Il termine “ignoranza attiva”, nel senso di resistenza a nuova conoscenza o nuove idee, fu coniato dal filosofo austriaco Karl Popper e impiegato per indicare l’opposizione di alcuni fisici alle “sconvolgenti” opinioni di Albert Einstein.
Può essere esteso alla consuetudine di “ignorare” qualunque cosa non vogliamo sapere, spesso con serie conseguenza.
Pensate, ad esempio, alla storia dei coloni britannici nel Nord America, in Australia e in Nuova Zelanda, i quali cercarono di ignorare l’esistenza dei popoli che già vivevano in quelle terre, perlomeno le rivendicazioni che questi gruppi sollevavano per quel territorio.
I coloni trattarono la terra come se fosse deserta o posseduta da nessuno.
In modo analogo la Balfour Declaration del 1917, che rese la Palestina “la casa nazionale” del popolo ebraico, ignorò che gli arabi che già si trovarono lì creando, in questo modo, problemi che rimangono irrisolti più di un secolo dopo.
La domanda di lord Curzon “Cosa ne sarà della gente di questo Paese?” rimane senza risposta.
L’espressione “ignoranza attiva” può anche riferirsi a quel che pensiamo di sapere.
Come soleva dire Will Rogers, con il suo umorismo alla Mark Twain, “l’ignoranza non sta nelle cose che non sapete, ma nelle cose che sapete che non sono come pensate che siano”, (frase che talvolta viene attribuita al Mark Twain stesso). (“Ignoranza, una storia globale”, Peter Burke, Raffaello Cortina Editore).
* da Beh, Buona Giornata
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