domenica 23 giugno 2024

Vaghe stelle dell’orsa: in ricordo di Anna

 https://ilsimplicissimus2.com

 

E’ passato un anno da quando Anna Lombroso non c’è più e non saprei dire davvero se è un bene o un male che non possa vedere la follia che percorre il mondo, la strage di uomini esaltata come in un’ordalia collettiva o accettata con la colpevole indifferenza di chi non vuole vedere, il precipizio dei valori nei quali aveva creduto. E nei quali credevo anche io: uguaglianza e giustizia sociale, una vera libertà di parola e di scelta, la battaglia delle idee e non la volgare rissa da bar dei neo analfabeti a cui assistiamo. Tutte cose che sembrano oggetti di antiquariato, reperti di un mondo che esiste ormai solo in un altrove che non sappiamo riattingere e che molti nemmeno più conoscono.

Perciò ti saluto Anna mentre rulla il tamburo.

Il rombo della guerra che ci minaccia e che tu avevi previsto con assoluta lucidità, la caduta dei principi sui quali si regge l’identità culturale, la politica e persino la nostra storia personale, rende il conflitto esterno l’unica cosa che salva dal non senso assoluto e salva anche chi ha sgretolato il mondo. Abbiamo distrutto tutto ciò che rendeva l’Europa se stessa e adesso non c’è altra strada che l’invenzione di un nemico per sopravvivere a noi stessi. Il cannone è diventato il rimedio al nichilismo che pratichiamo: la guerra senza speranza che si vuole combattere è in realtà la guerra contro ciò che eravamo e forse ciò che ancora siamo in qualche angolo sopravvissuto dell’anima. Il potere non vuole avere a che fare con le persone, ma con soldatini di piombo.

Perciò ti saluto Anna mentre rulla il tamburo.

Lo sapevi già quando il pettinatore di bambole venne a sondare la tua candidatura, voluta da molti cittadini, a sindaco di Venezia: voleva assicurarsi che tu non covassi alcuna idea di città e di vita che potesse mettere in crisi il meccanismo di dominio costruito attorno al totem del Mose perché costoro sono squallidi Geppetti che ripercorrono la storia di Pinocchio al contrario, vogliono la trasformazione da persone in burattini col naso lungo lungo. E una volta constatato che non avevi alcuna intenzione di compiere tale mutazione ti giudicò troppo “birichina”, con uno di quegli eufemismi domestici con cui si vorrebbe nascondere la perdita di riferimenti. Ma tu volevi essere l’onda che s’infrange e porta via i detriti, non l’increspatura sulla battigia che lascia solo  schiuma grigia.

Perciò ti saluto Anna, mentre rulla il tamburo

Ora sto organizzando un nuovo libro con i tuoi interventi sulla società italiana e sui beni comuni e ogni volta mi stupisco di quanto siano attuali e molto più intensi della cacofonia prodotta dal discorso pubblico con il monotono, prevedibile canto delle voci bianche con i loro turiboli e il contrappunto appena udibile dei dissidenti che quando non propongono  una qualche arcadia dello spirito, non sembrano in grado di esprimere una visione politica diversa da quella di un capitalismo anni ’60, né un disegno di società futura, come se bastasse dire ciò che non si vuole per ricreare una solida frontiera contro la tirannia quotata in borsa. È un altro dei buchi neri del nostro tempo, il frazionamento della realtà che non giunge ad alcuna sintesi, anzi propone una moltiplicazione di eventi come le immagini di uno specchio rotto in mille pezzi, sempre uguale, sempre privo di significato e su cui non sono incisi gli errori del passato.

Così ti saluto Anna, mentre rulla il tamburo

Vaghe stelle dell’orsa … quella poesia che abbiamo riletto, mentre stavamo sul terrazzo, in una rara, immensa sera tersa, mentre io tentavo di fotografare Giove. Anche quest’anno i gelsomini che tanto ti piacevano sono fioriti e hanno sparso il loro odore per tutta casa, i plumbago, le ultime piante che hai messo in vaso quando già la vita era una fiammella incerta, si arrampicano volonterosi sui muri e sbocciano di un improvviso azzurro, ma questo sforzo non ha più molto senso senza il tuo sguardo e la tua gioia per questi piccoli miracoli. La vita, come si dice, continua ma non continua come prima: la campana suona anche per noi e per me certamente. Ma da quando te ne sei andata un milione di persone sono morte per una cieca violenza, per mantenere il potere, per qualche fede feroce che distilla veleno, dalla quale non ci si può liberare. Ed è tardi sempre più tardi come dice il poeta.

Per questo ti saluto Anna e anche io mi dico lentamente addio, mentre rulla il tamburo.

Nessun commento:

Posta un commento