Sono dieci gli indagati dalla Procura di Lecce nel decreto di sequestro preventivo d’urgenza, emanato dai Pubblici Ministeri Valeria Mignone e Roberta Licci in merito alla questione Xylella fastidiosa in Salento.
Dieci nomi molto noti a chi ha condotto in questi anni la lotta contro l’eradicazione degli ulivi imposta dalle decisioni inutili e dannose della Regione Puglia, del Ministero delle Politiche Agricole e in ultimo della Commissione Europea.
Tra i nomi più eclatanti, naturalmente ricordando che tutti gli indagati sono innocenti fino a prova contraria, il Commissario straordinario Silletti, nominato dal governo per occuparsi, appunto, della messa in atto del piano anti-Xylella.
Dall’attività d’indagine svolta, secondo la Procura, emergono gravi indizi che portano a ipotesi penalmente rilevanti in merito alle inerzie, negligenze e imperizie da parte delle istituzioni preposte alla gestione del fenomeno.
I reati ipotizzati a vario titolo sono quelli di diffusione della malattia delle piante; violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale; falso materiale commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici; falso ideologico; getto pericoloso di cose; distruzione o deturpamento di bellezze naturali. Reati che sarebbero stati commessi nella provincia di Lecce e nelle zone limitrofe, dal 2010 a oggi.
Una serie di nomi importanti, quindi. Oltre al Commissario Silletti, indagato Antonio Guario, già dirigente dell'Osservatorio fitosanitario regionale di Bari; Giuseppe D'Onghia, dirigente del servizio Agricoltura della Regione; Silvio Schito, attuale dirigente dell'Osservatorio fitosanitario; Giuseppe Blasi, capo dipartimento delle Politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale del Servizio fitosanitario centrale; Vito Nicola Savino, docente dell'Università di Bari e Direttore del centro di ricerca ‘Basile Caramia’ di Locorotondo (Bari); Franco Nigro, docente di Patologia vegetale all'Università di Bari; Donato Boscia, responsabile della sede operativa di Bari dell'Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr; Maria Saponari, ricercatrice dello stesso istituto, i cui studi tanto vantava l’eurodeputato José Bové nell’aspro incontro tenuto con Peacelink a Bruxelles; Franco Valentini, ricercatore dell'Istituto agronomico mediterraneo di Valenzano (Bari).
Il sequestro riguarda tutte le piante di ulivo interessate dalle operazioni di rimozione in esecuzione del piano Silletti, tutte le piante interessate da rimozione volontaria e tutte le piante già destinatarie di provvedimenti d’ingiunzione emessi dall'Osservatorio fitosanitario.
Silvio Schito, uno dei dieci indagati, è il mittente di una lettera a Peacelink, Associazione che conduce la lotta sulla Xylella a Bruxelles, con la quale si chiedeva conto dell’attività della stessa Associazione presso le Istituzioni Europee. Nella lettera, infatti, l’Osservatorio fitosanitario da lui rappresentato ingiungeva a Peacelink di “produrre, entro 10 giorni, un rapporto dettagliato sulle attività”, in ottemperanza al Decreto ministeriale del 26 settembre 2014.
Una sorta di ingiunzione che non teneva conto del fatto che, in virtù del Trattato di Lisbona, le associazioni e le ong possono adire direttamente le Istituzioni Europee (Peacelink è registrata presso la Commissione-Registro di Trasparenza) e che le sperimentazioni, le cure e i protocolli in atto sugli ulivi affetti da disseccamento, erano già perfettamente conosciuti dalla Regione Puglia.
Nel suo decreto, la Procura di Lecce sostiene che non vi è prova dell'efficacia delle eradicazioni degli ulivi, che l'essiccamento sarebbe anzi aumentato insieme al pericolo per la salute pubblica, a causa dell’uso massiccio di pesticidi, alcuni dei quali vietati e autorizzati in via straordinaria al fine dell’attuazione del Piano Silletti. Prodotti utilizzati in un contesto di grave compromissione ambientale e senza alcun previo studio non solo sull'impatto ambientale ma neanche sulla loro reale efficacia sul batterio.
Una battaglia sacrosanta, quella condotta sulle pagine di MicroMega, sia dal punto di vista scientifico che giuridico, lotta che ha portato alla ribalta nazionale e internazionale un tema che era in buona parte rimasto confinato in Puglia.
L’azione della Procura sembra che sia partita in seguito ai risultati emersi da un test scientifico, condotto su iniziativa della stessa autorità giudiziaria. Questi risultati hanno evidenziato che i sintomi del disseccamento erano uguali sia nelle aree infette da Xylella che in aree non infette e quindi i sintomi del disseccamento non sarebbero univocamente collegabili con il batterio in questione.
Secondo il Procuratore Motta, infatti, così come sostenevano d’altronde Spazi Popolari e Peacelink, l’Unione Europea è stata tratta in errore da quanto rappresentato dalle Istituzioni Regionali con dati impropri su tutta la vicenda. Una vera e propria errata rappresentazione del fenomeno, visto che, secondo la ricostruzione fatta dalla magistratura, la Xylella è presente nel Salento da almeno 15 o 20 anni e che quindi la quarantena non era giustificata, così come non lo erano la proclamazione dello stato di emergenza e il conseguente taglio degli ulivi secolari.
“Ben altre sarebbero state le misure da attendersi anche a livello europeo a tutela dello Stato italiano e della Regione Puglia”, scrivono gli inquirenti, visto che i diversi tentativi fatti in tutto il mondo, in materia Xylella, hanno dimostrato l’inutilità dell’estirpazione e la necessità di un maggiore rigore scientifico nella ricerca dei rimedi.
Un batterio che convive con l’ambiente e con le piante, avevano già sottolineato alcuni dei centri di ricerca che avevano preso parte alla discussione scientifica. Un batterio endofita, che andava trattato in modo totalmente differente, soprattutto in un territorio che fonda economia, storia, costume e radici sull’immagine dei propri ulivi.
La Procura, inoltre, chiarisce, come avevano già segnalato diverse associazioni, che i test di fitofarmaci per combattere la Xylella e diserbare i terreni sarebbero i principali indiziati del disseccamento delle piante. Altamente probabile è dunque l’ipotesi che i prodotti impiegati, unitamente a fattori antropici e ambientali, possano aver causato un importante abbassamento delle difese immunitarie delle piante, favorendo la virulenza dell’azione di funghi e batteri, tra i quali la Xylella.
A tutto ciò si aggiungono i test del Roundup Platinum di Monsanto. La Procura, infatti, è riportato nel decreto, avrebbe messo in evidenza singolari collegamenti tra le società Monsanto, la sua acquisita Allelyx (anagramma di Xylella), la brasiliana Canavialis. La Basf, a sua volta, avrebbe investito 13,5 milioni di dollari in Allelyx.
Ma come sarebbe arrivata la Xylella in Puglia?
Anche tramite lo IAM, l’Istituto agronomico mediterraneo di Bari, continua la Procura, il quale nell’ottobre 2010 avrebbe introdotto in Italia campioni del batterio a fini di studio, in violazione della normativa di settore.
Secondo la Procura l’inchiesta non è ancora conclusa e sono tre i filoni su cui si continuerà a indagare. Il primo riguarda la destinazione dei finanziamenti piovuti sulla Puglia dopo la proclamazione dello stato di emergenza da parte del governo. Il secondo riguarda gli aspetti relativi allo stravolgimento della tradizione agroalimentare e della identità territoriale del Salento. Il terzo filone d’indagine riguarda la ricerca. Perché sembrerebbe che il Comitato ministeriale tecnico-scientifico, istituito dal Ministero delle Politiche agricole e composto da 16 esperti, abbia compiuto sulla questione una attività di pura facciata, commettendo gravi errori di valutazione e di negligenza, che potrebbero portare all’individuazione di eventuali nuove responsabilità interne al Ministero delle Politiche agricole stesso.
(21 dicembre 2015)
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