sabato 27 aprile 2024

ALESSANDRO ORSINI. Fascismo? La libertà è già minacciata dalla guerra.

 

Giorgia Meloni è fascista? Il caso Scurati ha rinvigorito il dibattito che segnerà l’attuale legislatura. Siccome la storia non si ripete mai nelle stesse forme, se gli italiani perderanno le loro libertà sarà per un fenomeno politico-culturale diverso dal fascismo, di cui nessuno si accorgerà, essendo tutti impegnati a cercare Farinacci.

 

(ALESSANDRO ORSINI – ilfattoquotidiano.it)

Questo accade perché la teoria sociologica non è penetrata nel dibattito pubblico in Italia e, pertanto, il pubblico italiano è privo delle categorie concettuali per decifrare le nuove forme di liberticidio che minacciano la società complessa nell’epoca del ritorno delle guerre. Il caso Scurati ha mostrato che gli italiani continuano a interpretare il mondo in base a concetti e frasi fatte che risalgono agli anni Sessanta-Settanta. L’Italia non ha bisogno di nuovi giornalisti o conduttori televisivi. Ha bisogno della teoria sociologica. Prima di essere storica, infatti, la questione è teorica. Da dove provengono le dittature durature come il fascismo? Provengono dal basso.

Il fascismo ha conquistato prima la società civile e poi le istituzioni politiche. Per salvare le nostre libertà, dobbiamo tematizzare la guerra, non Meloni.

La Prima guerra mondiale è stata fondamentale nella formazione dello spirito fascista poi divenuto movimento organizzato. È impossibile comprendere il fascismo senza avere prima compreso come la guerra e la vita di trincea cambiarono gli italiani attraverso la normalizzazione della violenza, dell’odio e dell’intolleranza. Allo stesso modo, la guerra in Ucraina e la guerra in Palestina hanno formato un nuovo spirito liberticida che ha conquistato i principali quotidiani e le trasmissioni radiofoniche e televisive. La guerra, ancora una volta, sta forgiando in Italia una nuova etica dell’odio che ritrae il pensiero critico come il “nemico interno” dell’Italia. Un tempo, i nemici interni erano i “socialisti”; oggi sono i “putiniani”. Nel fascismo del 1922 e nel liberalismo del 2022, il nemico comune è il “pacifista”. Con una differenza: nella Prima guerra mondiale, la violenza degli eserciti era visibile al fronte. Nel 2024, invece, si può vedere dappertutto grazie a Internet e alla televisione. Quando l’“utente” vede le immagini degli ebrei e dei palestinesi massacrati; quando vede russi e ucraini uccidersi tra loro, si ritrova al fronte che produce odio e sete di vendetta.

Se l’Italia perderà le proprie libertà, non le perderà dall’alto verso il basso, procedendo dal governo Meloni verso la società civile. Le perderà prevalentemente dal basso verso l’alto, procedendo dalla società civile verso il governo nazionale con il contributo dei quotidiani e delle trasmissioni radiofoniche che cercano il fascismo fuori di sé anziché dentro di sé. Nessuno vedrà il liberticidio arrivare da lontano perché sarà troppo vicino. Non serve avvistare; serve vedere. Questo movimento dal basso verso l’alto era stato compreso da Antonio Gramsci. Dopo avere riflettuto sulle società occidentali, Gramsci elaborò la sua teoria dell’egemonia culturale, secondo cui il Partito comunista avrebbe dovuto conquistare prima la società civile e poi i palazzi del governo. Anch’egli folgorato dalla guerra, usava metafore militari. E non è detto che i pericoli vengano soltanto da destra. Anche la sinistra ha il proprio odio per il pensiero critico e un forte desiderio di censura, come aveva capito quel maestro di libertà che è Filippo Turati. L’Italia sottovaluta nuovamente il potere della guerra, un potentissimo agente del mutamento storico-sociale.

Le guerre cambiano la struttura delle relazioni internazionali; figuriamoci le forme di convivenza della democrazia. Queste interazioni elementari non possono essere osservate senza la teoria sociologica. Se l’Italia vuole rimanere un Paese libero, deve combattere contro le guerre, rimanendo fuori dall’Ucraina e smettendo di dare armi a Netanyahu. L’intolleranza e il desiderio di censura rimarranno, ma in forme più attenuate perché la lotta tra pacifisti e interventisti sarà meno fratricida. Queste guerre stanno restringendo le nostre libertà formando quel desiderio di unanimismo e conformismo tipici dell’autoritarismo. Anche l’Italia del 2024 distrugge le carriere dei professori che usano la conoscenza in modo critico nel rispetto del progetto illuministico; anche nelle università italiane esiste il terrore di esprimersi liberamente sulla politica internazionale. Centinaia di colleghi in questi due anni mi hanno detto o scritto: “Ho il terrore di parlare della guerra in Ucraina e in Palestina. Tengo il mio sapere per me. Si viene distrutti nell’immagine umana e professionale”. Le guerre hanno chiuso molte bocche in Italia. Nell’università italiana, ci sono molte premesse da fare prima di parlare. Nel nuovo autoritarismo, premettere è giurare

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