Ci insegnano già nei primi rudimenti di fisica – e anche nella scuola “della strada” – che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Dal febbraio 2024 – e su alcuni prodotti dal 2014 – l’Italia come altri stati dell’Unione Europea ha adottato pesanti sanzioni contro la Russia.
Dopo circa due anni la Russia ha deciso di rispondere nazionalizzando alcune delle aziende straniere presenti sul proprio territorio dei paesi che hanno adottato sanzioni. Tra questi c’è anche l’Italia che, come noto, è impegnata economicamente e militarmente contro la Russia nel teatro della guerra in Ucraina.
Come noto, queste sanzioni hanno già danneggiato relazioni economiche consolidate, incluse molte aziende italiane che ai “tempi della cuccagna” (dopo la dissoluzione dell’Urss e negli anni del capitalismo selvaggio, ndr) avevano rilevato aziende russe – spesso a due soldi – o avevano impiantato stabilimenti sul territorio russo.
Lunedì il segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia, “ha espresso il forte disappunto del Governo italiano” all’ambasciatore russo Alexey Paramonov, convocato al ministero degli Esteri in relazione al trasferimento in amministrazione temporanea di Ariston Thermo Rus – società appartenente al Gruppo Ariston – ad una impresa del gruppo Gazprom.
Un decreto analogo ha colpito anche un’azienda tedesca e la lista dei procedimenti potrebbe continuare.
Come quello che casca dal pero, adesso l’Italia scopre che se dai un pugno a qualcuno quello potrebbe anche restituirlo, a meno che il suprematismo occidentale sia veramente convinto di poter menare sempre le mani senza mai subirne le inevitabili conseguenze.
“In linea con i partner europei, ed in particolare con la Germania – ha fatto sapere la Farnesina – l’Italia chiede alla Federazione Russa di ritirare le misure adottate contro legittime attività economiche di imprese straniere nel Paese“.
E con le sanzioni contro le legittime attività economiche russe in territorio italiano (per non dire degli altri asset russi in Occidente, di cui ci si vorrebbe appropriare per finanziare a gratis l’Ucraina) che si fa, i finti tonti?
In una nota l’ambasciata russa ha fatto sapere che “sono state fornite spiegazioni esaurienti sulla legalità e fondatezza delle decisioni prese riguardo a un’azienda che, de jure, è olandese [a causa del trasferimento della sede legale per pagare meno tasse, ndr].
È stato sottolineato che queste misure, nel rispetto del relativo quadro giuridico, sono state adottate in risposta alle azioni ostili e contrarie al diritto internazionale intraprese dagli Stati Uniti d’America e dagli altri Stati esteri che si sono uniti a loro, volte a privare illegalmente la Russia, le sue entità giuridiche e varie persone fisiche del diritto di proprietà e a limitare tale diritto su beni situati nel territorio di tali Stati”.
“Non si può non considerare che la retorica e il tono sempre più aggressivi e irresponsabili dei leader occidentali e delle loro compagini non possono che essere interpretati come deliberata intenzione di minacciare in modalità continuativa la sicurezza della Federazione Russa, quella nazionale, economica, energetica e di ogni altro tipo”, fa sapere ancora.
L’Ambasciatore della Federazione Russa inoltre “ha ricordato agli interlocutori che Mosca ha sempre attribuito particolare importanza alle proficue e reciprocamente vantaggiose relazioni commerciali ed economiche con l’Italia. La responsabilità per le conseguenze negative del loro deterioramento ricade interamente sulle autorità italiane che hanno sacrificato i reali interessi nazionali della Repubblica per partecipare a sterili e pericolose avventure geopolitiche anti-russe”.
Il ministro degli Esteri Tajani dichiara di essere in contatto sin dal primo momento con l’azienda italiana e si riserva di approfondire le conseguenze della decisione russa insieme ai partner G7 e Ue e di valutare una risposta appropriata. In linea con i partner europei, ed in particolare con la Germania, l’Italia chiede alla Federazione Russa di ritirare le misure adottate contro legittime attività economiche di imprese straniere nel Paese.
Appunto, fanno i finti tonti ma “i tempi della cuccagna” sembrano proprio finiti.
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