sabato 29 giugno 2024

Cosa rischia chi protesta con la “norma anti-Gandhi” voluta dalla Destra.

La norma approvata da due commissioni prevede fino a due anni di carcere per chi blocca il traffico. E gli emendamenti della maggioranza potrebbero persino peggiorare le cose. Associazioni e opposizioni in allarme: «Si rischia di creare un effetto deterrente sull’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone».

 

(Chiara Putignano – lespresso.it)

Il corpo è politico? Per la Destra è criminale. Da mesi bersaglio del governo, le proteste non violente degli eco-attivisti rischiano di essere punite con il carcere. Giovedì c’è stato l’ok delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera ai primi 11 emendamenti del “pacchetto sicurezza”. L’ultimo, l’undicesimo, la cosiddetta “norma anti-Gandhi”, che punisce con la sanzione carceraria da sei mesi a due anni, senza l’alternativa della pena pecuniaria, chi “impedisce la libera circolazione su strada ordinaria o ferrata ostruendo la stessa con il proprio corpo, se il fatto è commesso da più persone”. Respinti tutti gli emendamenti presentati dall’opposizione che denuncia una «deriva illiberale».

Nell’articolo in questione, oltre alle punizioni collettive, viene specificato anche che se il blocco viene messo in atto da una persona sola, la pena comporterà reclusione fino a un mese o multa fino a trecento euro. «Siamo di fronte al forte pericolo di modifiche peggiorative a un quadro legislativo già critico dal punto di vista dei diritti umani – commenta Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia -. Diversi emendamenti presentati da esponenti della maggioranza, se approvati, restringerebbero ulteriormente gli spazi di protesta pacifica e criminalizzerebbero coloro che protestano».

Dopo una riformulazione sarà approvato anche l’emendamento proposto dal deputato leghista Igor Iezzi, che chiede di innalzare le pene per chi protesta in modo “minaccioso o violento” contro le grandi opere infrastrutturali, come il Tav Torino-Lione o il ponte sullo Stretto. La proposta di Iezzi punta a introdurre una serie di circostanze aggravanti dei reati di resistenza, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o a un corpo dello Stato. E quindi, chi manifesta in gruppo contro un’opera pubblica – se viene considerato “minaccioso o violento” – potrebbe rischiare fino a venti anni di carcere. 

Questa è «una norma pericolosa perché criminalizza il dissenso. È una norma pensata specificatamente contro un target: i giovani eco-attivisti. E, in questo senso, ancora più pericolosa. Perché in realtà in tutte le forme di protesta, che di solito vengono dalle minoranze, in una democrazia solida, compiuta e matura, dovrebbero essere protette. Perché sono l’essenza della democrazia», commenta a L’Espresso il presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella

«Diverse disposizioni rischiano di creare un effetto deterrente sull’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone», aggiunge Noury. «In quanto non rispetterebbero adeguatamente il principio di proporzionalità delle sanzioni penali, in particolare nei possibili casi di blocco del traffico, di violenza contro i pubblici ufficiali o di occupazione di immobili. Altri esempi sono il possibile ampliamento in sede interpretativa del Daspo urbano o quello di configurare il reato di violenza privata nel caso in cui una o più persone impediscano, anche solo con la resistenza passiva, l’entrata o l’uscita da uno spazio aziendale a chi intenda passare. Non costituirebbe esimente o scriminante – conclude – neanche il fatto che il comportamento fosse tenuto per sostenere un’azione di sciopero». 

A differenza dei trattori o dei tassisti, le dimostrazioni non violente di chi sposa la causa dell’attivismo ambientale danno fastidio al governo. E «se il traffico si blocca e si tratta di un trattore – prosegue Gonnella – allora in questo caso l’illecito penale non si andrebbe a configurare, ma con il corpo sì». Già nel 2018 Matteo Salvini aveva provato a punire gli eco-attivisti, disponendo sanzioni con il decreto sicurezza emanato quell’anno. Resuscitando un reato che però era stato depenalizzato quasi vent’anni prima. E ora, con il nuovo ddl si sta «facendo diventare illecito penale ciò che era illecito amministrativo. Neanche ai tempi del codice Rocco del 1931 si era arrivati a tanto. Siamo molto preoccupati di questa deriva illiberale». Deriva che approderà in aula a fine luglio.

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