro totale tra l’Arabia Saudita e l’Iran.

Golfo, il Principe contro gli Ayatollah: così Mbs si prepara allaIl Principe contro gli Ayatollah. Oltre il Golfo, oltre lo Yemen. Ormai è scontro totale tra l’Arabia Saudita e l’Iran. Quando un Presidente è in difficoltà, in crollo di popolarità, prova a risalire la china trasformandosi in commander-in-chief, e “usare” la guerra per essere rieletto: la verità storica che vale per diversi inquilini della Casa Bianca, può valere oggi per l’erede al trono del Regno, il principe Mohammed bin-Salman (Mbs per i media internazionali). Chiamato pesantemente in causa, anche dalla Cia, per il brutale assassinio del giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi, Mbs si rilancia come Difensore degli interessi del Regno, la sua stessa esistenza, minacciati dal Grande Nemico sciita: l’Iran. Il principe ereditario saudita ha accusato Teheran per l’attacco a due petroliere avvenuto giovedì nel golfo dell’Oman.
“Il regime iraniano non ha rispettato la visita del primo ministro giapponese a Teheran ed a risposto ai sui sforzi diplomatici attaccando due petroliere, una delle quali giapponese”, ha detto in un’intervista al quotidiano Asharq al-Awsat. Anche gli Usa e il Regno Unito indicano l’Iran come il colpevole dell’accaduto. Accuse che gli iraniani hanno respinto al mittente con forza. “Noi non vogliamo una guerra nella regione ma non esiteremo a reagire contro tutte le minacce ne confronti del nostro popolo, la nostra sovranità, integrità territoriale ed interessi vitali”, ha avvertito Mohammed bin -Salman.   

I sauditi, premono per una “risposta rapida e decisiva”, evocando i rischi di un rallentamento delle forniture di petrolio. Il ministro dell’energia ha invocato “una risposta rapida e decisiva alle minacce alle forniture energetiche, alla stabilità dei mercati e alla fiducia dei consumatori che sono state poste dai recenti atti terroristici nel Mare Arabico e nel Golfo Arabo”. Alcune compagnie di navigazione internazionali, in effetti, hanno iniziato ad evitare il passaggio nello Stretto di Hormuz. Uno dei fronti più caldi dello scontro tra il Regno e l’Iran è lo Yemen.  I ribelli Houthi, sostenuti da Teheran, hanno detto di avere lanciato un nuovo attacco con droni contro obiettivi in Arabia Saudita, e il Regno ha fatto sapere di averne abbattuto uno. Il canale satellitare Houthi Al-Masirah ha annunciato l’attacco, avvenuto nella notte di sabato. L’Arabia Saudita ha sostenuto “tutti gli sforzi per raggiungere una soluzione politica alla crisi in Yemen, ma le milizie Houthi danno priorità all’agenda iraniana rispetto agli interessi del paese e della popolazione”, sentenzia . il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman (Mbs per i media internazionali) sempre nella lunga intervista rilasciata a “Asharq al Awsat”. “La maggior parte dei territori yemeniti è stata liberata e abbiamo sostenuto tutti gli sforzi per raggiungere una soluzione politica alla crisi. Sfortunatamente, le milizie Houthi danno priorità all’agenda iraniana rispetto agli interessi dello Yemen e della sua popolazione. Di recente abbiamo assistito all’attacco terroristico contro gli impianti petroliferi e l’aeroporto di Najran (Arabia Saudita), che gli Houthi si sono vantati di rivendicare. Ciò dimostra ancora una volta che queste milizie non si preoccupano degli interessi del popolo yemenita o di alcun processo politico per risolvere la crisi. Le loro azioni riflettono le priorità di Teheran, non di Sana’a”, sostiene Mbs.
Yahia al-Sarie, un portavoce dei ribelli ha detto che i droni hanno colpito gli aeroporti di Jizan e Abha in Arabia Saudita. All’alba, la coalizione a guida saudita ha fatto sapere di avere abbattuto un drone vicino all’aeroporto di Abha. Una nota del portavoce militare Turki al-Maliki non ha confermato la rivendicazione di un attacco con drone a Jizan. Gli Houthi hanno rivendicato mercoledì scorso un attacco con un missile all’aeroporto di Abha in cui sono rimaste ferite, secondo fonti saudite, 26 persone. “L’Italia condanna l’attacco contro l’aeroporto di Abha che ha causato numerosi feriti fra i civili ed esprime solidarietà all’Arabia Saudita e al suo popolo, confermando pieno sostegno al processo di pace Onu e invitando le parti alla massima moderazione”., ha scritto la Farnesina sul suo profilo Twitter. A fare fronte comune con i sauditi contro Teheran ci sono gli Emirati Arabi Uniti, che di recente hanno subito degli attacchi analoghi a quattro delle loro petroliere. Ed anche in quel caso, secondo il governo dell’emirato, si è trattato di attacchi realizzati con capacità che “non sono a disposizione di gruppi illegali, ma al contrario processi disciplinati effettuati da uno Stato”. Anche se, è stato ammesso, “fino ad ora le prove sono insufficienti per accusare un paese in particolare”.
A complicare ulteriormente il quadro, anche la posizione di Israele, che da sempre guarda all’Iran, alla sua politica di espansione diplomatica in Medio Oriente, e al suo piano di sviluppo nucleare come a minacce mortali. Domenica si è riunito il Consiglio di difesa del governo israeliano per esaminare alcuni “sviluppi della sicurezza nazionale»” Fra questi - ha spiegato la radio pubblica - sono inclusi: la situazione al confine con Gaza (dopo che nei giorni scorsi due razzi sono stati sparati verso Israele); le nuove tensioni sulle alture del Golan; e anche la situazione nel Golfo dell’Oman dopo gli attacchi a due petroliere attribuiti dagli Usa all’Iran. Nessuna dichiarazione ufficiale, spiegata così da Amos Harel, analista militare di Haaretz: “Israele non vuole essere accusato di incoraggiare uno scontro diretto tra Trump e Teheran, le cui smentite non sembrano convincenti”, e questo “nonostante le organizzazioni di intelligence in Israele e in Occidente siano molto decise nelle loro valutazioni: l’Iran è responsabile per l’attacco di giovedì alle petroliere nel Golfo di Oman, come lo era stato per altri incidenti nelle ultime settimane”. Ma l’allarme è scattato nello Stato ebraico: “Gli iraniani cercheranno di provocare la nostra reazione, direttamente o attraverso i gruppi armati che manovrano a Gaza e in Siria”, confida ad HuffPost una fonte governativa a Gerusalemme.
Sul piano internazionale, non ci sono soltanto gli Stati Uniti in prima fila nell’attribuire all’Iran l’attacco dei giorni scorsi, in cui sono rimaste coinvolte due navi cargo norvegesi e giapponesi. Il governo britannico ha spiegato che, in base alle sue valutazioni, la responsabilità di Teheran appare “quasi certa”, nella considerazione che nessun altro avrebbe potuto compiere tale atto. Abbastanza da provocare uno strappo diplomatico: Teheran ha convocato l’ambasciatore britannico rinfacciando a Londra proprio di essere l’unica a sostenere la tesi americana. Negli Usa il rischio di una guerra inizia a percepirsi. E nel Congresso si studia un modo per fermare Trump nel caso facesse scattare l’opzione militare. Democratici e repubblicani, in particolare, stanno ipotizzando un blocco della vendita di armi ad Arabia Saudita ed Emirati, ma anche il divieto dell’uso di fondi federali per operazioni militari contro Teheran senza previa autorizzazione del Congresso. A vestire per una volta i panni, a lui desueti, della “colomba” è Mike Pompeo: “Gli Stati Uniti non voglio una guerra con l’Iran.”, assicura il segretario di Stato. Anche se Teheran è “inequivocabilmente” responsabile dell’attacco alle petroliere, “noi non vogliamo la guerra”.
Intanto, però, tra l’amministrazione Usa e il regime iraniano prosegue la “partita dei sospetti”. Che rivolta anche la Storia. Il presidente del Parlamento iraniano ha affermato oggi che gli Stati Uniti erano dietro gli attacchi “sospetti” che hanno colpito due navi nel Golfo di Oman giovedì, secondo l’agenzia ufficiale iraniana Irna.”Sembra che le azioni sospette contro petroliere nel Mare di Oman completino le sanzioni economiche perché (gli Stati Uniti) non hanno ottenuto alcun risultato con queste sanzioni”, ha affermato Ali Larijani in un discorso al Madjles (Parlamento) come riportato da Irna e dall’agenzia semi-ufficiale Isna. Secondo quanto riportato dalle due agenzie, Larijani ha sostenuto questa insinuazione affermando che durante “la Seconda Guerra Mondiale”, gli Stati Uniti “stavano prendendo di mira le loro stesse navi vicino al territorio giapponese per giustificare la loro ostilità” a Tokyo, alleata della Germania nazista. I venti di guerra che soffiano nel Golfo rischiano di “gonfiare” anche la nostra bolletta petrolifera.
“Continuano ad attaccare le petroliere, che nei mari del Golfo dell’Oman sono più strategiche di una raffineria. Ma quello che sta accadendo negli Emirati era prevedibile, visto che i primi segnali di allerta erano giunti mesi fa”. dice a LaPresse Michele Marsiglia, presidente della FederPetroli Italia, L’allarme che arriva dalla FederPetroli Italia, la Federazione petrolifera indipendente che rappresenta le aziende petrolifere, nel settore che va dalle risorse minerarie, dai pozzi alle piattaforme, alla distribuzione di carburante al ‘non oil’, è per il settore: “Non possiamo nascondere che da tempo, una parte di aziende hanno già diversificato le rotte commerciali e alcuni approvvigionamenti. - dice Marsiglia - Se per qualche anno il Medio Oriente ha destato preoccupazione con diversi Paesi, mettendo in posizione neutra la Penisola Arabica, oggi ci troviamo di fronte ad un problema che è solo all’inizio e che sta già condizionando le politiche ed i prezzi petroliferi”. “L’attenzione - sottolinea Marsiglia - è tutta sull’Iran, che dopo l’incognita Libia è diventato il Paese dominante per le future scelte e per le road-map geopolitiche energetiche”.

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