La
sentenza dice che è vietata la vendita di oli, resina, inflorescenze
e foglie di marijuana sativa perché la norma sulla coltivazione non
li prevede tra i derivati commercializzabili, a meno che questi
prodotti siano in concreto “privi di efficacia drogante”. È
questo il passaggio che, in attesa delle motivazioni, lascia il punto
interrogativo sulla futura vendita.
F.Q. Martina Milone
Vendere
i derivati della cannabis con “effetto drogante” è reato. A
dirlo è la sentenza emessa
giovedì dalle sezioni unite penali della Cassazione. Una
decisione che è andata a definire l’ambito di applicazione della
legge 242 del 2016, quella cioè inerente alla “promozione della
coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”, ma che
ha lasciato molti commercianti con diversi punti interrogativi.
Secondo il provvedimento del 2016, sono consentite la produzione e la
commercializzazione della “cannabis light”, ma solo per
determinati scopi. Una norma che non tocca tutte le casistiche e che
negli ultimi due anni e mezzo ha fatto proliferare sia i cannabis
shop che le tabaccherie autorizzate alla rivendita di bustine di
erba, tecnicamente senza effetti psicotropi.
Molti esercizi, già dal
primo giorno dopo la sentenza, nella più totale confusione e senza
aspettare le motivazioni della Cassazione che specificheranno cosa è
lecito e cosa no, hanno deciso di chiudere i battenti o di cessare la
vendita della cannabis light. Il giro d’affari è di 150
milioni di euro solo nel 2018, secondo Coldiretti.
Ma
ora cosa succede? Sarà ancora possibile tenere nel proprio tabacchi
la cannabis depotenziata, o bisognerà smettere di venderla? Era
questo l’obiettivo di Salvini?
Legge del 2016: cosa prevede
È
proprio il vuoto normativo interno alla legge 242 del 2016 che
i giudici della Corte di Cassazione sono andati a riempire. In
particolare, secondo il provvedimento varato durante la precedente
legislatura, sono lecite le coltivazioni della cosiddetta “cannabis
light”, quella cioè depotenziata e quindi con un valore
di Thc (tetraidrocannabinolo) inferiore allo 0,2% (ma con
risvolti penali solo dallo 0,6%), ma solo se delle varietà previste
dalla normativa europea.
Regolati
anche gli usi. In particolare è consentito il consumo in ambito
alimentare, cosmetico, tessile e nel settore della
bioedilizia. Vietati, ma solo per esclusione, quindi, gli
scopi ricreativi, quelli cioè che la sentenza della Suprema
Corte va a toccare. Secondo la normativa del 2016, inoltre, la
vendita è libera – da qui la nascita di diversi cannabis shop
e rivenditori autorizzati – e soggetta solo alle limitazioni
relative al consumo. La 242 regola solo l’utilizzo della cannabis
depotenziata. Fuori discussione, quindi, l’uso di erba
terapeutica, che ha valori di Thc compresi tra il 7 e il 22% ed è
vendibile in Italia solo dietro prescrizione medica e solo in
farmacie ospedaliere o territoriali autorizzate.
Cosa dice la sentenza della Cassazione
Analizzati
i prodotti consentiti dalla legge del 2016, la sentenza della
Cassazione tenta di trovare un punto d’incontro tra due diverse
sentenze, una emessa dalla Quarta sezione penale, una dalla Sesta, le
quali davano pareri essenzialmente opposti sul commercio della
cannabis. In sostanza, già da oggi, è vietata la vendita di oli,
resina, inflorescenze e foglie di marijuana sativa, perché la norma
sulla coltivazione non li prevede tra i derivati commercializzabili.
Chi li vende quindi lo fa illegalmente, a meno che questi prodotti
siano in concreto “privi di efficacia drogante”. È proprio
questo il punto più controverso della decisione e quello al quale si
potranno appellare i negozi per evitare la chiusura, visto che le
sostanze in commercio sono, già prive di effetto stupefacente
proprio perché a bassissimo contenuto di Thc, come previsto dalla
legge.
Prodotti e negozi a rischio?
Dopo
la sentenza del 30 maggio, molte tabaccherie e altrettanti negozi
sono già corsi ai ripari. Anche i siti internet che
smerciavano prodotti derivanti dalla canapa risultano oggi
momentaneamente non raggiungibili. Eppure per capire
definitivamente quali prodotti sono a rischio e quali no bisognerà
attendere le motivazioni che hanno portato la Cassazione a
pronunciare la sentenza. Solo con tutte le carte in mano sarà
possibile valutare più precisamente quali siano i prodotti leciti e
quali no. Ad oggi, quel che è certo è che molti dei materiali di
scarto normalmente venduti dalle aziende produttrici di canapa, come
oli, fiori e resina, sono diventati illegali.
Ed
è proprio sulla base di questo che già da oggi le forze dell’ordine
potrebbero far chiudere i negozi o denunciare i rivenditori sospetti.
Ancora lecita, invece, la vendita di altri derivati come biscotti,
cracker, creme, saponi e shampoo,
normalmente commercializzati in tutti i cannabis shop. Il vero
rischio è quello legato alla vendita di infiorescenze che, se
considerate con “effetto drogante”, diventerebbero subito
illegali. Il vero rischio, hanno denunciato diverse categorie, è
quello che stanno correndo migliaia di lavoratori, oggi impegnati
nella produzione di cannabis light. Secondo il questore di Macerata,
Antonio Pignataro, che per primo ha dato il via alla chiusura
dei cannabis shop, tutti i negozi sono destinati a chiudere perché
alimenti e cosmetici non sono sufficienti a sostenere il business.
Gli effetti dell'erba light
Come
già detto, la cannabis depotenziata ha al suo interno bassissime
percentuali di Thc, la sostanza che produce l’effetto psicotropo,
con effetti come sensazione di euforia, aumento dell’appetito,
prostrazione, rilassamento, percezioni uditive alterate e
disorientamento nello spazio e nel tempo, che possono durare anche
ore. Azzerato, o quasi, questo principio, resta invece uno degli
altri elementi principali della marijuana, il Cbd (cannabidiolo) che
non ha effetti stupefacenti, ma serve ad evitare gli effetti
collaterali e prolunga gli effetti analgesici del Thc. Le percentuali
di Cbd contenute nella cannabis light possono variare, ma in generale
non devono superare il 4%. Gli effetti si discostano molto da quelli
del classico spinello, e più che altro sono benefici per
l’organismo. Secondo gli esperti, infatti, la cannabis light ha
effetti miorilassanti, antiepilettici, antinfiammatori e
antiossidanti. Resta, in parte, la sensazione di tranquillità dovuta
alle percentuali residue di Thc.
Il mercato: trend sempre in crescita
Dalla
“liberalizzazione” del 2016, la vendita di cannabis light in
Italia ha subito una grandissima espansione. Un boom che,
secondo la Coldiretti, solo nel 2017 valeva 40 milioni
e nel 2018 è arrivato a valere 150 milioni di euro. Il
business riguarda anche il mercato del lavoro: sono migliaia i
commessi, gli agricoltori e i rivenditori sparsi su tutta la
penisola. Sempre secondo Coldiretti, nel giro di cinque anni sono
aumentati di dieci volte i terreni coltivati a canapa:
dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4.000 del 2018. La legge del 2016,
inoltre, ha parzialmente diminuito la diffusione di erba illegale,
scesa del 12% rispetto a due anni e mezzo fa.
Salvini
diceva chiudeteli tutti
Non
è la prima volta, nelle ultime settimane, che si parla di cannabis
light. Già da inizio maggio, durante il tour elettorale, il
vicepremier Matteo Salvini ha iniziato a diffondere
l’idea di voler chiudere tutti i canapa shop. Durante il suo
giro nelle Marche sono stati chiusi i primi due negozi in
provincia di Macerata. Un intento che il Viminale ha un
po’ smorzato, emanando una direttiva a riguardo che, però,
non prevede la chiusura di negozi. La proposta, comunque, va in una
direzione totalmente opposta rispetto a quella degli alleati di
governo che a inizio anno hanno presentato in Senato un
ddl per la liberalizzazione della cannabis a firma del
senatore Matteo Mantero. Nel documento del ministero
dell’Interno, comunque, si legge che tutti gli esercizi dovranno
essere controllati, che una “cura particolare dovrà riguardare la
verifica del possesso delle certificazioni su igiene, agibilità,
impiantistica, urbanistica e sicurezza, richieste dalla legge per
poter operare” e che non si potranno avere negozi vicino a “luoghi
sensibili”, come scuole, ospedali, centri sportivi, parchi giochi.
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