Le manifestazioni in occasione della festa della Liberazione di ieri hanno riportato all’onore della cronaca la cosiddetta Brigata Ebraica, i cui membri – per lo più composti da ebrei romani e armati di bandiere israeliane oltreché di quelle storiche della Brigata – si sono fronteggiati con l’ampia parte di corteo che inneggiava alla liberazione della Palestina.
(Michele Manfrin – lindipendente.online)
Ma cos’è stata realmente la Brigata Ebraica e quale fu il suo peso nella liberazione italiana dal nazi-fascismo? Per quale ragione è stata pressoché ignorata dalla storiografia per decenni, salvo poi riemergere negli ultimi anni come caso mediatico: fu un caso di miopia degli storici che si occuparono della storia della Resistenza o piuttosto è il suo attuale ripescaggio dalla memoria (con conseguente medaglia d’oro al valor militare tardivamente consegnata dal Presidente della Repubblica) ad essere il frutto di una operazione di sapore politico?
Le formazioni partigiane sono gruppi armati di antifascisti composti su base volontaria che hanno operato dall’8 settembre 1943 fino alla fine della guerra, nel maggio del 1945. Subito dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43, iniziarono a formarsi le prime bande armate, primigenie delle formazioni organizzate della resistenza. I gruppi che andarono formandosi erano composti da antifascisti già attivi nel ventennio: tornati dalle galere o dall’esilio, giunti a una scelta di opposizione con il procedere della guerra, ufficiali e soldati lasciati a sé stessi e impossibilitati a tornare alle loro case e che in molti casi presero la propria decisione in ragione del giuramento di fedeltà al re e, infine, da giovani che rifiutarono di rispondere alla chiamata alle armi del nuovo stato fascista, la Repubblica Sociale Italiana (RSI), anche conosciuta come Repubblica di Salò.
Nella conduzione della lotta partigiana è stata fondamentale la nascita, il 9 giugno 1944, del Comando generale del Corpo Volontari della Libertà (CVL) su iniziativa del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), espressione dei partiti antifascisti. Infatti, da quel momento, le formazioni partigiane poterono operare con coordinazione militare anziché in maniera indipendente. Pur unite in un unico Corpo, le varie formazioni mantennero le caratteristiche politiche che le contraddistinguevano, trovando l’unione nel comune obiettivo della liberazione dal giogo nazi-fascita. Le principali formazioni partigiane che componevano il CVL sono state: le Brigate Garibaldi, i GAP e le SAP, organizzati dal Partito Comunista Italiano; le formazioni di Giustizia e Libertà, coordinate dal Partito d’Azione; le formazioni Giacomo Matteotti, del Partito Socialista di Unità Proletaria; le Brigate Fiamme Verdi, che nascono come formazioni autonome per iniziativa di alcuni ufficiali degli alpini, e si legano poi alla Democrazia cristiana, come le Brigate del popolo; le Brigate Osoppo, autonome e legate alla DC e al PdA; le formazioni azzurre, autonome ma politicamente monarchiche e badogliane; le formazioni legate ai liberali e ai monarchici, come quella di Edgardo Sogno; quelle trotskiste, come Bandiera Rossa; e anarchiche, come le formazioni Bruzzi-Malatesta. In tutto, secondo un archivio della Direzione Generale Archivi, più di 700.000 persone presero parte alla resistenza partigiana.
La Brigata Ebraica, ufficialmente chiamata Jewish Infantry Brigade Group, venne creata il 20 Settembre 1944, quindi un anno dopo l’inizio della resistenza in Italia e alcuni mesi dopo la creazione del Comando generale del Corpo Volontari della Libertà. I componenti di questa Brigata, stimati in circa 5.500 uomini, erano elementi assorbiti dal “Palestine Regiment” ed ebrei provenienti da Stati Uniti, Canada, Australia e Sudafrica. A capo del Jewish Infantry Brigade Group venne posto il Generale di Brigata dell’esercito inglese Ernest Frank Benjamin, nato nel 1900 a Toronto, in Canada. Il centro di comando della Brigata Ebraica fu dislocato in Egitto, dove ebbe anche un periodo di addestramento. Il 31 ottobre 1944, la Brigata Ebraica venne imbarcata al porto di Alessandria d’Egitto su due navi dirette in Italia al porto di Taranto. A partire dal 26 febbraio 1945, quando venne inquadrata nel X Corpo dell’8ª Armata Britannica comandata dal Generale Richard McCreery, iniziò progressivamente il trasferimento verso il fronte nel settore adriatico. Solo il 1° marzo del ‘45 la Brigata fu schierata in prima linea sul fiume Lamone, di fronte ad Alfonsine, dove iniziò i combattimenti. Alla fine di marzo, la Brigata Ebraica partecipò allo sfondamento della Linea gotica nella vallata del Senio e fu assegnata alla zona di Alfonsine, dove partecipò alle operazioni militari per la liberazione dell’Emilia-Romagna. Con la fine della guerra in Italia, la Brigata Ebraica venne trasferita in Olanda ed in Belgio. Sia da qui, che dall’Italia, la formazione ebraica cominciò un importante spostamento di uomini e mezzi verso la Palestina mandataria. Nel luglio 1946, viste le tensioni e le violenze esplose in Palestina che vedevano protagoniste le formazioni nazionaliste e sioniste premere per l’indipendenza, e visto che venne alla luce quanto la Brigata Ebraica stava facendo contro la volontà britannica, il governo di Sua Maestà ritenne opportuno procedere al disarmo e alla smobilitazione della Brigata.
Ben Gurion, il “padre della patria” d’Israele, in un discorso del 1938 disse: «Se sapessi di poter salvare tutti i bambini della Germania portandoli in Inghilterra o soltanto la metà di loro portandoli in Palestina, opterei per la seconda soluzione». Questo ci da la contezza di quanto la costruzione dello Stato d’Israele fosse questione prioritaria per i sionisti. Tant’è che il movimento sionista, così come anche l’Agenzia Ebraica, che fin dal 1939 hanno tentato di costituire una formazione ebraica autonoma, voleva che i suoi uomini fossero armati non tanto per andare in Europa a combattere contro il nazi-fascismo, bensì per presidiare e rafforzare la propria presenza in Palestina, giustificandolo anche con l’eventualità di una sconfitta britannica e una avanzata tedesca.
Questo non vuole di certo svilire il ruolo che gli ebrei hanno avuto nella resistenza italiana, tutt’altro. Quel che si vuole qui evidenziare è il ruolo e il peso avuto dalla Brigata Ebraica nella liberazione d’Italia. Una Brigata composta da ebrei sionisti provenienti da vari Paesi, tranne che dall’Italia, inquadrata nell’esercito britannico. Infatti, gli ebrei italiani dettero il loro grande contributo nella Resistenza italiana, aderendo alle formazioni partigiane createsi all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 con l’intento di liberare il Paese dal giogo nazi-fascista. In queste formazioni, gli ebrei non combattevano in quanto tali ma in quanto italiani di religione ebraica che intendevano liberare la propria patria, al pari dei loro compagni d’armi partigiani, col fine di tornare a poter vivere in libertà come ogni altro cittadino italiano. Lo scopo dei sionisti, ovvero la costituzione dello Stato d’Israele, ed esemplificato nella spietatezza dalle parole di Ben Gurion sopra riportate, solo incidentalmente ha avuto lo stesso interesse della Resistenza partigiana in Italia e, come detto, sempre sotto il comando dell’esercito britannico. Dunque, il contributo della Brigata Ebraica è il contributo di quanti, da varie nazioni del mondo, sotto il comando delle potenze Alleate, hanno combattuto in Italia la Seconda Guerra Mondiale e quindi non accostabile a quanto fatto dalle formazioni partigiane italiane che hanno forgiato la resistenza, all’interno delle quali hanno militato ebrei italiani, con tanto di medaglie al valor militare, e del ruolo che eminenti personalità italiane di religione ebraica hanno avuto all’interno del CNL. Circa un migliaio di ebrei parteciparono alla resistenza all’interno delle formazioni partigiane; un dato rilevante se si tiene conto del numero totale di ebrei italiani, ovvero meno di 50.000. In percentuale rispetto al totale, gli ebrei italiani parteciparono in numero maggiore alla resistenza partigiana.
La partecipazione della Brigata Ebraica alla commemorazione del 25 aprile, ovvero alla Festa della Liberazione che celebra la fine dell’occupazione nazista e del fascismo, a coronamento della resistenza italiana al nazifascismo, è cosa abbastanza recente. Infatti, solo a partire dal 2004, grazie al lavoro svolto da ADI, Associazione Amici d’Israele, la Brigata Ebraica ha cominciato a partecipare al corteo della Festa della Liberazione con le insegne della Jewish Infantry Brigade Group, dopo aver lamentato più volte della presenza di bandiere palestinesi durante i cortei degli anni precedenti. E questo fa capire come la ricomparsa delle insegne della Brigata, rette da piccoli gruppi di sionisti romani piuttosto bellicosi, abbia un evidente fine politico legato all’attualità. La partecipazione della Brigata Ebraica al 25 aprile emerge quindi come una sorta di mossa politica strumentale al fine di legittimare Israele e il sionismo e contendere la piazza ai tanti manifestanti che chiedono che anche la Palestina si liberi dall’occupazione straniera nel giorno in cui si celebra la liberazione italiana. Infatti, gli ebrei italiani, avendo militato nelle varie formazioni partigiane, hanno sempre partecipato, come cittadini italiani alle celebrazioni della Resistenza sotto le insegne dei gruppi partigiani.
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