“Le affermazioni secondo cui i militanti di Daesh (Isis) sono arrivati a Kobane dalla Turchia sono infondate. Al più presto renderemo pubbliche le immagini”. Lo dice il governatore di Sanliurfa, la provincia sudorientale turca più vicina a Kobane, per rispondere alla denuncia della tv di Stato siriana, secondo cui lo Stato islamico sarebbe passato proprio dalla Turchia. Secondo le autorità turche, l’Isis è entrato a Kobane passando dalla cittadina siriana di Jarabulus, nella provincia di Aleppo. A maggio il New York Times aveva trovato una connessione tra Turchia e Stato islamico. Secondo un’inchiesta, Ankara avrebbe venduto allo Stato islamico nitrato di ammonio, un composto chimico che può essere impiegato sia come fertilizzante che per la costruzione di bombe. Nelle scorse settimane Cumhuriyet, quotidiano turco, aveva pubblicato video e foto che documenterebbero la fornitura di armi ai ribelli siriani da parte del Mit, l’intelligence turca.
Le forze curde erano riuscite a espellere lo Stato islamico dalla città a gennaio dopo mesi di scontri, grazie anche all’aiuto della coalizione internazionale. La sconfitta dei jihadisti aveva avuto una grande eco internazionale e assunto un alto valore simbolico, perché sanciva la fine di un assedio in corso da mesi. Poi, oggi, la controffensiva. Le Unità di protezione del popolo, le milizie curde, all’inizio della settimana hanno dichiarato che i jihadisti avevano conquistato Ayn Issa, località strategica a 50 chilometri da Raqqa, quartier generale e quartiere generale dello Stato islamico in Siria. E la guerriglia continua anche sul confine tra Iraq e Turchia, dove l’esercito siriano si è scontrato coi jihadisti a Hasake, capoluogo della regione nord-orientale. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, 50 persone – tra miliziani e soldati dell’esercito – sono morti finora nei combattimenti.
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