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“In futuro elimineremo l’anima con la medicina. Con il pretesto di un ‘punto di vista scientifico’, ci sarà un vaccino con il quale il corpo umano verrà trattato il prima possibile direttamente alla nascita, in modo che l’essere umano non potrà sviluppare il pieno pensiero dell’esistenza, dell’anima e dello Spirito.” (Rudolf Steiner)
La questione qui proposta si deve considerare scevra da ogni forma di moralismo in termini di profitti e di interessi economici. Sappiamo che ci sono e che sono enormi, oggi più che mai, grazie all’attuale vaccinazione di massa. Ma non è questo il punto. Ciò su cui mi preme riflettere è invece la portata che la Scienza Medica Occidentale Allopatica ha potuto e soprattutto può avere su ciò che James Hillman avrebbe descritto con la celeberrima espressione “Fare Anima”, ossia, per dirlo in altri termini, quale tipo di contributo allo sviluppo del potenziale umano in termini di evoluzione psichico-esistenziale ha fornito la Medicina Moderna, soprattutto alla luce degli ultimi sviluppi legati alla presente “Pandemia”?
Fenomenologicamente parlando, guardandoci intorno e soffermandoci sull’esemplare umano medio con mascherina all’aperto, sotto il sole cocente, assembrato per ore fuori dall’hub vaccinale, in attesa di farsi inoculare un siero sperimentale di cui si ignorano gli effetti a medio e lungo termine, saremmo tentati di rispondere immediatamente con un certo sconforto e preoccupazione. Ma prima di rischiare di giungere a conclusioni azzardate, cerchiamo di argomentare a partire da un sintetico excursus sulla parola “Anima”, considerando le numerose e complesse stratificazioni storico-culturali che la caratterizzano.
Letteralmente essa ha a che fare anzitutto con “ciò che ci anima”, ossia la spinta o, meglio ancora, il soffio vitale che ciascuno riceve nel momento della sua venuta al mondo e che permette lui di respirare, muoversi, interagire, amare, creare progetti, perseguire obiettivi. In origine il termine greco Psyché così come l’ebraico Nephesh significano appunto semplicemente “Respiro”: il corpo muore, ossia esala il suo ultimo respiro, quando Psyché lo abbandona.
Dopo l’epopea omerica, però, la parola Psyché con Platone acquista un altro significato, in netta contrapposizione al corpo-soma, definito dal filosofo greco il carcere dove è costretta a giacere l’anima: mentre il primo è perituro, per cui nasce, cresce e muore (“polvere siamo polvere ritorneremo” come ci ricorda anche la Genesi biblica), l’Anima non nasce e non muore, poiché immortale. Scintilla divina connessa allo Spirito. La lettura platonizzante del Nuovo Testamento apre le porte a un dualismo sempre più pronunciato tra Corpo mortale legato alla Terra e Anima Immortale legata al Cielo. Da questo sfondo filosofico-culturale, caratterizzato da una così netta contrapposizione, emergerà, in epoca moderna, grazie a Galileo Galilei e a Cartesio, la rigida distinzione tra Res Extensa intesa come Materia in termini di mera Quantità e Res Cogitans concepito come intelletto, o meglio come Ragione-Ratio, intesa come facoltà ipotetico-deduttiva, sfociante infine, all’interno di un’ottica prettamente utilitaristica, in calcolo costi-benefici, mentre all’interno di un’ottica scientifica, in calcolo delle probabilità.
Nel corso di questi importanti passaggi storico-culturali, anche il concetto di Verità muta, a partire dall’origine dell’Evidenza Ri-Velatoria che si-disvela (Aletheia), deteriorandosi poi come Conformità di qualcosa al mio Intelletto (Adaequatio Rei et Intellectus), riducendosi ulteriormente in epoca moderna a semplice certezza di tipo individuale e inter-soggettivo, risultando infine, nella cosiddetta età post-moderna, come la probabilità più probabile all’interno di un campo morfico inter-relazionale in continuo divenire.
Detto questo, la nostra Anima, coincidente con la nostra spinta vitale più autentica ed essenziale, punta irriducibilmente alla prima accezione di Verità, a partire ovviamente dalla propria soggettività, nel tentativo di ricordare chi da sempre è, agognando la ri-unione con il proprio Daimon per realizzare il suo Telos (quello che sto dicendo viene espresso in maniera sublime e suggestiva nel celebre “Mito di Er” narrato da Platone nel X Libro de “La Repubblica”, poi ripreso come grande tema da James Hillman nel suo “Il Codice dell’Anima”).
L’Anima dunque sente di essere nel mondo pur non essendo solo del mondo. Il suo operare è qui, mentre la sua terra di origine è là, oltre la coltre delle nuvole nel cielo. La facoltà di Immaginazione, così preziosa e oramai così rara, ci permette di unire le due sfere, i due mondi, la terra e il cielo. Ciò che vedo e tocco qui, nella cosiddetta realtà, è cifra di qualcos’altro e trova un corrispettivo simbolico in ciò che Platone indicava come Mondo Iper-Uranico delle Idee eterne.
Dunque, quando “facciamo anima” ci nutriamo di ciò che va oltre noi stessi, seppur ci appartenga da sempre, ma per scoprirlo occorre trascendere noi stessi attraverso l’Altro. A questo proposito, il grave problema della Medicina Occidentale Moderna, nata e sviluppatesi nell’alveo del rigido dualismo cartesiano citato qui sopra, è rappresentato dal fatto che, pur trattando la Salute di un essere come l’umano, il quale non può essere ridotto a mero Soma, in quanto unità complessa di corpo, anima e spirito, che manifesta la sua presenza su molteplici livelli, non riesce e non può per sua stessa natura ontologica considerare tutto ciò che va oltre il misurabile in termini di, per citare Guénon, Regno della Quantità.
Ben diverso e non certo da ora, visto che parliamo di tradizioni millenarie, il discorso che si potrebbe fare riguardante la Medicina Cinese e la Medicina Indiana. A dire il vero anche in Occidente, risalendo agli antichi testi orfico-ermetici e ri-considerando l’approccio “olistico” di Ippocrate e Galeno, potremmo ri-scoprire una sopraffina Arte Medica nei confronti dell’essere umano contemplante anche l’Anima nel suo dis-velarsi. Ecco che nuovamente si tratta di uscire dalla turpe logica del Progressismo, per tornare alla Tradizione, integrandola naturalmente con le più avanzate scoperte e innovazioni tecnologiche.
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