mercoledì 26 giugno 2024

Sussurri e grida sull’Ucraina

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Nell’aprile del 1945 Hanna Reich, celebre collaudatrice di aerei partì, assieme al generale Robert Ritter von Greim, partì alla volta di Berlino con un Fieseler Storch, aereo particolarmente maneggevole, nel tentativo di sottrarre Hitler alla cattura da parte dei russi che erano già a pochi isolati di distanza dal bunker. Incredibilmente riuscì ad atterrare nel centro della città, ma ancora più incredibilmente il Führer riuscì a convincerla che le sorti della guerra stavano per cambiare radicalmente e che dunque non era necessario muoversi da Berlino. Ciò che voglio dire raccontando per sommi capi questo episodio è che in certe condizioni si può credere o far credere qualunque cosa.

Quindi ciò che i vertici della Ue e quelli di Washington vogliono farci credere è che l’Ucraina può ancora vincere contro la Russia, anzi che quest’ultima sta per cadere, che i Brics non esistono, che le sanzioni funzionano e ricorrono ad atti di terrorismo, orribile, ma militarmente insignificanti, per far pensare ai sudditi meno dotati che la vittoria finale è possibile. Dietro le quinte però si cacano sotto. Non appena il ministro degli esteri russo ha convocato l’ambasciatore americano a Mosca per dirgli che dopo la Crimea Washington “è effettivamente diventata parte” della guerra e che “seguiranno sicuramente misure di ritorsione”, il segretario alla difesa Usa Lloyd Austin si è precipitosamente messo in contatto con il suo omologo russo – per la prima volta in 15 mesi – sottolineando l’importanza “di mantenere le linee di comunicazione durante la guerra in corso tra la Russia e l’Ucraina”.

Ma la ritorsione, qualunque forma prenda non avverrà prima che i russi presentino al consiglio di sicurezza dell’Onu, il dossier sull’operazione Crimea in modo da fugare oltre ogni ragionevole dubbio che gli Stati Uniti sono stati quanto meno complici, se non protagonisti dell’attacco. Poi agiranno di conseguenza, magari in modo trasversale fornendo armi precedentemente negate, all’Iran, ad Hamas, a Hezbollah. Ma è solo un’ipotesi.

È palese il tentativo degli Usa di non pagare pegno e di gettare sull’Ucraina tutta la responsabilità, mentendo per la gola e facendo finta di non c’entrarci per nulla in questa orribile storia. Sanno di stare giocando col fuoco e di essere all’angolo: il tempo durante il quale l’Ucraina è stato lo zombie dello zio Sam sta per scadere. Kiev perde 2000 uomini al giorno e anche se sta cercando con ogni mezzo di mobilitare 500 mila uomini ( che saranno molti, ma molti di meno ) la qualità e il livello di addestramento delle nuove forze, spesso formate da adolescenti o anziani, sono ben al di sotto del livello necessario per sopravvivere in prima linea. Per mancanza di veicoli corazzati, molte delle nuove brigate che avrebbero dovuto essere meccanizzate saranno costituite da pure forze di fanteria. Saranno in grado di mantenere le posizioni finché non verranno bombardati, ma non avranno i mezzi per attaccare. Sono lo scudo umano per la tentata rielezione di Biden.

La gente tenta di sottrarsi alla leva, paga cifre che vanno dai 5 fino ai 18 mila dollari pur di fuggire dal Paese, obolo necessario visto che Zelensky ha fatto minare i confini per evitare fughe di massa, mentre altri evitano di accettare posti di lavoro per paura di essere identificati per il servizio militare. La rete elettrica è a pezzi, c’è corrente per sole 10 ore al giorno e qualche attacco russo sulle stazioni di commutazione che ricevono forniture dall’Europa, potrebbe eliminarla del tutto. Cala spaventosamente la produzione agricola e industriale mentre continua il rimpallo per le responsabilità nella giornaliera sconfitta con sostituzione di comandanti. Le forze russe hanno gli uomini e le armi per sfondare le linee ucraine, ma farlo costerebbe delle perdite a questo punto inutili: aspettano quindi che l’esercito ucraino semplicemente si esaurisca per passare all’attacco finale.

Ormai l’atlantismo come calco per il pianeta sta tirando le cuoia e qualsiasi cosa accada non sopravviverà alla sconfitta, nonostante i tentativi di suscitare un’escalation russa. Basti pensare che proprio ieri la Malesia ha detto al sottosegretario del Dipartimento del Tesoro americano, che riconoscerà solo le sanzioni imposte dal consiglio di sicurezza dell’Onu e non quelle poste da un singolo Paese o da gruppo di Paesi. Inizia la fine.

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