martedì 1 agosto 2023

Gli unici terroristi a Cuba sono gli Stati Uniti

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Riproponiamo di seguito un’intervista di Stefania Maurizi su un prigioniero yemenita sopravvissuto letteralmente a 15 anni di torture del Campo di prigionia di Guantanamo.

Guantanamo è un carcere di massima sicurezza situato all’interno della base navale omonima. Tristemente nota per le continue violazioni della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri, essa si trova sul territorio cubano, situata nell’estremo oriente dell’isola.

Si tratta dunque formalmente di un’occupazione indebita di una porzione di territorio di uno Stato “libero e sovrano”, come piacerebbe definirsi agli States, su cui sono documentati numerosi e ripetuti casi di violazione dei diritti umani.

Il paradosso, uno dei tanti, sta nel fatto che due anni fa, nel gennaio del 2021, al termine della sua presidenza, Donald Trump inserì Cuba nella lista degli “Stati patrocinatori del Terrorismo”. Era stato Barack Obama a depennare temporaneamente l’isola dalla lista, 33 anni dopo la prima iscrizione effettuata dall’amministrazione Reagan (1982).

In due anni, la presidenza Biden non ha smentito la politica nei confronti di Cuba del predecessore repubblicano né su tale lista, né sulle centinaia di nuove misure economiche, commerciali e finanziare introdotte da Trump che hanno inasprito il più che sessantennale criminale blocco economico.

In realtà, come da sempre afferma il processo rivoluzionario cubano e tutto il mondo solidale con l’esperienza caraibica, i soli terroristi a Cuba sono proprio gli Stati Uniti, o gli anticastristi da questa finanziati, che nei decenni hanno tentato invano di abbattere la gloriosa Rivoluzione cubana.

Buona lettura.

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“Io, detenuto a Guantanamo per errore. Gli Usa mi hanno torturato per anni. E Ron DeSantis guardava”

Ha conosciuto l’inferno in terra. Dopo l’11 settembre, Mansoor Adayfi, un teenager yemenita, fu rapito dai signori della guerra in Afghanistan, dove si trovava come assistente ricercatore, e fu venduto alle forze americane per una taglia. Gli Usa lo trasferirono prima in una prigione segreta della Cia e poi a Guantanamo. Dal 2001 al 2016, ha conosciuto solo torture. Nel 2016 fu rilasciato senza alcuna accusa e deportato in Serbia, un Paese con cui non ha relazioni.

Oggi è grato alla Serbia per averlo accettato, permettendogli di lasciare Guantanamo, ma non parla la lingua, non ha nessuno, non può incontrare la sua famiglia. Lavora dalla Serbia per Cage, organizzazione che difende le vittime degli abusi della War on Terror.

Lo abbiamo incontrato a Oslo, dove è stato invitato a una conferenza. Per la prima volta dal 2001, ha potuto viaggiare, da qui la sua gratitudine per la Norvegia, che gli ha rilasciato un visto. Gli Stati Uniti gli hanno rubato i migliori anni della sua vita, ma non per lui: “I migliori devono ancora venire”.

Guantanamo e Ron DeSantis, ora candidato alle primarie repubblicane per le Presidenziali Usa 2024, appoggiato da Elon Musk. Cosa ricorda?

Avevo solo 18 anni quando mi vendettero alla Cia. Mi incatenarono, mi caricarono su un elicottero e mi portarono in una delle loro prigioni segrete in una base militare. Ero in un sotterraneo, nudo, seduto sul pavimento. Appena mi tolsero il cappuccio, vidi una fila di soldati che mi puntavano i fucili con i laser sulla testa: la mia mente non riusciva a capire.

Avevano due cani che abbaiavano forte contro di me. Ma i cani non mi preoccupavano, perché avevo lavorato come guardia di sicurezza in Yemen, per conto di un’azienda privata, nelle strutture diplomatiche olandesi e tedesche. Non è possibile lavorare come guardia in strutture diplomatiche senza un permesso speciale rilasciato dai servizi segreti dello Yemen. Io ce l’avevo.

E lo dissi agli americani: “Credete possibile che sia un terrorista, visto che vi guardavo le spalle? La vostra ambasciatrice veniva a giocare a tennis all’hotel Sheraton, dove alcune volte ho fatto il supervisore delle guardie”. Loro sapevano quelle cose. Nei mesi successivi, torture su torture.

Waterboarding?

Molte volte. Mi infilavano la testa in un secchio di acqua o, a volte, mi legavano una busta di plastica intorno al collo e la riempivano d’acqua. Poi hanno usato l’elettricità, in ogni parte del mio corpo. Ho detto tutto quello che volevano sentirsi dire, ma il problema erano i dettagli. “Hai fatto questo?”. “Sì, sì, ho fatto tutto”.

“Parlaci del tuo viaggio in Malesia”. Il problema è che non ero mai stato in Malesia. Volevo solo che smettessero di torturarmi. Ero un ragazzo, avevo momenti di orgoglio: resisterò. Poi altri: no, non ce la farò. Un giorno mi sottoposero a una falsa esecuzione, portarono un fusto e mi dissero: “Questo sarà la tua tomba”. Mi incatenarono, mi buttarono dentro e lo chiusero. Sentii: ta-ta-ta-ta, i colpi di fucile. Aspettavo di sentire il dolore delle pallottole.

Vivere la propria morte è peggio che morire: il cuore ti batte così forte, il cervello prepara il corpo a morire: ecco, ora, ora. Altre volte riempirono il fusto di acqua.

A Guantanamo lei ha incontrato Ron DeSantis…

Arrivò nel 2006, uno degli anni più brutti. Dopo che noi detenuti iniziammo un massiccio sciopero della fame per protestare contro le torture. Io ero uno dei principali organizzatori. Venne un nuovo team. Ron DeSantis era consigliere legale.

L’alimentazione forzata era già stata praticata prima, ma in modo professionale. Questa volta veniva fatta in modo brutale. Ci infilavano a forza dei grandi tubi giù per il naso, ci alimentavano cinque volte al giorno, lasciandoci legati per tutta la notte sulla sedia per la nutrizione forzata, mettevano i lassativi nelle sacche di cibo, cosicché ci facessimo tutti i nostri bisogni addosso. E venivamo lasciati così.

Una volta, durante queste torture, Ron DeSantis stava indietro, guardava, indossando gli occhiali da sole e l’uniforme militare: guardava me e il team della nutrizione forzata. Io vomitavo, perché quando si fa lo sciopero della fame, lo stomaco diventa molto piccolo.

Lui parlava, sorrideva e rideva, mentre io urlavo, piangevo, perdevo sangue. Sentivo la mia anima andarsene dal mio corpo. Il vomito usciva come una fontana. Vomitai addosso a lui e agli altri, sui loro vestiti e occhiali. Lui se li tolse. La seconda volta, se ne stettero a distanza e furono date loro delle protezioni.

Cosa accadrà se dovesse diventare presidente?

Vorrei dire una cosa al mio caro Ron DeSantis: sono qui per aiutarla, mi permetta di farlo. Lei non è qualificato per diventare il presidente degli Stati Uniti. È la carica più potente del mondo. Quell’uomo ha assistito alle torture. È una delle figure importanti che vuole tenere Guantanamo aperto.

Credo che tutto il mondo sia d’accordo che Guantanamo è sbagliato e qualcuno vuole tenerlo aperto? Che vuol dire? Che quel qualcuno non ha morale, non rispetta alcuna legge. È un avvocato, dovrebbe essere il primo a rispettare la Costituzione.

*da ilfattoquotidiano.it

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