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La carta stampata continua a perdere lettori: i dati ADS di maggio 2023 confermano il trend negativo che affligge i quotidiani italiani da anni. Le copie effettivamente vendute e pagate dai singoli lettori, sia in edicola che in abbonamento digitale, sono diminuite del 10% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, attestandosi a poco più di un milione. Un dato che fa riflettere sul futuro del giornalismo e sulla sua capacità di informare e formare l’opinione pubblica. Ringraziamo Startmag e il Post per i dati.
L’elenco del numero di copie vendute è veramente disarmante, soprattutto se per lavoro si fa il giornalista mainstream:
Corriere della Sera 175.084 (-4%)
Repubblica 99.302 (-10%)
Stampa 72.623 (-11%)
Sole 24 Ore 57.194 (-6%)
Resto del Carlino 56.572 (-11%)
Messaggero 48.838 (-7%)
Fatto 40.016 (-11%)
Nazione 36.782 (-10%)
Gazzettino 34.986 (-6%)
Dolomiten 28.406 (-6%)
Giornale 27.856 (-10%)
Messaggero Veneto 26.686 (-7%)
Verità 24.578 (-18%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.536 (+15%)
Avvenire 15.561 (-9%)
Manifesto 12.594 (-1%)
ItaliaOggi 9.229 (-3%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Repubblica scende sotto le 100 mila copie, mostrando come l’influenza di GEDI sia ormai ai minimi. Tra questi, il Fatto è quello che ha subito la contrazione maggiore (-11%), seguito dal Giornale (-10%), che si attesta a 48.976 copie. La Verità, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, ha perso il 18% delle sue vendite in un anno, scendendo a 38.839 copie. Il motivo potrebbe essere la fuga di alcuni lettori verso Libero, l’unico giornale che ha registrato una crescita nel 2022 (+15%), passando da 29.496 a 33.920 copie. Libero ha condotto una campagna molto critica nei confronti dei novax e delle misure restrittive adottate dal governo per contrastare la pandemia e quindi aveva perso una buona fetta dei propri lettori in quel periodo a favore de La Verità, con posizioni molto più liberali. Ora però questo effetto si sta esaurendo e il giornale di Belpietro dovrebbe analizzare i desideri della sua potenziale clientela.
Il numero reale di abbonamenti online è ancora più scoraggiante. Se considerariamo gli abbonamenti con copie non regalate, cioè con un prezzo pari almeno al 30% del prezzo di listino, abbiamo:
Corriere della Sera 43.593
Repubblica 26.112
Sole 24 Ore 23.410
Fatto 19.393
Stampa 8.984
Gazzettino 6.295
Manifesto 6.120
Quella che doveva essere una manna per i giornali, gli abbonamenti digitali, si è rivelata in realtà una fonte di reddito minima, insufficiente a reggere i conti economici dei giornali: 1.622 abbonamenti digitali pagati almeno il 30% per Avvenire, 1.413 per il Giornale, 1.328 per la Verità, 1.371 per Libero, 2.533 per la Gazzetta dello Sport. I tre quotidiani Monrif (Giorno, Resto del Carlino, Nazione) ne dichiarano complessivamente 2.043.
Tra i quotidiani locali, i più venduti sono la Gazzetta del Mezzogiorno (41.519), il Corriere del Veneto (40.996) e il Corriere Fiorentino (40.205). Tuttavia, anche questi hanno subito una diminuzione delle loro vendite, così come tutti gli altri titoli regionali. Tra i più colpiti ci sono il Tirreno (-17%), la Gazzetta di Parma (-13%) e il Centro di Pescara (-14%)1.
Un sistema che non può reggere
Il sistema informativo italiano quindi ha dei grossi problemi economici. Evidentemente il prodotto che sfornano non esalta i lettori che se ne stanno andando o, comunque, non vogliono pagare per qualcosa che, evidentemente, apprezzano poco. Del resto la riduzione del reddito disponibile non fornisce alle famiglie risorse per pagare l’informazione. La transizione verso il digitale, che è riuscita ai giornali USA, è fallita qui in Italia, oppure la base di pubblico non era sufficiente.
Questo rende l’editoria misera da un lato, e sottomessa al potere politico, che controlla il portafoglio dei contributi editoriali,, dall’altro. E, francamente, questo si vede molto chiaramente nel prodotto.
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