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Il
26 gennaio scorso, Philippe Lazzarini, Commissario generale
dell’agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti alle popolazioni
palestinesi costrette nei campi profughi, sin dal 1948, l’Unrwa, ha
dovuto aprire un’indagine su alcuni dipendenti dell’agenzia, (12),
sospettati di essere coinvolti negli attacchi di Hamas del 7 ottobre ad
Israele, procedendo al licenziamento di gran parte di loro.
Tutto
è partito sulla base di quella che sembra una vera e propria fake news,
costruita unicamente su segnalazioni delle autorità israeliane a cui
non è seguita ad oggi alcuna prova documentale.
Ma la segnalazione ha prodotto la sospensione dei finanziamenti all’Unrwa a cui hanno immediatamente aderito numerosi paesi. L’Italia è stata in prima linea insieme ad Australia, Canada, Germania, Finlandia, Paesi Bassi, Svizzera, Svezia e Regno Unito.
Pochi giorni fa il Guardian
ha pubblicato le anticipazioni dei risultati della commissione
d’inchiesta indipendente, guidata dall’ex ministra degli Esteri francese
Catherine Colonna. Intanto, dopo la denuncia, Israele non ha presentato
alcuna prova a sostegno delle sue accuse dopo che sono trascorsi 3
mesi.
“In assenza di una soluzione politica tra Israele e palestinesi, l’Unrwa rimane fondamentale nel fornire aiuti umanitari salvavita e servizi sociali essenziali, in particolare nel campo della sanità e dell’istruzione, ai rifugiati palestinesi a Gaza, Giordania, Libano, Siria e Cisgiordania”, si legge nel rapporto, presentato da Colonna all’Onu.
Il
suo ruolo resta quindi fondamentale. Ma l’agenzia ha fornito una parte
consistente delle prove che il governo del Sudafrica ha esibito in sede
di tribunale penale internazionale, per sostenere l’accusa di genocidio
contro i governanti di Tel Aviv.
Difficile
non considerare il tentativo di Israele di screditare l’agenzia come
una ritorsione. Far scomparire o almeno limitare la presenza Unrwa
permette di non avere testimoni scomodi, sia dei crimini commessi in
questi sei mesi, sia di fermare il lavoro di censimento delle famiglie
palestinesi obbligate ad abbandonare le proprie case, o ciò che ne
resta, privando quindi le persone del sostegno legale per vedersi
riconosciuto il diritto al ritorno, in osservazione alla Risoluzione 194
dell’Onu, una delle tante perennemente disattese da Israele.
La
pulizia etnica si realizza anche attraverso simili pratiche. Nel
frattempo alcuni paesi hanno ritenuto opportuno disobbedire aumentando
le risorse da destinare all’Unrwa.
Già
dai primi giorni di marzo, Canada, Svezia, Finlandia e Spagna,
nonostante le proteste israeliane, hanno ricominciato a versare i fondi
all’agenzia, nel frattempo emergono nuovi elementi a dir poco
inquietanti.
In
questi 6 mesi di bombardamenti su Gaza sono stati uccisi 88 operatori
Unrwa. A quanto risulta, in nessun altro conflitto è stato così alto il
numero di vittime di persone che lavorano nelle agenzie delle Nazioni
Unite ed è difficile pensare unicamente ad effetti collaterali.
A questi andrebbero aggiunti 249 cooperanti e oltre 100 operatori dell’informazione. Se si dovesse provare che alcune vittime sono frutto di scelte volute, si tratterebbe di un nuovo crimine compiuto dalle forze Idf già minacciate di inchiesta dagli stessi Usa. Che il governo italiano scongeli i fondi Unrwa è il minimo sindacale.
Sarebbe significativo riprendere e fare propria la denuncia del ministro degli Esteri dell’Irlanda, Micheal Marin che ha accusato Israele di voler distruggere deliberatamente l’Unrwa per rimuovere in maniera definitiva ogni ipotesi di “diritto al ritorno”, condizione indispensabile per parlare di pace nella giustizia.
In Italia il CRED (Centro di Ricerca ed Elaborazione per la Democrazia) ha presentato un esposto contro il governo italiano per genocidio del popolo palestinese evidenziando anche il fatto che si cerca di distruggerne la resistenza negando aiuti e facendo irrompere la carestia come strumento di ricatto.
Ma
Giorgia Meloni tace ed è forte il timore che voglia seguire le scelte
Usa che, nonostante l’infondatezza delle accuse di Israele, ha optato
per un taglio definitivo all’Agenzia.
Il comportamento statunitense è da considerare ancora più doloso dopo la scelta, fatta oggi con votazione al Congresso, di aumentare di 13 mld di dollari gli aiuti militari concessi, proprio mentre l’Onu dichiara di voler aprire un’inchiesta per le fosse comuni a Gaza considerate “crimini di guerra”.
E
queste non sono fake news, come non è falsa la notizia relativa alle
dichiarazioni del ministro della Sicurezza nazionale di Israele Itamar
Ben-Gvir, esponente dell’estrema destra di Otzma Yehudit (Potere
Ebraico).
Il ministro, da sempre su posizioni ultra reazionarie, il cui partito auspica l’espulsione di tutti i cittadini arabi dalla “Grande Israele”, i cui confini non sono ancora stabiliti ha chiesto che si infligga la pena di morte ai prigionieri palestinesi per ridurre il sovraffollamento delle carceri israeliane.
* da Servizio Pubblico
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