lunedì 22 giugno 2015

Sulle tracce di Vittorio Mantelli. L'inchiesta sul lavoro continua.

Sulle tracce di Vittorio Mantelli. L'inchiesta sul lavoro continuaLa vita di un uomo che ha creduto nella centralità dei lavoratori e delle lavoratrici nei posti di lavoro. L’inchiesta come “cassetta degli attrezzi “ per analizzare il vissuto quotidiano e per combattere la precarietà del lavoro. L’Inchiesta come strumento di democrazia. Alla Bibliogramsci un evento per ricordare Vittorio e per far ripartire l’inchiesta sul territorio, dalle scuole ai centri commerciali.

lacittafutura.it di Alba Vastano
Un uomo, un compagno che se n’è andato troppo presto, Vittorio Mantelli. E come tutti i grandi uomini animati dalla passione per l’impegno politico e sociale ha lasciato un segno indelebile nei luoghi in cui ha vissuto e operato. Ha lasciato un vuoto difficile da colmare, ma anche testimonianze e consegne importanti, dalle quali non ci si può sottrarre affermando che “tanto la storia attuale del partito lascia pochi sbocchi all’operatività, all’aggregazione e all’unità. Che tanto alcuni sono di là e altri al di qua della barricata”. Vittorio sarebbe andato avanti con passione nella sua indagine sul lavoro precario, con lo stesso impegno e dedizione che ha contraddistinto tutta la sua vita da comunista, nel partito di Rifondazione. Chi si è adoperato con lui, fianco a fianco, nell’inchiesta dei posti di lavoro, ma anche chi lo ha conosciuto stringendo un’amicizia che facilmente si è tramutata in affetto fraterno, sa quanto era vero Vittorio, quanto era “pulito” e quanto avrebbe potuto dare ancora al partito, alla vita, agli affetti. E non è la commemorazione al defunto, ma il risultato delle testimonianze di chi gli è stato accanto.

Cosa significava per Vittorio fare inchiesta, per chi non lo ha frequentato non è semplice raccontarlo. Per comprenderlo sarebbe necessario fare un bel salto a ritroso e tornare sulle tracce del suo lavoro e di quello dei compagni che con lui hanno collaborato a rendere operativo il progetto, abbracciandone le difficoltà e le opposizioni, strada facendo. Bene stanno lavorando oggi i compagni che intendono proseguire nel lavoro da lui iniziato oltre un decennio fa. Un lavoro che trova memoria indelebile nel “Manuale per fare inchiesta” a cura, oltre che di Vittorio, anche di Sergio Bellucci. Un manuale di cui fa parte anche Vittorio Rieser. Un manuale ben descritto nel programma e negli intenti edito nel 2007 da “Socialmente”. L’introduzione di cui è autore proprio Vittorio “Camminare domandando: una nuova stagione per l’inchiesta politica” regala un’analisi approfondita dell’indagine.
“L’inchiesta- scrive Vittorio - è la pratica che consente di ricostruire una percezione del sé per farlo diventare un noi, ossia un soggetto collettivo nel tempo della precarietà permanente e dell’individualizzazione dei rapporti di lavoro”. Inchiesta come strumento di democrazia quindi, ma anche come progetto collettivo. E prosegue a tal proposito: “Pratiche e significati dell’inchiesta pongono le basi materiali per un progetto di ricomposizione di soggettività plurali e frammentate”. Non dimenticando di mettere l’accento sulle lotte per i diritti: “Le nuove forme di lavoro non hanno rappresentanza: le organizzazioni sindacali non lo raggiungono e la politica non sa offrire risposte. Questi sono i motivi per i quali il Dipartimento Inchiesta ha cominciato da tempo a indagare la precarietà in tutte le sue forme. Dai call center al pubblico impiego e nella grande distribuzione. Proseguiremo con l’Università e la ricerca, l’editoria, la comunicazione radio-televisiva, la siderurgia”. Concludendo con le strategie per raggiungere gli obiettivi :“Occorre costruire piattaforme locali, partendo d inchieste territoriali che connettano spazio-tempo di lavoro, tempo di vita e bisogni occultati”. Per capire costa sta accadendo in Italia nei luoghi di lavoro Vittorio propone una pillola di saggezza: adottare il precetto zapatista: “Camminare domandando”.
Comprensibile come tutto questo non si possa e non si debba assolutamente disperdere o accantonare. Un disegno sociale e politico troppo importante per non proseguire a lavorarci su. E dall’evento di via Dancalia in memoria di Vittorio ne nasce un’idea, ha origine la volontà di proseguire lo studio e il lavoro di tanti anni di questo sfortunato compagno. Si decide di partire dai territori più popolari, dove la precarietà del lavoro è fortemente vissuta. In particolare, da quello più vicino a lui, nel quartiere Tufello Valmelaina, nel terzo municipio della Capitale. L’iniziativa di ricordarlo con un evento pubblico nasce dai compagni Fabio Sebastiani e Cinzia Bronzatti, in concerto con i compagni del circolo. Il 17 giugno si realizza quindi nel circolo Prc “Pagnozzi” l’occasione per parlare ancora di lui, di ciò che è stato, per la sua famiglia, per gli amici, per i compagni di partito e di vita. Soprattutto si parla di lui quale promotore e responsabile nazionale dell’inchiesta nei posti di lavoro. Le testimonianze che si sono susseguite non hanno lasciato dubbi sulla valenza dei suoi studi, delle sue indagini sulla precarietà del lavoro. Si decide di ripartire insieme sul territorio iniziando dalle scuole, coinvolgendo docenti e studenti, sensibilizzandoli sul tema. S’intende ripartire soprattutto dai megastore, come “Porte di Roma”, ove le centinaia di dipendenti non usufruiscono pienamente dei diritti sindacali, dovendo lavorare anche nei giorni festivi e deprivati della retribuzione prevista dal contratto nazionale dei lavoratori. Sotto ricatto di licenziamento, avallato ormai dal Jobs act. Un municipio di circa 300 mila residenti, una città nella città, con problematiche gravi rispetto al lavoro. Situazione che esprime pienamente quanto sta accadendo in tutta la Nazione.
Le testimonianze dei compagni presenti all’evento
“Al centro commerciale di Porta di Roma ci sono 5000 lavoratori sfruttati in maniera pesante e sono in essere molte vertenze sindacali. Abbiamo pensato di connetterci con le Rsu delle varie aziende e avviare con loro un percorso di interventi all’interno del megastore. Lo strumento di cui ci serviremo è sicuramente l’inchiesta, strumento che offre visibilità e protagonismo al lavoratore sfruttato. Vittorio, in questo nostro progetto, è maestro e guida”. Roberto Villani, segretario del circolo Prc terzo municipio
“Abbiamo deciso di attingere a piene mani a quello che Vittorio aveva già tracciato con questo manuale. Un giorno venne da me molto entusiasta di questa impresa e mi chiese di contribuire a questo testo d’inchiesta. Tutto questo lavoro nasce dall’inchiesta operaia vera e propria. Vittorio era riuscito a portare nel gruppo di lavoro Vittorio Rieser, personaggio fondamentale dentro l’esperienza operaia della Fiat Mirafiori. Qual è stata l’intuizione di Mantelli che ci ritroviamo oggi “para para” e che ci invita a fermarci a riflettere per aprire una nuova strada? L’inchiesta, anzi l’auto -inchiesta, diventava il nuovo strumento di relazione con i lavoratori e l’inizio di una nuova forma di auto -organizzazione. Oggi con la crisi della politica e dei sindacati non si riesce a trovare il punto di ripartenza per la conflittualità. Nel manuale vi sono strumenti e punti di riferimento affinché si possa tornare dai lavoratori. Vittorio era uno che aveva capito che nella relazione con i lavoratori non si poteva mettere sempre avanti il partito, lui metteva avanti la relazione fra proletari che è qualcosa di diverso, ma ugualmente importante”. Fabio Sebastiani – gruppo inchiesta – direttore di Controlacrisi.org
“La maniera migliore per ricordare un compagno come Vittorio, in maniera non pletorica, non accademica, è continuare a pensarlo come compagno di strada che ci manca, a cui che pensiamo con affetto. La sua caratteristica era l’ostinazione di andare al di là della superficie dei problemi e della formazione sociale. Vittorio è stato anche profondamente garantista. Era un compagno con il quale si poteva discutere profondamente del problema della situazione carceraria. Altro punto fondamentale che ci ha profondamente unito è la cultura dell’inchiesta. Quel tipo d’inchiesta che voleva dirci che se noi non analizziamo in modo non astratto, non accademico, il lavoratore o la lavoratrice dentro il sistema produttivo, con le sue propensioni, con le sue coordinate, non capiamo da dove riparte il conflitto e quindi non sappiamo cosa significa il comunismo contemporaneo”. Giovanni Russo Spena - dirigente nazionale Prc.
“Ho partecipato per diversi anni con Vittorio al gruppo nazionale per l’inchiesta, di cui è stato chiamato ad essere il massimo responsabile. In qualche modo ho assistito al suo battesimo dell’inchiesta. Erano gli anni ’90 e noi eravamo “belli” e pieni di entusiasmo. L’inchiesta è stata in quegli anni una delle due gambe su cui marciammo da subito, l’altra era un esperimento molto proficuo che fu “la camera del lavoro e non lavoro”. Vittorio era un compagno che, più di tutti, conosceva perfettamente la realtà in cui lavorava. Era un compagno che voleva sapere, ma voleva sapere per fare. E quindi l’idea di ricostruire il “sapere operaio” e contemporaneamente fare di questo sapere uno strumento di iniziativa politica e quindi di costruzione di conflitto era, nella persona di Vittorio, la sintesi migliore in tutti questi anni che ho fatto dentro il partito, dentro “la camera del lavoro e non lavoro” in quegli anni a cavallo del 2000. Questa era la sua grandissima irripetibile qualità» Riccardo Faranda - giuslavorista, forum diritti del lavoro.
“Non avevo confidenza con Vittorio, ma ci siamo comunque conosciuti nei fronti di lotta e nella ‘camera del lavoro e non lavoro’. Per la mia attività sono anch’io partito dall’inchiesta per capire qual era l’attività sindacale da fare. Ho capito che fare inchiesta significa fare conflitto…quando non capiamo da dove far ripartire la conflittualità e determinate dinamiche anche di riproduzione e di consapevolezza politica è perché abbiamo necessità di un’elaborazione complessiva che purtroppo, o per fortuna, solo un’organizzazione politica può avere il tempo, la forza e la voglia di poterla organizzare” Riccardo de Angelis - Rsu Telecom.
“Vittorio, come molti della nostra generazione sapeva fare tutto. Ci conoscevamo da ragazzini. Quando parlo di lui è come se parlassi di un padre politico e non lo dico perché lo devo ricordare, ma davvero lui riusciva a parlare con me come pochi compagni hanno fatto. Vittorio me sapeva pija bene. La nostra era quella generazione che sceglie per la rivoluzione, invece di farsi i cazzi propri. Vittorio ha formato un sacco di compagni, aveva un’umanità grandissima e a me ha dato il posto di lavoro, facendomi entrare nella piscina popolare, come istruttore, tramite un bando. Oggi che non c’è più posso dire che io quando cammino penso che ho cominciato a camminare da solo, ma ho corso solo con lui” Nunzio D’Erme – csa “Corto Circuito”.
”A me Vittorio manca tanto e il tempo che passa fa aumentare la sua mancanza. Sono contenta, però, soprattutto di una cosa, che passi l’idea da Vittorio Mantelli a Vittorio Rieser. Pur nella differenza quasi antropologica, Vittorio Mantelli aveva molte cose in comune con l’altro Vittorio. Nella sua semplicità è stata una persona straordinaria che ha dato veramente tanto al movimento operaio, quanto Vittorio Rieser. E sono molto contenta che si associ il nome di Vittorio all’inchiesta e alle mille altre cose che lui ha fatto, attraversando una storia mille volte diversa. Lui non è riuscito a sfondare il muro della burocrazia e a rendere veramente l’inchiesta il punto di partenza e di ritorno delle decisioni politiche. Spero che si possa riuscire a farlo”. Eliana Como - gruppo inchiesta, sindacalista Fiom.
“Ho conosciuto Vittorio alla fine degli anni 80. Soprattutto negli ultimi mesi della sua vita, alla sera ci siamo ritrovati a parlare della nostra vita, dei nostri figli. Lui veniva da una formazione politica comunista, era legato fondamentalmente alle lotte popolari e poi si era immerso nelle lotte con il mondo del lavoro. Vittorio aveva una grande capacità che è quella di vivere con tutti in mezzo alle contraddizioni sociali e, secondo me, questa capacità se l’è portata dietro anche quando, nella disgrazia del suo licenziamento, è entrato a lavorare nel partito. Lui riusciva a mettere insieme la sua vita privata con la sua vita sociale e con la politica. Era incredibile anche il fatto che Vittorio Rieser guardava Vittorio e si rendeva conto che se pur non veniva da una formazione operaista come era stata quella di Torino avesse la grande capacità di leggere i drammi sociali”. Maurizio Fabbri – segretario regionale Prc.
La proiezione di un video, a cura di Cinzia Bronzatti del gruppo inchiesta , sugli affetti e gli impegni sociali di Vittorio, ha provocato commozione e qualche lacrima fra i compagni presenti all’evento. Un naturale rimpianto nel ricordare un uomo indimenticabile per le sue capacità di aggregazione, al di là delle appartenenze. Per il rispetto che aveva per tutti i lavoratori e per la convinzione nel pensare che qualsiasi iniziativa, qualsiasi decisione dovesse partire dai loro bisogni e a loro dovesse tornare. Per questo si camminerà ancora e ancora, facendo inchiesta nei posti di lavoro, per promuovere la centralità e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici di qualsivoglia categoria. “Camminare…domandando” e che “Cento inchieste fioriscano”, appunto.
Fonti: Manuale per fare inchiesta – per un nuovo abbecedario della politica a cura di V. Mantelli e S. Bellucci

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