I 9 o 10 euro orari come salario minimo oggi al centro dello scontro politico sulla base di due diverse proposte (una Pd/M5S/, l’altra di Usb/UP), cambierebbero la condizione retributiva per un numero decisamente alto di lavoratori dipendenti italiani.
contropiano.org
Si calcola che nel 2019, il 24% dei lavoratori e lavoratrici è risultato occupato con un salario orario medio inferiore a questo livello. Ma disaggregando il dato su base regionale e della dimensione delle imprese, le percentuali di salari sotto il salario minimo diventano ancora più pesanti nel Meridione e nelle piccole imprese.
Nelle regioni meridionali, la percentuale di lavoratori occupati con salari orari sotto i €9 ha raggiunto nel 2019 picchi del 37% in Campania, del 35% in Calabria, del 32% Sicilia e del 33% in Puglia.
Nelle regioni settentrionali la stessa percentuale si è invece fermata a circa il 20%, con oscillazioni tra l’14% del Trentino e il 20% del Piemonte e dell’Emilia Romagna.
Nel 2019, circa il 36% dei dipendenti privati occupati nelle imprese con meno di 11 addetti è risultato occupato con un salario orario medio sotto la soglia dei €9, percentuale che scende al 25% per gli occupati in imprese con un numero di dipendenti compreso tra i 11 e i 50.
Per le imprese più grandi la percentuale scende invece sotto la soglia del 20%.
Questi
dati confermano come la battaglia sul salario minimo sia decisiva per
invertire le crescenti disuguaglianze sociali e contrastare il boom del
lavoro sottopagato. Il chiacchiericcio con cui le forze di governo
negano tale realtà e si oppongono alla introduzione del salario minimo,
nasconde la volontà di continuare a fare dell’Italia un paese a bassi
salari in nome della competitività e di immaginarne un futuro da
“cameriere” per il turismo di massa internazionale.
Fonte dei dati: Nuovo Mondo Economico
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