Venerdi mattina nel porto canale di Cagliari si è consumato l’ennesimo omicidio di un lavoratore portuale, Raffaele Marra operaio di 50 anni morto durante le operazioni di attracco.
Si
inaugura così il nuovo anno nei porti italiani dopo che solo il
30 dicembre nello scalo Barese Angelo Rossini aveva perso la vita anche
lui investito da un mezzo in movimento.
Mentre il tema della riforma portuale è finito in secondo piano, mentre i
sindacati complici proseguono nella loro “trattativa” silenziosa per il
rinnovo del contratto nazionale, nei porti si continua a morire. Perché
è proprio questa “normalità”, questa pace sociale sulle banchine,
voluta da armatori e terminalisti e sostenuta dai firmatari dell’ultimo
contratto nazionale, che ha portato a questa situazione. Nel silenzio
continua l’autoproduzione nei porti, si continua ad aumentare i carichi
di lavoro, si continua ad utilizzare la crisi (ieri il covid oggi la
guerra) per erodere diritti e conquiste ottenute in anni di lotte.
Prosegue la svendita delle banchine pubbliche agli armatori mentre
proliferano gli appalti a ribasso, con autorizzazioni art 16 date con
facilità dalle Autorità di Sistema Portuale.
Oggi il Ministro dei Trasporti era proprio a Cagliari. Non si è
neanche degnato di scendere dall’Hotel e percorrere qualche centinaio di
metri per andare di persona sul luogo dell’incidente. Ha pensato di
cavarsela con qualche dichiarazione di circostanza e un minuto di
silenzio. Ai lavoratori portuali non serve un minuto di silenzio.
Servirebbe invece un intervento deciso per limitare lo strapotere del
profitto privato in un settore strategico che dovrebbe tornare sotto il
controllo pubblico. Servirebbe l’approvazione di una Legge che
istituisca il reato di omicidio sul lavoro così come richiesto da decine
di migliaia di lavoratori e lavoratrici nel nostro paese. Serve il
riconoscimento del lavoro portuale come usurante ai fini pensionistici
Per ottenere tutto ciò c’è bisogno di un intervento sindacale diverso ed
incisivo. I portuali USB si sono già organizzati nei principali porti
del nostro paese. Abbiamo già organizzato una prima manifestazione di
fronte al Ministero e siamo pronti a mobilitarci ancora una volta per la
sicurezza, i diritti, una riforma portuale degna di questo nome.
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