lunedì 27 febbraio 2023

Il nono anniversario della guerra in Ucraina di Manlio Dinucci

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Siamo non al primo ma al nono anniversario della guerra in Ucraina, scatenata nel febbraio 2014 con il colpo di stato sotto regia USA-NATO. Parlando da Varsavia, il presidente Biden promette di “essere a fianco del presidente Zelensky qualunque cosa accada”. Gli fa eco la presidente Meloni che, capovolgendo la posizione assunta nel 2014, assicura a Zelensky che “l’Italia sarà con voi sino alla fine”. Dichiarazioni inquietanti, data la reale possibilità che il conflitto sfoci in una guerra nucleare, che costituirebbe la fine non solo dell’Europa ma del mondo. L’Ucraina è in grado di produrre armi nucleari e sicuramente, a Kiev, c’è chi persegue tale piano.

Lo conferma il New York Times: “L’Ucraina ha rinunciato a un gigantesco arsenale nucleare 30 anni fa. Oggi ci sono rimpianti”. Con la disgregazione dell’URSS nel 1991, l’Ucraina si è trovata in possesso del terzo arsenale nucleare più grande del mondo: circa 5.000 armi strategiche e tattiche. Sono state rimosse negli anni Novanta in base ad accordi tra Stati Uniti, Russia e Ucraina. Non è stata però rimossa la capacità tecnologica acquisita dall’Ucraina nel campo nucleare militare durante il confronto USA-URSS.

“L’Ucraina – avverte il presidente Putin - intende creare proprie armi nucleari, e non si tratta di un semplice vanto. L’acquisizione di armi nucleari sarà molto più facile per l’Ucraina rispetto ad altri Stati, che stanno conducendo tali ricerche, soprattutto se Kiev riceverà un supporto tecnologico straniero. Non possiamo escludere questo. Se l’Ucraina acquisisce armi di distruzione di massa, la situazione nel mondo e in Europa cambierà drasticamente”

In quali mani sarebbero le armi nucleari ucraine, lo conferma il fatto che Zelenskyy ha appena conferito alla 10ª Brigata d’assalto ucraina “il titolo d’onore Edelweiss”: lo stesso nome e simbolo di una delle più feroci Divisioni naziste. la 1ª Divisione Edelweiss, che nel 1943 massacrò a Cefalonia oltre 5 mila soldati italiani che si erano arresi.

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