Si sperava che la morte
presunta di Prigozhin placasse per qualche giorno i complottisti
dell’anticomplottismo altrui. Invece niente: più complotti di prima.
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano)
Repubblica, che li alleva come avannotti, apre la prima pagina con tre
foto segnaletiche di una bionda signora russa, Natalia Burlinova Wanted
by the Fbi, e un titolo inequivocabile: “L’agente russa ricercata negli
Usa reclutava in Italia”.
Roba grossa, che fa il paio con lo scoop di un
anno esatto fa: “Una spia russa nella Nato in Italia”, “Il dossier: un
terzo dei diplomatici del Cremlino in Italia sono 007”, “L’offensiva
dello Zar”, “Feluche e marinai: l’assalto all’Italia degli agenti di
Putin” (Rep, 26.8.’22).
Si era scoperto che da dieci anni i russi
avevano nientemeno che una spia in Italia: una certa Adela. Che,
incredibile ma vero, “telefonava a Mosca”.
L’indomani nuovi
agghiaccianti particolari: “Spie russe, la rete di Adela”, “Di Maio:
ombre sulle elezioni, il nemico è già qui, la Lega sta con loro”. Il 28
altri ancora: “Soldatov (esperto di intelligence russa): ‘Olga cercava i
segreti degli ufficiali. Per spiare la Nato il Gru ha budget
illimitato’”.
Sì, Olga: perché – scoop sullo scoop – Adela si chiamava
Olga (o viceversa). Poi, purtroppo, non se ne seppe più nulla.
Ora c’è Natalia, che già nel cognome evoca la beffa: Burlinova. Che
fa nella vita? Insegna a Mosca, ha fondato una Ong che, per occultare le
sue mire top secret, dichiara nel suo sito di voler “promuovere gli
interessi nazionali russi”, “organizza ‘Meeting Russia’”, “pubblica una
rivista con lo stesso nome” e “dice di finanziarsi con i sussidi del
Presidential Fund del Cremlino”. Insomma, un genio del camuffamento che,
per soprammercato, “partecipa a conferenze di alto livello sulla
politica estera” in Occidente e “ospita a Mosca studiosi o giovani
leader italiani” (quali, non è dato sapere).
L’Fbi ha scoperto che
“lavora con il Fsb, uno dei famigerati successori del Kgb, per reclutare
complici occidentali disposti a diffondere la propaganda del Cremlino” e
– udite udite – “magari a spiare”. Apperò. Così è stata sventata la
“nuova operazione di vasta scala organizzata dalla Russia per
interferire con le nostre democrazie, Italia inclusa”.
Già, anche
l’Italia: “Nel 2007 Burlinova aveva ospitato la giornalista Maria
Michela D’Alessandro, presentata come studentessa, all’università di San
Pietroburgo, nel 2019 Karolina Muti, ricercatrice dello Iai e nel 2021
Eleonora Tafuro dell’Ispi” e “nel 2019 ha organizzato un seminario a
Milano con l’Ispi”.
Tutte notizie che, per nascondersi meglio, ha
comunicato lei stessa nel sito della sua Ong: una volpe.
È così che,
senza farsene accorgere, è riuscita a “infiltrare alcuni dei più
autorevoli centri di ricerca sulla politica estera”. Perbacco.
Il fatto che Iai e Ispi, presieduti da Nathalie Tocci e da Giampiero Massolo, siano più antirussi e atlantisti della Cia e dell’MI6 non deve ingannare: fanno finta per non destare sospetti.
Il fatto poi che le
conferenze non si tenessero nelle catacombe, ma in apposite sale aperte
al pubblico, ha una facile spiegazione, almeno per Rep: “Spesso gli
individui presi di mira non sono consapevoli di esserlo”. Spìano, ma a
loro insaputa.
E poi si spera che nessuno vorrà negare la diabolica
persuasione occulta di massa delle tre reclute di Natalia: chi non
conosce Maria Michela D’Alessandro, Karolina Muti ed Eleonora Tafuro?
Noi, per dire, non scriviamo una riga senza consultarle.
È così che “si
forma il consenso filorusso che abbiamo visto all’opera in Italia
dall’invasione dell’Ucraina in poi”. È vero che l’invasione è del 2022,
mentre gli Erasmus di Natalia vanno dal 2017 al 2021, ma non sarà certo
una banale discrepanza di date a rovinare la spy story.
Tantopiù che,
mentre la Mata Hari batteva la fiacca proprio quando serviva di più,
l’aveva sostituita Olga detta Adela o Adela detta Olga.
E ora chi sarà la nuova testa di ponte di Putin in Italia?
E ora chi sarà la nuova testa di ponte di Putin in Italia?
Ma il
generale Roberto Vannacci, naturalmente. È sempre Rep a rivelarlo in
un’intervista a una fonte quantomai autorevole: Fabrizio Cicchitto, ex
Psi, FI, Ncd, Ap, ma soprattutto P2 (tessera 2232). Ricorda di essere
stato “fra i primi a comprendere la pericolosità di Putin” (infatti era
il braccio destro di B.). Poi spiega che grazie a Draghi e Meloni
l’Italia, prima colonia russo-cinese, “è diventata punta di diamante
dell’atlantismo” già caro a Gelli. Infatti “non credo che non ci sia
stata un’influenza” russa già nella “caduta di Draghi voluta da 5Stelle,
Lega e FI, forze che peraltro non l’hanno voluto alla presidenza della
Repubblica” (e non li hanno ancora arrestati).
Quindi ha stato Putin:
“Meloni diventa filo-Usa” e lui vuole “spaccare la maggioranza” e
“piazzare elementi contrari all’ortodossia atlantica (sic, ndr) al
prossimo Europarlamento”. Ergo “Vannacci rappresenta il tentativo di
un’operazione” (qualunque cosa voglia dire), “al di là della scrittura
del libro” (il fatto che non sia proprio in italiano farebbe pensare a
una frettolosa traduzione dal cirillico).
Già, perché “Vannacci faceva
delle operazioni speciali” (anche lui): “non è uno sprovveduto, per
questo ci vedo una mano, un disegno”. Del resto “Putin è stato il primo
leader mondiale a capire la capacità di condizionamento e di
destabilizzazione delle liberaldemocrazie con un uso spregiudicato di
Internet”.
Non a caso Google, Facebook, Amazon, WhatsApp, Instagram e
Twitter sono nati tutti nei migliori garage di Mosca e di San
Pietroburgo. Con la buonanima di Prigozhin ai fornelli.
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