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Ai suoi lettori tedeschi, il giornalista Daniel Eckert non racconta
la verità. Il suo articolo appena pubblicato su “Die Wielt” non è che
l’ultimo esempio di come l’opinione pubblica europea venga regolarmente
disinformata, da cronisti che sono a loro volta disinformati oppure in
malafede. «Il governo italiano gioca con il fuoco», avverte Eckert: «I
politici della Lega di Matteo Salvini continuano a mettere sul tavolo
l’idea di una moneta parallela». E spiega: «I minibot, ora resi
possibili dal Parlamento, sono un primo passo in questa direzione».
Aggiunge: «Portano un nome che suona in qualche modo carino: i minibot.
Ma una volta diffusi, i loro effetti potrebbero non essere carini.
Perché i minibot sono uno strumento finanziario con il quale il governo
populista d’Italia potrebbe scardinare l’Eurozona». Secondo l’economista
keynesiano Nino Galloni,
è esattamente il contrario: qualsiasi forma di moneta parallela,
compresi gli eventuali minibot, serve all’Italia proprio per tentare di
restarci, nell’euro. Quella che Eckert evita di porsi è la domanda
fondamentale: perché. Ovvero: perché l’Italia propone i minibot? La
risposta, implicita, arriva alla fine dell’articolo (tradotto da “Voci dall’Estero”). E cioè: l’Italia non ha guadagnato nulla dall’Eurozona, anzi. Ma di nuovo: perché?
Qui però si ferma il giornalismo, quello di Eckert e di tanti
colleghi, anche italiani. Con un’aggravante: neppure stavolta “Die Welt”
spiega ai connazionali che la Germania se la gode, in Eurozona, solo grazie a privilegi esclusivi: non rispetta le condizioni-capestro che invece impone agli altri. E’ lo stesso Galloni a riassumere il senso della “vacanza europea” della Germania.
Primo: le piccole banche tedesche – solo loro – si permettono il lusso
di non rispettare i vincoli del Trattato di Basilea. E quindi continuano
di fatto a emettere credito (quindi moneta-debito) verso l’economia
reale. Secondo: il governo di Berlino non include nel bilancio la
colossale spesa previdenziale: il costo delle pensioni non pesa sul
debito nominale dello Stato. Terzo: nel calcolo del debito pubblico non
entra neppure l’ingentissima spesa pubblica dei Lander, le Regioni. Se
aggiungessimo queste voci – ha ricordato sul “Giornale” un imprenditore italiano come Fabio Zoffi, da anni attivo a Monaco di Baviera – il debito pubblico reale della Germania
risulterebbe il 280% del Pil, cioè più del doppio del tanto vituperato
debito italiano, per il quale il Belpaese viene sistematicamente messo
in croce dai signori di Bruxelles.
Se Daniel Eckert chiarisse tutto questo, probabilmente i lettori di
“Die Welt” capirebbero perché l’Italia – in affanno, per disperata
carenza di liquidità – tenta di giocare anche la carta dei minibot.
«Sbaglia, chi pensa che siano l’anticamera dell’uscita dall’euro»,
sostiene su “ByoBlu”
un parlamentare come Pino Cabras, in quota ai 5 Stelle: le forme di
moneta parallela servono proprio a rimanere aggrappati alla moneta
unica. Acrobazie italiane? Certo, perché l’Italia non gode dei privilegi
della Germania
e neppure di quelli della Francia, ricorda ancora Galloni, citando il
franco Cfa che Parigi impone a 14 ex colonie africane. «Quella è valuta a
pieno titolo, perché circola in più paesi, mentre i minibot non
avrebbero valore fuori dall’Italia». Mario Draghi teme che possano
aggravare il debito pubblico? Galloni lo smentisce anche su questo:
«Tecnicamente, sarebbero solo “titoli di pagamento”, a valere su debiti
già maturati e contabilizzati dalla pubblica amministrazione». Se poi lo
Stato li accettasse come pagamento delle tasse, potrebbero anche essere
scambiati come moneta: «Ma
sarebbero moneta parallela solo nazionale, senza corso legale fuori
dall’Italia, e in più accettabile – come mezzo di pagamento – solo su
base fiduciaria, cioè con la possibilità di non accettarla».
In altre parole, riassume Galloni: «I minibot sono perfettamente
legali, in quanto non violano nessuna delle condizioni richiamate da
Draghi: sarebbero illegali se corrispondessero all’emissione di euro o
se costituissero uno stock aggiuntivo di debito pubblico, e invece non
sono né una cosa né l’altra». La rabbia di Draghi, aggiunge Galloni,
deriva semmai dalla piena consapevolezza di non poter intervenire sul
vero problema, cioè la distribuzione della liquidità. Infatti, la Bce si
occupa solo dell’erogazione complessiva della massa monetaria: «Gli
euro emessi da Francoforte finiscono largamente alla finanza anziché all’economia
reale, settore di cui ormai fanno parte anche gli Stati, ridotti a
elemosinare credito alle banche». Con due eccezioni, appunto: la Germania (cui è permesso di non rispettare le regole Ue)
e la Francia, che a sua volta “respira” grazie al franco Cfa: «Si dirà
che il Cfa non viola il Trattato di Lisbona perché quello delle ex
colonie francesi è un circuito chiuso. Ma se è legale il franco Cfa –
chiosa Galloni – allora sono “legalissimi” i minibot italiani, concepiti
per tamponare la disperata “fame” di liquidità a cui la Bce non riesce a
rimediare. E questo, Draghi lo sa benissimo».
Non lo sanno, di sicuro, i lettori tedeschi “informati” da Eckert,
allarmatissimo all’idea che Roma vari minibot di piccolo taglio (100
euro) come pagamento di aziende che attendono di essere saldate dallo
Stato, e addirittura impiegabili anche per pagare le tasse (e quindi
scambiabili, da un contribuente all’altro, come pagamento alternativo
agli euro). «Da quel momento in poi, è solo un piccolo passo verso una
valuta parallela», scrive Eckert, che evidentemente ignora la differenza
fondamentale tra “valuta” (convertibile in oro, in euro o in divise
estere) e “moneta parallela” (non convertibile, né spendibile fuori dal
paese). Mai e poi mai, i minibot potrebbero essere “valuta parallela”.
Eppure, scrive sempre Eckert, è esattamente «quello che potrebbe mirare a
fare» quel mascalzone di Matteo Salvini, «leader della Lega di destra».
La prova? «Il portavoce economico della Lega, Claudio Borghi, è un
acceso sostenitore dei piccoli mostri fiscali». Fantastico: la Germania
bara su tutto, dopo aver raso al suolo la Grecia e sabotato l’Italia,
ma a produrre i “mostri” è il terribile Claudio Borghi, universalmente
noto per essere di gran lunga il più mite e prudente tra gli economisti al lavoro per tentare di tamponare la voragine-Italia creata da questa Europa
a trazione franco-tedesca, sfrontatamente autocelebratasi nell’inaudito
Trattato di Aquisgrana (che fa a pezzi l’idea stessa di Unione Europea).
«Come per gli altri paesi dell’unione monetaria, vale anche per
l’Italia: la moneta a corso legale è solamente l’euro», strilla Daniel
Eckert, sfoderando accenti criminologici contro gli incorreggibili
italiani. Ma sbaglia, anche qui: in base all’articolo 128 del Trattato
di Lisbona, l’euro è l’unica moneta a corso legale a livello di valuta
(valida anche per l’estero), mentre lo stesso trattato non esclude
affatto la creazione di monete parallele, anch’esse “a corso legale”,
sebbene solo entro il territorio nazionale. «Se i minibot si
diffondessero in tutta l’economia
italiana e venissero passati di società in società e di cittadino in
cittadino, lo Stato italiano potrebbe farsi il proprio denaro», aggiunge
l’ineffabile Eckert, senza domandarsi – di nuovo – perché mai gli
italiani dovrebbero ricorrere a questa mossa, che crea loro un sacco di
guai diplomatici. «Nel corso del tempo – aggiunge – i nuovi coupon
sarebbero negoziati sul mercato e quotati ad un prezzo (presumibilmente
inferiore) rispetto all’euro». Per “Die Welt”, «sarebbe
l’inizio della strisciante uscita dell’Italia dall’euro». Si possono
scrivere stupidaggini di questo tipo, nel 2019, su un grande giornale
europeo? Eccome. E succede in quasi tutti i giornali europei, grandi e
piccini.
Sempre in chiave criminologica, il “detective” Eckert consulta un
super-tecnocrate come Thomas Mayer, capo-economista del “Flossbach von
Storch Research Institute”. Con i minibot, sostiene Mayer, si può almeno
«minacciare di lasciare gradualmente l’euro, se si è costretti dall’Ue
a ridurre il deficit». Un altro “guru” interpellato da Eckert, il
banchiere Erik Nielsen (capo-economista di Unicredit a Londra),
chiarisce che i minibot «non sono l’inizio di una nuova valuta». Ma
Eckert non si dà per vinto: «La confusa politica
di comunicazione di Roma – scrive – ha contribuito a confondere l’idea
potenzialmente significativa di cartolarizzare il debito pubblico, con
la dottrina “voodoo” di una valuta parallela». Dopo il thriller, ecco
l’horror: i lettori di “Die Welt” apprendono da Eckert che l’abominevole
governo italiano pratica pure la stregoneria del voodoo. Aggiunge il
giornalista tedesco, come monito: in Grecia, Yanis Varoufakis aveva
seguito una strategia simile durante il suo breve mandato come ministro
delle finanze. «Alla fine, tuttavia, non è riuscito a prevalere contro
la Troika». E certo: Ue,
Bce e Fmi hanno disintegrato Atene, riducendo la Grecia a paese del
terzo mondo, coi bambini uccisi dall’assenza di medicine negli ospedali.
Gran bel risultato.
«La Commissione e altri paesi preferirebbero non minacciare una
uscita dell’Italia», dice Thomas Mayer, secondo cui «Salvini ha carte
migliori oggi, rispetto a Varoufakis nel 2015», riferendosi
all’importanza dell’economia italiana rispetto a quella ellenica. L’Italia, riconosce infine lo stesso Eckert, è la terza economia più grande nell’Eurozona dopo Germania
e Francia, ma «a differenza di altre economie», il Belpaese, pure
membro fondatore della Comunità Europea del 1957, «non ha apparentemente
beneficiato dell’appartenenza all’unione monetaria». Evviva.
«Soprattutto dopo la crisi
finanziaria – aggiunge Eckert – la debolezza degli europei del Sud è
divenuta sempre più evidente: l’indice della Borsa di Milano oggi è allo
stesso livello di dieci anni fa, e il Dax è più che raddoppiato nello
stesso periodo. Mentre altre importanti economie europee possono indebitarsi
a tassi d’interesse pari a zero o appena marginali – continua Eckert,
sempre senza mai chiedersi il perché – i partecipanti al mercato dei
capitali italiani richiedono il 2,6% per i titoli di Stato decennali». E
la Grecia ridotta alla fame, che il giornalista definisce «agitata»,
ora «paga solo leggermente di più, il 2,8%».
“Die Welt” ricorda che il debito italiano «è uno dei più alti del
mondo», pari a oltre il 130% del Pil. «Secondo le normative dell’Ue, è consentito un massimo del 60%». Bravo Eckert: evita di ricordare che il debito nominale della Germania è attorno all’80% (quindi oltre la soglia Ue).
Ma soprattutto: non sa, o finge di non sapere, che il debito pubblico
tedesco – quello vero – è oltre il triplo della cifra dichiarata. Su
queste basi omertose e omissive, reticenti e quindi disastrosamente
fuorvianti, il “professor” Eckert – senza curarsi di informare davvero i
lettori tedeschi – si permette di aggiungere che, visto il boom
elettorale delle europee, in cui «i populisti di destra hanno
raddoppiato la loro percentuale di voti», arrivando a superare il 34%,
ora «l’uomo politico della Lega potrebbe impostare le eventuali elezioni
anticipate come un voto sull’indipendenza del paese da Bruxelles».
Anche qui: per quale motivo, tutto questo dovrebbe accadere? Ma niente
da fare: alle domande, Eckert preferisce le risposte: «Da sola, la
minaccia di una valuta parallela potrebbe destabilizzare l’Eurozona».
Ah, questi italiani: pazzi criminali. «Con un debito totale di 2,3
trilioni di euro, Roma ha un enorme potenziale di minaccia». Brrr, che
paura…
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mercoledì 12 giugno 2019
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