domenica 27 agosto 2023

Inchiesta tedesca: “è stata Kiev a distruggere il gasdotto Nord Stream”.

Bastava forse la semplice logica, ma se c’è anche un’indagine forse è più chiaro.


L’attentato al gasdotti Nord Stream 1 e 2, che portavano il gas russo alla Germania (e di qui ad altri paesi europei), aveva chiaramente un solo obiettivo: troncare fisicamente una delle maggiori fonti di esportazione russe. E “pazienza” se nel far questo si danneggiava Berlino e l’Unione Europea in genere.

Dunque, come abbiamo scritto anche noi a quel tempo (meno di un anno fa!), potevano esser stati solo membri della Nato o aspiranti tali. Come il regime di Kiev.

Oltretutto il punto dell’attentato era praticamente “nei fondali attorno all’isola danese di Bornholm, in un’area solitamente sorvegliatissima da navi e aerei della NATO, essendo piuttosto vicina agli stretti del Kattegat e dello Skagerrak che collegano il Mar Baltico all’Oceano Atlantico.

E se la logica e la geografia convergono, è probabilissimo che si possa capire qualcosa.

Il premio Pulitzer Seymour Hersh attivò le sue “fonti” all’interno del Pentagono e giunse alle stesse conclusioni.

Ma la narrazione occidentale – a partire dall’inattendibile Ursula von der Leyen – gettò immediatamente la responsabilità sulla Russia, come se tagliarsi le vene (economiche) fosse la vera aspirazione del Cremlino. Che, ricordiamolo, il gasdotto lo aveva anche costruito e in gran parte finanziato…

Si attivarono centinaia di fabbricanti di falsi, autonominati o investiti della nomea di fact checkers, incaricati di smontare qualsiasi ipotesi più razionale. Vi consigliamo di rileggere Open, fondato e diretto da Enrico Mentana, per avere un riscontro tra i più penosi nel tentativo di “smontare” lo stesso Hersh.

Ma i fatti hanno la testa dura (proverbio inglese), e soprattutto gli interessi concreti. Non è dunque un caso che proprio nel paese più danneggiato dall’interruzione delle forniture di gas a basso costo – la Germania – abbia lentamente ma inesorabilmente preso forma l’indagine che porta a Kiev (e alla Nato).

Il settimanale Der Spiegel e la televisione pubblica Zdf hanno lavorato insieme e ora hanno pubblicato i risultati.

Le analisi dei metadati dei membri dell’equipaggio dello Yacht Andromeda, utilizzato dai presunti attentatori per trasportare l’esplosivo e deporlo sui fondali, in prossimità dei gasdotti Nord Stream, proverebbero infatti che questi, prima e dopo il sabotaggio, si trovavano effettivamente in Ucraina.”

A riferirlo è, in Italia, l’agenzia di stampa Agi. Di proprietà dell’Eni, che qualcosina capisce del mercato degli idrocarburi.

Nell’inchiesta congiunta, i reporter del settimanale e del secondo canale tedesco citano fonti della Procura generale e dell’Ufficio federale anticrimine di Wiesbaden, che da mesi indagano sull’attentato inizialmente attribuito ai servizi segreti russi.

Der Spiegel peraltro già a maggio, in una prima ricostruzione del fatto basata su fonti investigative tedesche, si era detto “quasi certo” della traccia ucraina. “Nelle indagini sugli attentati compiuti con esplosivi ai gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico – aveva scritto in quell’occasione – ci sono sempre più indicazioni che gli autori siano ucraini”.

Un segreto di pulcinella, insomma. Ma tenuto sotto tutela per quai un anno, viste le grosse implicazioni politiche.

Non è “carino” – diciamo così – che un paese sostenuto con soldi, armi, consiglieri, istruttori, ecc, morda la mano di uno dei principali sostenitori (Berlino, appunto) pur di perseguire i propri obiettivi unilaterali. In una alleanza, normalmente, si lavora per compromessi, in modo da non danneggiarsi l’un l’altro.

E, in primo luogo, non è “corretto” utilizzare la libertà di movimento concessa in ambito Nato agli agenti dello Sbu ucraino per danneggiare il principale paese europeo della Nato.

L’inchiesta è arrivata a conclusioni così certe da costringere persino il governo tedesco a scuotersi dal suo obbligato torpore.

Oggi i sospetti si sono ulteriormente rafforzati tanto che la ministra degli Interni tedesca, Nancy Faeser, reagendo alle nuove rivelazioni ha assicurato di voler fare “piena luce” sui retroscena dell’attentato, auspicando l’apertura di un processo contro i presunti responsabili, “chiunque essi siano”.

Ci crediamo ovviamente poco, ma è indubbio che anche questa notizia alimenta quel profondo senso di insoddisfazione “occidentale” per come procede la guerra e, in primo luogo, per la disinvoltura con cui Kiev pretende sia alimentata – con soldi e armi Nato – ogni sua esigenza, senza rispettare gli interessi altrui.

Secondo le due testate giornalistiche tedesche, dopo aver fatto esplodere i gasdotti, il commando avrebbe dovuto colpire anche il gasdotto Turk Stream, che collega Turchia e Russia attraverso il mar Nero.

Ma lì, evidentemente, la libertà di movimento per i servizi ucraini deve essere stata assai minore…

Nessun commento:

Posta un commento