venerdì 28 giugno 2024

Pfas in Piemonte, ad Alessandria il 100% delle persone sottoposte al biomonitoraggio ha veleni nel sangue oltre i limiti – Tutti i risultati

A poche settimane dalle diffide inoltrate dalla Provincia di Alessandria alla Solvay (oggi Syensqo) con cui si intimava allo stabilimento chimico di rispettare i limiti di legge consentiti per gli scarichi di Pfas, sostanze poli e perfluoroalchiliche note come inquinanti eterni, imponendo il fermo delle produzioni per trenta giorni, arrivano anche i risultati di un biomonitoraggio indipendente effettuato ad alcuni residenti del Comune.  

Pfas in Piemonte, ad Alessandria il 100% delle persone sottoposte al biomonitoraggio ha veleni nel sangue oltre i limiti – Tutti i risultati 

Tutte le 36 persone che si sono sottoposte alla quantificazione di Pfas nel proprio sangue mostrano concentrazioni superiori ai 2 nanogrammi per millilitro, limite individuato dalla National Academies of Sciences e adottato anche dal protocollo della Regione Piemonte come valore di riferimento. 
Oltre questa soglia, si possono infatti verificare effetti negativi sulla salute umana. Il biomonitoraggio è stato realizzato e coordinato a maggio scorso da Ánemos, Greenpeace Italia e Comitato Stop Solvay e ha visto la partecipazione delle frazioni del Comune di Alessandria: Cascinagrossa, Castelceriolo, Litta Parodi, Lobbi, Mandrogne, San Giuliano Vecchio e Spinetta Marengo. 
Ed è l’ultimo atto di una vicenda che sembra complicarsi sempre di più.


I provvedimenti della Provincia – Nel frattempo, di fatto, la produzione è stata parzialmente sospesa. La denuncia di un cittadino che aveva segnalato schiume presenti nel fiume Bormida a metà maggio ha fatto scattare una serie di verifiche. Altre erano, in realtà, già in corso. Morale: la Provincia ha inviato due diffide all’ex Solvay di Spinetta Marengo, una per le sostanze scaricate nel fiume e una per la contaminazione dei terreni interni allo stabilimento. E ha dato un mese di tempo all’attuale Syensqo per comunicare le ragioni della presenza nella schiuma, trovata proprio nell’area di uno scarico autorizzato di valori troppo elevati di cC604. Si tratta di uno Pfas di ultima generazione che si produce solo nello stabilimento di Spinetta Marengo e che l’Europa vuole mettere al bando. L’Arpa ha riscontrato nella schiuma una concentrazione doppia rispetto a quanto consentito, che è di 500 nanogrammi per litro. L’altra diffida, invece, fa riferimento ai valori fuori norma riscontrati in un pozzo dello stabilimento. E sono i dati più inquietanti. Riguardano i valori misurati in una vasca utilizzata nel sito di Spinetta Marengo per ripulire dagli Pfas le acque prelevate dai pozzi. Le anomalie, come raccontato dal quotidiano Domani, erano state segnalate dalla stessa multinazionale: 220mila microgrammi per litro per il cC6O4. Stando a questi numeri, segnalati dalla stessa azienda a marzo scorso, quello di Spinetta Marengo sarebbe il sito più inquinato in Europa rispetto a ciò che oggi si conosce dell’inquinamento da Pfas. Da qui la doppia diffida. La multinazionale belga ha definito il provvedimento della Provincia “inatteso e spropositato” e ha attribuito la contaminazione alla rottura di due valvole critiche per il funzionamento di un reattore interno alla vasca.

Il biomonitoraggio indipendente rivela la presenza del cancerogeno Pfoa, ma anche del Pfos – La Regione Piemonte, intanto, ha pubblicato gli esiti di un primo biomonitoraggio eseguito a gennaio 2024 su 29 persone, nel corso del quale erano stati ricercati anche Pfas di ultima generazione. A ventidue cittadini sono stati riscontrati valori tra 2 e 20 microgrammi al litro, mentre sei hanno valori anche superiori e a questi è stata consegnata un’informativa da presentare al medico di famiglia per l’attivazione della sorveglianza sanitaria. Realizzate da un laboratorio dell’Università tedesca di Aquisgrana, invece, le analisi condotte per il biomonitoraggio di Ánemos, Greenpeace Italia e Comitato Stop Solvay. Hanno rilevato Pfas in tutte e 36 le persone sottoposte al controllo, sebbene in concentrazioni variabili che aumentano con l’età e che, come già evidenzia la letteratura scientifica, risultano più elevate nei maschi. Il Pfoa, composto identificato come cancerogeno da parte dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, è risultato il più abbondante, con concentrazioni comprese tra 0,84 e 22,76 nanogrammi per millilitro (la media è di 6,4 nanogrammi per millilitro), seguito da Pfos, molecola classificata come probabile cancerogena, le cui concentrazioni sono risultate nell’intervallo compreso tra 0,84 e 12,97 nanogrammi per millilitro (la media è di 3,1 nanogrammi per millilitro). Sono state registrate, però, anche concentrazioni di PFHxS, PFNA e PFDA. Secondo Greenpeace, i dati del biomonitoraggio indipendente “danno indicazioni chiare sulla gravità e sulle possibili cause dell’inquinamento pur coinvolgendo poche decine di persone e non includendo tra gli Pfas analizzati alcune molecole”. Le concentrazioni più elevate si registrano proprio negli abitanti delle aree più vicine al polo chimico ex Solvay: non solo Spinetta Marengo, ma anche Litta Parodi e Cascinagrossa.

L’accesso della popolazione agli screening – Sulla base dei dati ottenuti, Ánemos, Greenpeace Italia e Comitato Stop Solvay ritengono che la prima fase del biomonitoraggio della Regione Piemonte, tutt’ora in corso sia “inefficace e rischi di sottostimare non solo la portata dell’inquinamento, ma anche l’estensione della popolazione coinvolta”. I due comitati cittadini e l’associazione ambientalista sottolineano, inoltre, che “seppur con limitate risorse non certo paragonabili a quelle della massima autorità sanitaria regionale, in poche settimane sono riusciti a coinvolgere nelle analisi del sangue molte più persone rispetto a quanto fatto finora dalla Regione Piemonte”. Già a febbraio, inoltre, indagini condotte da Greenpeace Italia avevano evidenziato come le molecole prodotte unicamente nel sito alessandrino fossero state ritrovate nelle acque potabili di diversi comuni molto distanti dal polo chimico: non solo nella città di Torino, ma anche in numerosi comuni della Valle di Susa e alcuni della Provincia di Sondrio in Lombardia. I comitati e le associazioni chiedono che tutta la popolazione esposta a questi pericolosi inquinanti abbia accesso agli screening sanitari e sottolineano come la produzione di dati sanitari che determinino la reale portata dell’inquinamento da Pfas nell’area sarà fondamentale in sede processuale. Già, perché se nel 2007 la Solvay era stata individuata come principale fonte di Pfas nel bacino del Fiume Po e il primo processo si è concluso nel 2019, con una condanna per disastro ambientale colposo per la contaminazione della falda acquifera e dei terreni circostanti, oggi è in corso un secondo processo sugli Pfas, iniziato a maggio scorso.

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