domenica 2 giugno 2019

Classe dirigente. Magistratura malata, nazione infetta.

Ricapitolando. Il 18 dicembre 2018, la procura di Roma chiede il processo per l’ex ministro dello sport del governo Renzi Luca Lotti per il caso Consip. E così cominciano le trame di Lotti per scegliere il nuovo procuratore di Roma.
 
 
 

Luca Palamara ( ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati) ed altri capicorrente del Consiglio Superiore della Magistratura discutono in gran segreto con i parlamentari del Partito Democratico Luca Lotti e Cosimo Ferri (entrambi sottosegretari del governo Renzi) la successione a Giuseppe Pignatone. 

A quel punto Palamara viene indagato ed accusato dalla Procura di Perugia di aver ricevuto regali in cambio di favori e di aver tentato di danneggiare chi aveva avviato un’indagine sugli avvocati siciliani Amara e Calafiore. 
In breve, Palamara è sospettato di aver sviluppato rapporti inopportuni, accettando soldi e regali, con Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone, un lobbista arrestato nel febbraio 2018 per frode fiscale, considerato vicino al Partito Democratico. 
Sono indagati insieme a lui anche il Pubblico Ministero di Roma, Stefano Rocco Fava e il consigliere del Csm Luigi Spina, oggi dimissionario.

Intanto sia Pietro Amara – ex legale esterno dell’Eni –  che l’avvocato Giuseppe Calafiore sono stati, condannati dal tribunale di Roma rispettivamente a una pena a 3 anni e a 2 anni e nove mesi per corruzione e compravendita delle sentenze al Consiglio di Stato e per depistaggio delle vicende giudiziarie che riguardavano proprio l’ENI.
 Secondo quello che si sa delle accuse, Palamara avrebbe ottenuto regali, viaggi e vacanze a suo beneficio e a beneficio di familiari e conoscenti che sembrerebbero essere state pagate, almeno in parte, da Centofanti: a Taormina, a Madonna di Campiglio e a Dubai. Palamara, da componente del CSM avrebbe anche incassato “la somma pari ad euro 40mila per compiere un atto contrario ai doveri di ufficio”.
Denaro che sarebbe stato offerto a Palamara attraverso Centofanti da Giuseppe Calafiore e Piero Amara – cioè i due avvocati al centro dell’inchiesta sulle sentenza comprate al Consiglio di Stato – “in concorso tra loro e con Giancarlo Longo“.  Longo è un Pubblico Ministero arrestato nel febbraio del 2018 insieme ad Amara. 
Secondo la Procura di Perugia che lo accusa di corruzione il sostituto procuratore di Roma avrebbe ricevuto denaro per “agevolare e favorire il medesimo Longo nell’ambito della procedura di nomina del Procuratore di Gela alla quale aveva preso parte Longo, ciò in violazione dei criteri di nomina e selezione”. Tuttavia, Longo non sarà mai nominato procuratore di Gela.
Inoltre, sempre attraverso il Centofanti, Amara e Calafiore avrebbero chiesto a Palamara di “sfregiare professionalmente” Marco Bisogni, Pubblico Ministero di Siracusa, che indaga proprio su Amara e che è titolare di procedimenti che lo vedono implicato in storie di corruzione per favorire l’ENI alle prese con inchieste, poi archiviate, per i veleni che stanno facendo ammalare di cancro, da decenni, la popolazione che risiede nei pressi del polo petrolchimico di Priolo.
Insomma, una brutta vicenda in cui il Consiglio Superiore della Magistratura, anziché svolgere quel ruolo di alto valore costituzionale di governo autonomo della magistratura ordinaria, ci appare, ancora una volta,  come un campo di battaglia attraversato da lotte di potere, traffici di influenze ed episodi di corruzione.
Insomma, il verminaio della magistratura non pare proprio essere da meno di quello che caratterizza ampi settori della politica italiana. Anzi, capita troppo spesso che le due sfere si confondano e si sovrappongano in barba alla tanto decantata separazione dei poteri come in questo caso che vede come protagonisti capicorrente del CSM, politici e faccendieri al soldo di grandi interessi.

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