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Ogni giorno che passa è evidente l’uso strategico della pandemia. Una colossale operazione politica per spianare la strada e giustificare un cambio di regime. Nel loro delirio di onnipotenza, le élite neanche hanno il pudore di nasconderlo, lo chiamano “Grande Reset”. Non si tratta solo di mutamenti della forma di dominio. Né si tratta di una ciclica ristrutturazione di un sistema grippato. Il piano è più ambizioso, è la costruzione di un nuovo e spaventoso sistema sociale.
Chi non lo ha capito, non chieda domani perdono. Coloro che fanno finta di non capirlo e che anzi aderiscono alla crociata dell’élite dominante, dovranno essere spazzati via. Un caso al limite del grottesco è quello di Stefano Fassina.
Egli giustifica il passaporto vaccinale, che istituisce un vero e proprio meccanismo di segregazione e controllo sociale, spacciandolo addirittura come un rimedio contro l’individualismo liberista e un mezzo per celebrare un ritrovato spirito comunitario e solidaristico. Certi sinistrati dichiarano guerra non solo al nascente movimento di resistenza, si stanno dando al dileggio dell’allarme lanciato da filosofi come Agamben e Cacciari.
Per un Fassina che racconta cazzate, c’è per fortuna un Angelo Panebianco il quale giustifica il passaporto sanitario con ragioni opposte, e fornisce, da liberista qual è, un giudizio più onesto del nuovo movimento d’opposizione.
«I suddetti gruppi [si riferisce ai cittadini che si stanno mobilitando contro la “dittatura sanitaria, Ndr] pensano al popolo come se fosse un’entità reale, la quale per giunta, proprio come fa ciascuno di noi, «pensa», «desidera», «vuole». Se il popolo è così inteso e si assume che esso conti assai più dei singoli individui, spetta allora a chi si è autoproclamato interprete della sua volontà agire di conseguenza. E pazienza se, per realizzare tale volontà, si passa come rulli compressori sui corpi e sulle vite delle singole persone. Se non che, il popolo come loro lo intendono non esiste, è un’astrazione. Essendo inesistente non ha bisogno di avvocati né di tribuni. Esistono invece le persone, gli individui».
“Il popolo non esiste”, afferma questo liberal-liberista tutto d’un pezzo. Egli non solo disprezza come “totalitaristica” la tradizione filosofica rivoluzionaria (da Rousseau a Marx, passando per Hegel), getta alle ortiche le radici democratiche del movimento operaio e socialista, così giustificando le enormi responsabilità del liberalismo nell’aver permesso e sostenuto le dittature fascista e nazista. E così Panebianco coglie nel segno quando considera che la corrente ideale di gran lunga maggioritaria tra chi scende in piazza questi giorni è certo un precipitato della recente “rivolta populista”, ma si muove sul solco delle secolare tradizione politica delle classi subalterne.
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Per tornare all’inizio del nostro discorso, a indicare fino a che punto sia radicale il piano strategico dell’élite e quanto esse siano decise a procedere nel loro piano eversivo, cade a fagiolo un editoriale di Marcello Sorgi su LA STAMPA di oggi (29 luglio).
La profezia è inquietante. Il Sorgi, alla fine di un sofisticato discorso sugli scenari possibili in caso di caduta del governo Draghi, così conclude:
«Ma metti anche che, in un intento suicida, gli stessi responsabili delle dimissioni [di Draghi, Ndr] insistessero per mandare a casa il banchiere, giocandosi la fiducia dell’Europa e i miliardi di aiuti di cui sopra, al Presidente della Repubblica non resterebbe che mettere su un governo elettorale, FORSE PERFINO MILITARE, com’è accaduto col generale Figliuolo per le vaccinazioni. A mali estremi, estremi rimedi. Anche se non è affatto detto che ci si arriverà».
Nella rubrica delle affermazioni di inaudita gravità, questa fa il paio con quella di Draghi che chi non si vaccina è un killer che porta e diffonde morte.
Certo, “non è affatto detto che ci si arriverà”, ma intanto siamo stati tutti avvertiti: i dominanti sono disposti a tutto pur di realizzare il loro progetto.
Ed è proprio come dice Sorgi: a mali estremi, estremi rimedi.
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