venerdì 21 giugno 2019

Domani in piazza il futuro di Roma In città è in atto un conflitto che va ben oltre il pur gravissimo annuncio della lista di sgombero di 22 spazi abitativi e sociali. In gioco c’è il destino delle città di fronte al saccheggio della finanza e alla normalizzazione politica


 dinamopress Marco Bersani
Dentro la città di Roma è in atto un conflitto che va ben oltre il pur gravissimo annuncio della lista di sgombero di 22 spazi abitativi e sociali, restituiti in questi anni alla città, dopo decenni di abbandono, da esperienze che hanno deciso di occuparli  per rispondere a bisogni di tipo abitativo, sociale e culturale.
Dentro la città di  Roma lo scontro è fra chi ha deciso di proiettare all’infinito il deserto liberista del presente, mettendo a disposizione della valorizzazione finanziaria e della rendita immobiliare l’intero armamentario ideologico della legalità e del decoro, e chi non rinuncia a riprendersi il futuro, praticando solidarietà e mutualismo, e immaginando collettivamente un altro modello di città.

Non è per caso se l’attacco in corso abbia come contesto le realtà urbane: nelle città e nei Comuni risiede la gran parte della ricchezza collettiva, costituita da territorio, patrimonio pubblico, beni comuni, servizi pubblici locali, la cui messa sul mercato necessita di comunità frantumate socialmente, in cui la rabbia si trasformi in rancore e il desiderio in rassegnazione.
Per questo la progressiva mercificazione di beni comuni, diritti, relazioni sociali e democrazia deve accompagnarsi a politiche securitarie che disciplinino le comunità, espellendo i non conformi e reprimendo i ribelli.
Se questa è la posta in gioco, movimenti, comitati, spazi autogestiti e realtà sociali devono inondare le strade e le piazze di Roma domani, sabato 22 giugno, ma, nel contempo, iniziare ad attrezzarsi per un salto di qualità nella propria analisi, azione e comunicazione.
Il primo passo è costituito dal saper parlare alla città, disertando l’immaginario resistenziale a cui, con gli annunciati sgomberi, i poteri forti vorrebbero relegarci: ciò che è in campo non è solo l’attacco dei poteri forti contro chi non ha rinunciato a sovvertire il presente, ma è il tentativo di arruolare nell’immaginario dominante l’intera città, incanalandone la frustrazione sociale nella domanda di ordine e disciplina.
Il secondo passo è costituito dal trasformare in terreno di scontro politico e sociale il quadro economico-finanziario dato come oggettivo e indiscutibile, inserendo nella filiera delle lotte e delle mobilitazioni la rottura della gabbia del debito di Roma, vera e propria clava utilizzata per poter proseguire con politiche di austerità e privatizzazioni, in mancanza del consenso sociale.
Se non si mette radicalmente in discussione la premessa «c’è il debito, non ci sono i soldi», nessuna generosa battaglia antifascista e antirazzista riuscirà ad arginare chi dice «se i soldi non ci sono, prima gli italiani!».
A maggior ragione dentro una città come Roma, il cui futuro è stato predeterminato dal decreto “Salva Roma”, che sottrarrà sino al 2048 la ricchezza collettiva per destinarla al pagamento degli interessi sul debito.
Il terzo passo, conseguenza dei primi due, risiede nella volontà di costruire una relazione permanente fra le realtà attive dentro tutti i quartieri e i territori, non unicamente finalizzata – come purtroppo spesso succede – a dare un’adeguata risposta di mobilitazione quando si è sotto attacco, bensì a seminare il terreno di un possibile contropotere territoriale dal basso, che sappia sfidare i poteri forti sul modello di città e sappia ridare fiducia nel cambiamento a chi oggi è disperso nella solitudine competitiva e intrappolato nel rancore.
O la borsa o la vita”, intimavano i briganti di inizio ‘900, spuntando da dietro l’angolo di un viottolo di campagna, al passaggio della carrozza di un signorotto. Si trattava di poco più che una romantica redistribuzione della ricchezza. Ben diverso è l’adagio odierno, nel quale il dilemma è nominalmente lo stesso, ma la sostanza molto più devastante: “O la Borsa o la vita”, e una maiuscola segna la cifra di un’epoca, nella quale le città,  le relazioni sociali e l’intera esistenza delle persone diventano obiettivi di valorizzazione, da parte di un capitale finanziario che non ha confini, né limiti.
Domani in piazza si tratta semplicemente di scegliere la vita. Tutte e tutti assieme, la vita.
Foto di copertina di Yara Nardi

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