mercoledì 31 gennaio 2024

Rubano pure le battute

Mai fare battute.

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano)

Qualche settimana fa, a Otto e mezzo, dissi a un Mario Sechi inerpicato su uno specchio per difendere le schiforme Nordio che non si depenalizza l’abuso d’ufficio perché molti indagati non vengono condannati: con questa logica, andrebbero abrogati tutti i reati contro la Pa. Due giorni dopo, in Parlamento, Nordio ha trasformato la mia battuta in programma di governo: “I reati contro la Pa sono obsoleti”. Infatti l’Italia, dopo i progressi compiuti fino al 2021 nella classifica di Transparency sulla corruzione percepita grazie alle riforme Bonafede dei due governi Conte, con lui e prima con Cartabia ha ripreso a peggiorare: depenalizzare l’abuso e annunciare una sorte simile per corruzione, concussione, traffico d’influenze illecite, peculato, truffa e così via, senza contare la prescrizione e le intercettazioni, è un “liberi tutti”.

Sempre a mo’ di battuta, ci eravamo divertiti a immaginare cosa avrebbe detto il presidente della commissione dell’Unione africana, Moussa Faki, alla Meloni del suo piano Mattei pieno di vuoto se lei non l’avesse scambiato per due comici russi, tipo Totò ambasciatore del Catonga. Ora finalmente Faki si è materializzato a Roma: lei ha fatto dell’autoironia (“È quello vero!”) e lui le ha fatto passare la voglia di ridere: “Avremmo preferito essere consultati: noi non tendiamo la mano, non siamo mendicanti”. E subito alla premier è venuta una gran nostalgia dei due comici russi.

Quando Vittorio Sgarbi, pregiudicato dal ’96 per truffa aggravata e continuata ai danni dei Beni Culturali, fu promosso sottosegretario ai Beni Culturali, ironizzai: forse Meloni&C. vogliono dargli un’altra chance, o vedere quanto impiegherà a farsi tornare la tentazione. E lui mi prese così sul serio che in un anno riuscì a farsi indagare per sottrazione di beni al fisco e riciclaggio di un quadro rubato. E siccome la politica è la prosecuzione dell’ossimoro con altri mezzi, ieri è stato pure condannato per aver paragonato una sindaca onesta come Virginia Raggi al mafioso Vito Ciancimino (è lo stesso Sgarbi che, da sindaco di Salemi, promosse il suo autista assessore all’Antimafia, poi il Comune fu sciolto per mafia). Sempre scherzando, avevo domandato alla Meloni che altro debba fare un membro del governo per esserne cacciato, se Sgarbi è ancora al suo posto: tirarsi giù la patta in pubblico? L’altra sera, puntuale, Sgarbi s’è tirato giù la patta davanti alle telecamere di Report e ha pure augurato simpaticamente al cronista un cancro o un incidente stradale. E tutti zitti. Ora verrebbe da chiedere se per cacciarlo stiano aspettando che si cali in testa il vaso da notte, o direttamente il water delle dirette social. Ma rischieremmo di dargli un’altra idea.

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