Torna in primo piano la questione dei laboratori biologici USA, operativi in diverse repubbliche ex sovietiche, tutt’intorno ai confini della Russia.
In un’intervista a Ukraina.ru, ne ha parlato in questi giorni il politologo kazako Ajnur Kurmanov, rappresentante della Coalizione internazionale per la proibizione degli esperimenti e la diffusione delle armi biologiche, il quale afferma che i biolaboratori yankee attivi nelle vicinanze dei confini russi debbano essere considerati alla stregua di basi militari USA e NATO, con tutte le conseguenze da ciò derivanti.
L’occasione dell’intervista è data dalla notizia, diffusa dall’armena “Past”, sull’apertura dell’ennesimo laboratorio (il 13°) nella repubblica caucasica: questa volta nelle immediate vicinanze della base militare russa di Gjumri, nell’Armenia nordoccidentale.
A parere di Kurmanov, l’attivazione di questo nuovo sito (al pari dei 12 precedenti, completamente segreto) costituisce una ulteriore dimostrazione, da parte di Erevan, della propria volontà di distanziarsi da Mosca (pur continuando ad esserne, formalmente, alleata, nel ODKB) e mostrarsi vicina all’Occidente.
Per USA e NATO, l’Armenia costituisce un “fronte di riserva” per accendere nuovi focolai nell’area sudorientale, di fronte al fallimento ucraino: una spina puntata contro il sud della Russia.
Nel nuovo laboratorio armeno, quantunque le autorità rifiutino di fornire la minima indicazione, sembra che vi si studi antrace, peste, varie febbri e malattie caratteristiche della Transcaucasia.
Ma non c’è solo l’Armenia. Nel sud del Kazakhstan, nella regione di Žambyl, si parla dell’attivazione del settimo (su un totale di poco meno di trenta siti in tutto il paese) laboratorio biologico del 4° livello di pericolosità, denominato “BSL-4”, finanziato dalla Defense Threat Reduction Agency (DTRA) del Pentagono.
Pare che, in tutto il mondo, ci siano solo una dozzina di siti simili; viene realizzato insieme a un deposito sotterraneo per gli agenti patogeni quali virus Marburg, vaiolo, febbri latinoamericane, virus Ebola e altre malattie per le quali non esistono farmaci.
Secondo Kurmanov, in Kazakhstan di recente americani, britannici e tedeschi avrebbero lavorato su antrace, peste e tularemia. Si studierebbe la possibilità di utilizzare i cammelli quali portatori delle malattie più pericolose, lavorando anche su tipi di coronavirus che infettano gli animali in condizioni naturali; studi anche su febbri del Congo-Crimea e di Omsk.
Va detto che nel 2013, in Kazakhstan, gli americani avevano già raccolto zecche per la diffusione della febbre del Congo-Crimea. Poi, i biomateriali erano stati trasferiti per posta diplomatica in Georgia, al Centro Lugar, e qui sottoposti a “modernizzazione”; quindi, come atto di diversione biologica, rilasciati nel Caucaso settentrionale russo, provocando diversi casi letali.
Laboratori biologici USA sarebbero attivi anche in Uzbekistan e Tadžikistan e, senza bisogno dell’apertura di altri siti, in vari casi si utilizzano vecchie strutture di ricerca sovietiche, ovviamente su base DTRA.
Nell’area centroasiatica ex sovietica, secondo Kurmanov, la situazione epidemiologica è aggravata anche dal degrado dell’intero sistema sanitario (o di ciò che rimane dell’epoca sovietica) – assenza di vaccinazioni, chiusura di numerosi ospedali e policlinici – che si manifesta con la ricomparsa di malattie a suo tempo debellate.
Ciò costituisce un indubbio vantaggio per le attività dei laboratori USA e NATO, come è il caso della rinnovata diffusione del morbillo. Nel caso specifico, c’è ragione di ritenere che si tratti di una tipica sperimentazione sul campo, con l’utilizzo di ceppi tossici di morbillo mai registrati in queste regioni prima del 2016.
Si tratterebbe di due ceppi apparsi per la prima volta in Ucraina e successivamente in Kazakhstan, Kirghizija, ecc. Tra l’altro, quella del morbillo è una malattia molto utile ai fini militari. Fornisce un’eccellente possibilità di monitorare la velocità di diffusione di un’infezione, per verificare quanto siano in grado di affrontarla i sistemi sanitari locali coi vaccini a disposizione.
Un altro esempio è dato dalla peste suina africana, non tipica delle nostre latitudini, dice Kurmanov: i primi casi sono comparsi a metà del decennio scorso, con l’avvento dei nuovi laboratori. Un serio colpo fu inferto nel 2018-19 agli allevamenti suini russi e cinesi, con parecchi milioni di maiali che dovettero esser macellati.
Per quanto riguarda l’Ucraina (nel marzo 2022 aveva trattato l’argomento il comandante delle truppe di difesa radioattiva, chimica e biologica russe Igor’ Kirillov), sembra che anche là si stiano nuovamente attivizzando i laboratori biologici, con la presenza di ricercatori americani e tedeschi.
Si sono visti biologi militari della Bundeswehr negli ex siti militari sovietici della città di Šostka, dopo di che si è notata un’anomala diffusione di diversi tipi di zecche nelle aree di Brjansk, Belgorod, Kursk e Voronež.
In generale, sottolinea ancora Kurmanov, tali laboratori dovrebbero essere considerati alla stregua di basi militari USA e NATO, con la possibilità che vari agenti patogeni e virus vengano intenzionalmente diffusi, con danni irreparabili alla popolazione e all’agricoltura.
Nel caso del “BSL-4” in Kazakhstan, ad esempio, in presenza di una fuga da un deposito sotterraneo, con i venti che in quell’area soffiano principalmente verso la valle di Fergana, si verificherebbe un’autentica crisi umanitaria: il locale sistema sanitario, semplicemente, non sarebbe in grado di reagire, col risultato di un enorme flusso di rifugiati ai confini russi e cinesi.
Vale a dire, senza bisogno di un attacco militare diretto, Asia centrale e Caucaso diverrebbero un focolaio di continue epidemie, con milioni di appestati e di morti, economia e infrastrutture sociali distrutte.
Parafrasando il Victor Hugo de “Il Novantatré”, anche la guerra moderna, come «la Vandea serve al progresso. Le catastrofi hanno un oscuro modo di accomodare le cose»: in questo caso, per l’eternità.
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