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Troppo spesso capita di accreditare sussurri e grida che nascono dal profondo occidente come nuove e più moderne forme di cultura quando in realtà non rappresentano che l’assenza di una cultura, ormai scomparsa dentro una teologia neo liberista che non consente altra logica se non quella emotiva. Non si potrebbe comprendere altrimenti ciò che è successo con Greta Thunberg, ormai sempre più confusa, che nei giorni scorsi ha guidato una protesta contro le turbine eoliche costruite su terreni tradizionalmente utilizzati dai Lapponi o Sami che vi fanno pascolare le loro mandrie di renne. In preda ad evidente delirio da abuso di stupefacenti climatici ha detto : ““I diritti degli indigeni, i diritti umani, devono andare di pari passo con la protezione del clima e l’azione per il clima. Questo non può accadere a spese di alcune persone. Allora non è giustizia climatica”, Da questo se ne deduce che i cosiddetti “indigeni” hanno più diritti dei locali di non vivere in mezzo alle torri e alle eliche dei mulini a vento. Sempre che i Sami possano dirsi indigeni rispetto alle popolazioni ugrofinniche della parte orientale della Scandinavia e non semplicemente l’espressione agropastorale residua delle stesse. Ma in realtà il “grido di dolore” di Greta si occupa prima ancora delle popolazioni umane che delle popolazioni umane della condizione psicologica delle renne che vengono spaventate dalle pale eoliche.
Ora per quale motivo solo le renne e i Lapponi avrebbero diritto a non vivere accanto alle mostruose pale eoliche, mentre tutti gli altri le debbono subire? Quale sostanza può avere un allarme climatico che si ferma di fronte alle renne che tra l’altro essendo ruminanti, fanno un bel po’ di peti che come ci viene detto con aria esoterica e senza il mimo accenno di ironia, sono pericolosissimi per il clima? Perché dovremmo fare a meno dei bovini sostituendoli con vermi e grilli quando poi rinunciamo persino alle rinnovabili, ovvero al sacro totem del climatesimo catastrofista, di fronte alle renne e ai Lapponi? Questo non è frutto sacco di Greta che peraltro deve essere tremendamente vuoto perché la sua protesta riguardava il non rispetto di una sentenza della Corte suprema norvegese secondo la quale i parchi eolici violavano i diritti dei Sami. E adesso c’è il problema di come smontare 151 turbine che davano una quantità di energia teorica sufficiente per 100 mila case e di disfare le decine di chilometri delle strade di servizio costruite per la manutenzione. Una domanda tutt’altro che peregrina perché tutti questi impianti, la loro fabbricazione e messa in opera, la loro manutenzione e ora il loro smontaggio non sono hanno avuto un costo stratosferico rispetto all’uso pratico, ma probabilmente, hanno prodotta molta più di Co2 di quella che hanno fatto risparmiare. A parte questo è ben noto come parchi eolici distruggono le culture rurali e gli stili di vita dei territori i cui sorgono e dunque ci si dovrebbe domandare perché queste persone non contano nulla. Ora che le minoranze abbiano comunque più diritti delle maggioranze è uno dei concetti cardine della mentalità ” sveglia” per così dire, specie se poi se queste minoranze sono così pittoresche e primitive come i Sami nelle cui scuole elementari viene insegnato come spolpare perfettamente una testa di renna così che i bambini sono costretti a trafficare con crani sanguinolenti. invece che con l’abbecedario. Peccato che essi abbiamo poi il maggior numero di motoslitte dell’intera Europa e producano Co2 esattamente come tutti gli altri allevatori.
Questo dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, che la mancanza di senso dei vari pretesti usati per ottenere un cambiamento sociale regressivo, fa sì che i diversi “strumenti” di persuasione, di diffusione della paura paura o le astruse rivendicazioni di ” diritti umani” speciali e particolari, sono come uno dei quei lego magnetici: i vari pezzi, essendo frutto di narrazioni o false, inconsistenti o con i eterogenei, , si possono attaccare tra di loro come si vuole, senza criterio e senza logica perché faranno comunque la loro figura presso i renitenti alla conoscenza e all’intelligenza
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