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Il paradosso islandese
A cosa servono le inoculazioni?
L’Islanda, una isola di circa 340.000 abitanti che dall’inizio di questa situazione ha fatto registrare 30 morti e meno di 8.000 positivi, si trova in una situazione che non avrebbe potuto immaginare.
A fine Giugno, queste sono state le parole pronunciate dal ministro della Salute, Svandís Svavarsdóttir
“L’agenda per il programma vaccinale è stata completata, così come quella per la rimozione sulle restrizioni per gli assembramenti. Stiamo riconquistando quel tipo di società in cui ci sentiamo nella normalità, e aspettavamo questo momento dal momento in cui sono state promulgate le prime restrizioni più di un anno fa, dal Marzo 2020.”
Si, in Islanda la quasi totalità delle persone vaccinabili ha già ricevuto la seconda dose: sono rimasti fuori soltanto gli U16, risparmiati dalle politiche ministeriali che hanno detto no alla inoculazione di questa fascia d’età, come ci riporta il sito islandese dedicato al covid. Interessante come i portali dedicati alle statistiche non abbiano incluso nel conteggio anche questa scelta, perché noi possiamo vedere come la percentuale sia superiore al 70%, ma è rapportata al totale della popolazione! Quelle 70 mila persone che non si sono inoculate, rientrano nella fascia 0-15.
La rimozione delle restrizioni a livello nazionale è avvenuta il 26 Giugno, e 5 giorni dopo sono state rimosse alcune limitazioni per l’ingresso nel paese. Infatti, dal 2 Luglio,
riaperte senza restrizioni le frontiere per gli inoculati, e non so
quanti altri stati al mondo abbiano permesso l’accesso con ben 8 preparati diversi: l’importante è averlo fatto no?
Cambio di rotta: le parole del capo epidemiologo
Tutti vaccinati, non ci sono più casi, limitazioni rimosse: sembra l’inizio di un momento migliore per l’Islanda.
Neanche 4 settimane dopo, limitazioni ritornano in auge, dal 27 luglio: pub chiusi a mezzanotte, mascherine nei luoghi al chiuso, stop agli assembramenti con più di 200 persone, e reintroduzione del tampone per i vaccinati che arrivano sull’isola
Qualche giorno fa, Þórólfur Guðnason, epidemiologo di riferimento per il governo islandese, si è espresso così
“Nonostante l’elevato tasso di vaccinazioni, non possiamo escludere che questi lockdown possano tornare nel corso dei prossimi anni. Ma questo lo abbiamo sempre detto e saputo, che è una situazione non prevedibile e quindi non possiamo sapere cosa succederà in futuro, magari si scopre qualcosa di nuovo sul virus che cambia quello che sapevamo fino a qualche mese fa. Se questa pandemia non finirà nel mondo, non finirà in Islanda.”
A metà Luglio invece, prima che scoppiasse questa situazione, altre dichiarazioni da un briefing governativo realizzato assieme al responsabile della Protezione Civile, Víðir Reynisson
“Abbiamo rimosso le restrizioni il 26 giugno perché la situazione era sotto controllo, e da inizio luglio abbiamo smesso di fare tamponi alle persone che venivano dall’estero, questo perché il tasso di vaccinazione era buono e le infezioni dei vaccinati erano basse. Qualche giorno fa abbiamo riscontrato 10 positivi, tutti e 10 vaccinati tra i 20 ed i 50 anni. La maggior parte degli islandesi è vaccinata, per questo non abbiamo riattivato le restrizioni, e non posso dire quanto ancora dureranno queste restrizioni, un mese un anno, non lo so.”
Alcune considerazioni
Prima cosa, contagiarsi non vuol dire ammalarsi o essere in grado di contagiare altre persone. Come suggerisce questo grafico da Reuters nonostante un focolaio nell’ultima settimana, non si sono registrate morti. Giustamente, ricordiamolo, parliamo di una condizione che lascia indenni in media nel 95% dei casi, ed il cui tasso di letalità è compreso tra lo 0.3 e lo 0.6%, Palù dixit.
La considerazione più grande quindi è: perché obbligare
le persone ad un trattamento sanitario ancora sotto sperimentazione- e
di cui probabilmente non vedremo mai i risultati finali- approvato
attraverso delle procedure d’emergenza?
Uno dei grandi problemi della medicina dei nostri giorni è
rappresentato dalla incapacità di affrontare l’imbarazzo, e per questo
fare doppiamente brutta figura. Non ci sarebbe niente di male nel dire
“vedete, per gli studi che abbiamo portato a termine, ricordando che
uno studio clinico non è nemmeno lontanamente paragonabile al mondo
reale, la probabilità assoluta che tu, sottoponendoti a questo
trattamento per cui nessuno di noi è responsabile, non ti ammali è
compresa tra lo 0 e l’1%. ”
Viviamo in un mondo globalizzato, e che si ostina a osservare la malattia esclusivamente sotto il profilo biologico: è impossibile poter continuare così perché non se ne può più uscire.
Quindi, fino al 30 giugno le persone vaccinate potevano entrare in
Islanda mostrando il certificato di vaccinazione o di avvenuta
guarigione, con un test pcr all’arrivo, con l’attesa al domicilio di un
paio d’ore fino al responso. Questo è tuttora valido per i non
vaccinati, mentre per i vaccinati nel periodo compreso tra il 2 ed il 27
luglio, non è stato necessario effettuare un test all’arrivo.
Dato che la percentuale di vaccinati è altissima, è possibile che siano stati gli inoculati a portare questo nuovo focolaio? Oppure verranno accusati i bambini e per questo le autorità islandesi faranno dietrofront?
Fun Fact: per le persone che hanno ricevuto la singola dose J&J, la maggioranza nell’isola, il ministero ha offerto dosi di Pfizer o Moderna come boost immunitario.
Direi che ormai è assodato come nel mondo reale questo strumento non sia la manna dal cielo, o come dicono politici nostrani, l’unica via d’uscita
per salvarci. Questo è quello che mi urta maggiormente: e non è un
problema di vaccini, di essere favorevoli o contrari, di pensare che
funzionino o che uccidano.
Parliamo di farmaci sostanzialmente, realizzati dal complesso chimico
industriale, che possono funzionare o no, a cui tu puoi credere o no. Se
mi ricatti, devi darmi delle certezze: queste certezze non esistono.
Non è un essere contrario al farmaco x o y, al massimo sono contrario
alla narrazione per cui la malattia è soltanto biologica e può, anzi
ormai deve, essere trattata usando solo questi prodotti.
Altrimenti sei un pazzo da legare, una persona che non ragiona, che
vuole tornare nel medioevo: discriminare sulla base del niente è davvero
pericoloso, e può avere conseguenze drammatiche.
Parole al vento?
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