martedì 30 gennaio 2024

E ora tocca al Libano per salvare il sionismo

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Israele ammassa proiettili al fosforo bianco al confine libanese tanto per non smentire le buone abitudini.

L’incendio in Medio oriente si va sempre di più allargando per una ragione che può sembrare paradossale, ossia il fallimento di Israele nell’ottenere una vittoria chiara a Gaza, anzi impantanandosi nella Striscia contro forze enormemente inferiori e arrivando a massacrare la popolazione civile. Tel Aviv  insomma appare debole e in qualche modo deve ristabilite quella deterrenza, quella immagine di forza necessaria a portare avanti il progetto sionista della Grande Israele, ma che è al tempo stesso il paradigma fondamentale di questo stato, che ha un carattere quasi religioso: un’ elaborata  matrice di radicale insicurezza dello spazio e dei diritti imposti ai non ebrei (cioè ai palestinesi), contro la piena forza di protezione e sovranità per gli ebrei. Questo  costituisce il paradigma universale a garanzia della sicurezza ebraica ed è proprio la forza con la quale si vuole imporre questo che è stata messa visibilmente in crisi il 7 ottobre scorso.

A questo punto la liberazione degli ostaggi e una trattativa con Hamas è fuori discussione vista la magra figura fatta finora dall’esercito israeliano e comunque non ristabilirebbe il modo con cui Israele viene percepito. La pace sarebbe l’inizio della fine per il sionismo stesso che si è alimentato sostanzialmente di paura e di finta sicurezza, qualcosa con cui anche noi conviviamo da quattro anni.   Per questo Netanyahu e il suo governo  hanno  bisogno di un’azione forte e vittoriosa non più a Gaza dove il disastro è già stato fatto ed è in qualche modo irrecuperabile, ma dove si pensa di poter davvero dimostrare la propria forza. Questa non è un’interpretazione, ma un tema di discussione generale in Israele e lo dice in maniera che più chiara non si può Zvi Hauser,un personaggio molto seguito nel Paese e per due volte membro della Knesset:

“Se il pantano di Gaza… porta la nostra leadership  a comprendere che non esiste la capacità di presentare una vittoria chiara su questo fronte che porti a un cambiamento strategico nella regione, devono considerare di cambiare fronte e di riaffermare l’immagine di Israele e la sua  deterrenza attraverso l’eliminazione della minaccia strategica in Libano… la vittoria contro una delle organizzazioni terroristiche più ricche e potenti del mondo – Hezbollah – può ripristinare la deterrenza nella regione in generale… Israele deve eliminare la minaccia dal nord e smantellare la struttura di potere che  Hezbollah ha costruito in Libano, indipendentemente dalla situazione nel sud. Senza la vittoria del sud, un risultato significativo del nord diventa ancora più importante”

Ciò che Hauser sta indicando non è tanto la salvezza di Israele, quanto quella del sionismo: tutto il  “bla-bla” dei leader mondiali è in gran parte un bluff, sta di fatto che il massacro di Gaza non dà certo agli israeliani un senso di vittoria; ma al contrario sta proliferando ampiamente una rabbia violenta per una sconfitta inattesa e considerata  “vergognosa”. In realtà è vergognoso il modo con cui si sta tentando di prevalere, ovvero le stragi di civili, ma in ogni caso si ha bisogno assolutamente di spacciare una qualche vittoria. Questo è assolutamente necessario   per salvare il governo e l’idea che il sionismo ha di Israele: di certo l’arrivo di aerei da trasporto americani carichi di armi in quantità incongrua rispetto a quella necessaria per le operazioni a Gaza,  certifica che le intenzioni sono quelle di aprire il fronte libanese. Mi sfugge però cosa dia a Tel Aviv tanta  sicurezza di poter ottenere una vittoria così  chiara ed inequivocabile nel Sud del Libano dove in passato gli israeliani hanno subito parecchi rovesci. Ma questi sono gli effetti degli errori e del panico che suscitano: rischiano di obnubilare del tutto il giudizio.

D’altra parte nemmeno Hamas ed Hezbollah possono ritirarsi dal momento che hanno liberato le energie collettive che covavano sotto pelle, un impulso che si sta allargando alla Cisgiordania; allo Yemen, all’ Iraq e oltre. I porti israeliani sono ora circondati e sotto assedio missilistico e le basi americane vengono bombardate dagli irakeni. Questo è soltanto uno dei fronti perché con l’estensione del conflitto e con l’Onu praticamente paralizzato,  i Brics giocheranno un ruolo  diretto e più importante delle Nazioni Unite, mentre in Europa e in misura minore negli Usa si svilupperanno forze centrifughe che peraltro sono in atto da tempo.. In questo nuovo contesto anche il ruolo di Israele dovrà necessariamente cambiare per evitare l’autodistruzione.

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