Puntuale come sempre, all’indomani delle elezioni, la Commissione Ue
ha inviato la lettera al governo italiano, dove segnala come il rapporto
debito/Pil, invece di diminuire, sia ulteriormente aumentato, passando
nello scorso anno dal 131,4% al 132,2%.
Il Manifesto di Marco Bersani
La Commissione chiede
chiarimenti sulle motivazioni e, in caso queste ultime non siano
giudicate sufficienti, prefigura l’avvio della procedura ex articolo
126.3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che disciplina
la violazione del criterio del deficit e del debito, e che potrebbe
successivamente portare all’apertura di una procedura d’infrazione.
Mentre il partner di governo Di Maio, intento a leccarsi le ferite, è
stato colpito da afasia, Salvini, galvanizzato dal voto, ha subito
rilanciato, dichiarando l’intenzione di sforare il 3% del deficit. E
dalle ‘opposizioni’ si è levato il coro d’indignazione
sull’irresponsabilità del governo.
Il quadro d’insieme è una rappresentazione plastica della trappola del debito pubblico e dell’inanità degli attori in campo.
Che uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea, terza economia
continentale, che ha sempre pagato gli interessi sul debito (oltre 3500
mld dal 1980 ad oggi!)) e che, per farlo, chiude da quasi trenta anni il
bilancio in avanzo primario, venga considerato a rischio
dall’oligarchia finanziaria, dimostra solo la rigidità irriformabile
dell’intelaiatura dell’Unione Europea.
Che a tutto questo ci si possa opporre semplicemente con
dichiarazioni massmediatiche da bullo (in mancanza di modifiche
sostanziali al suddetto telaio, lo sforamento del 3% vorrebbe dire farsi
prestare dai mercati 17,5mld per poi restituirgliene 41!), la dice
lunga sulla statura politica e sullo sguardo corto di chi governa.
In realtà, il conflitto fra oligarchia dell’Ue e sovranisti nostrani è
una singolar tenzone degna di un palcoscenico da teatro. Non solo
perché entrambi gli schieramenti sono liberisti, bensì perché sono
complementari, inesorabilmente legati dalla trappola del debito che li
alimenta reciprocamente.
Il modello capitalistico ha la stretta necessità di mettere a
valorizzazione finanziaria l’intera società, la natura e la vita stessa
delle persone; per farlo, ha bisogno della trappola del debito, che
consente la mercificazione di tutto quanto sinora era fuori mercato,
perché terreno dei diritti sociali.
In questo contesto di progressiva espropriazione della democrazia,
servono popolazioni rassegnate e disciplinate: quale miglior alleato, in
questa fase di transizione, del sovranismo autoritario?
Analogamente, la trappola del debito è funzionale ai disegni
autoritari del sovranismo: quale miglior assist per poter far conseguire
al mantra oligarchico “C’è il debito, non ci sono i soldi!” l’orgoglio
sovranista del “Se i soldi non ci sono, prima gli italiani!”, che
consente di riempire le urne di solitudine e rancore?
Non si esce dalla trappola del debito con un tweet, ma con una
mobilitazione popolare consapevole che ponga come obiettivi prioritari:
a) la dichiarazione di insostenibilità delle politiche di austerità e di
grave pregiudizio ai diritti fondamentali delle persone; b) l’avvio di
un’audit sul debito pubblico per definirne le caratteristiche di
illegittimità; c) la moratoria sul pagamento degli interessi per poter
utilizzare le risorse in direzione del ripristino dei diritti violati;
d) la richiesta pressante di una conferenza europea sul debito pubblico,
per mettere in discussione il Trattato di Maastricht e l’architettura
liberista dell’Unione Europea.
Impossibile? Forse. Sicuramente meno che continuare a navigare sul
Titanic, sperando che gli iceberg miracolosamente si spostino.
Pubblicato su Il Manifesto
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