sabato 31 luglio 2021

Perché non mi vaccinerò, neppure sotto ricatto

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di Patrizia Marani

Nel 2018 esce uno studio (Young et al., 2018) sui tempi di sviluppo e l’efficacia dei vaccini innovativi, finanziato dalla Gates Foundation. Le conclusioni non sono positive per i finanziatori che da decenni investivano miliardi nella tecnologia: la messa a punto di vaccini inediti, “senza precedenti”, (unprecedented, in inglese) ossia “atti a scongiurare una malattia contro la quale non è mai stato trovato un vaccino adatto”, richiede circa 12,5 anni. Per di più, i vaccini “senza precedenti” hanno “una bassa possibilità di successo”: difficilmente, secondo gli scienziati, potrebbero superare le fasi 2 e 3 delle sperimentazioni. Bene, a fine 2019, a Wuhan in Cina scoppia un’epidemia dovuta a un virus sconosciuto per il quale non esiste cura, se non produrre con la massima urgenza vaccini “innovativi”. Che coincidenza!

Creati in 8 mesi, quando gli scienziati nello studio del 2018 avevano previsto 12,5 anni, i vaccini contro la Covid19 non possono, secondo la legge europea 506/2006, avere alcuna autorizzazione definitiva, ma solo condizionata. La prima condizione è che vi sia un’emergenza sanitaria; e quella è stata dichiarata. Sulla base della stessa legge europea, la seconda condizionalità per un’autorizzazione condizionata di vaccini inediti è l’assenza di terapie efficaci; anche questa condizione, secondo il ministero della sanità, è stata soddisfatta, ma è vero?

Chiunque, pertanto, accetti di essere vaccinato con vaccini sperimentali, muniti di sola autorizzazione condizionata (d’emergenza negli USA) e di cui non vi sono studi sugli effetti a medio e lungo termine, si presta a una sperimentazione di massa. Accetta di essere usato come cavia umana.

 Motivo NO.1: Non ritengo sia etico usare gli esseri umani come cavie da laboratorio. Si tratta dei primi vaccini a essere iniettati in massa alla popolazione con soli dati preliminari di efficacia. Le sperimentazioni termineranno a fine 2022 per Pfizer e nel 2023 per Moderna. A quelle date, ci saranno più dati a disposizione, ma ricordiamo che lo studio prevedeva 12.5 anni di messa a punto, non soli 4 anni.

 Per capire perché chi scrive, come pure circa un terzo delle persone in Europa e negli USA, non accetterà mai di farsi vaccinare, bisogna capire che cos’è un vaccino in senso tradizionale e come funziona. E perché, ad avviso di autorevoli scienziati, i cosiddetti vaccini anti CoViD19 sono tutt’altra cosa.

 

IN COSA SI DIFFERENZIA L’IMMUNITA’ NATURALE DA QUELLA VACCINALE?

Per dirla semplicemente, un vaccino ha l’obiettivo di simulare l’infezione naturale. Non si tratta di un farmaco, perché viene inoculato a persone sane PER PREVENIRE la malattia vera e propria. Ma quali sono le tappe di un’infezione quando segue il suo corso naturale? Per riuscire a infettarci, il virus deve sconfiggere i soldati di prima linea dell’immunità naturale, vale a dire il nostro sistema immunitario INNATO. Quest’ultimo non è costituito da corpi specializzati; ha però la capacità di affrontare tutti i patogeni, creando barriere fisiche e chimiche che agiscono contro virus, batteri, funghi ecc. La febbre, ad esempio, è una delle strategie utilizzate dal sistema innato per “cuocere” i virus, che non possono sopravvivere a lungo oltre i trentotto gradi di temperatura. Il muco ha, invece, la funzione di espellerlo dalle vie respiratorie, e così via. Se le truppe di prima linea dell’immunità innata sono sconfitte, entrano in campo i corpi speciali, quella parte del sistema immunitario detta ADATTIVA, ma perché ciò accada, deve trascorrere un minimo di novantasei ore. La vaccinazione salta in parte le difese di prima linea del sistema immunitario innato e fa entrare nel campo di battaglia quasi immediatamente i corpi speciali, superando questo apparente vuoto temporale del sistema immunitario umano. Come vi riesce?

Quando ci si vaccina, un virus inattivato (ossia morto) oppure attenuato – cioè vivo ma indebolito in laboratorio – viene introdotto nel nostro flusso sanguigno. Se tutto va bene, il sistema immunitario lo intercetta e, trattandosi di un virus malconcio o defunto, lo sconfigge, conservando memoria del virus e rendendoci in tal modo immuni a esso: perché quando quel virus si ripresenterà vivo e vegeto per infettarci, i corpi speciali del sistema adattivo lo riconosceranno e lo elimineranno prontamente. Tutto lo sviluppo elefantiaco della moderna industria dei vaccini si fonda su questo concetto di base: scavalcare la prima linea del sistema immunitario, considerata inefficiente perché generica, al fine di far intervenire il sistema immunitario adattivo, ossia i corpi speciali, “specializzati” in un determinato virus.

Ma è davvero una buona idea quella di bypassare il sistema immunitario innato, vaccinando, per di più in massa, pure bambini e giovani? Questi ultimi, secondo eminenti esperti, sono asintomatici o paucisintomatici alla COVID-19 proprio in virtu’ di un sistema immunitario innato estremamente forte, “che spazza via velocemente i virus, sovente senza che il sistema immunitario adattivo debba produrre anticorpi”. Gli asintomatici o coloro che manifestano pochi sintomi, lo sono proprio in virtu’ di una forte reazione del sistema immunitario innato.

RISALIAMO ALLE ORIGINI DELL’USO DELLA VACCINAZIONE PER COMPRENDERNE LA RATIO INIZIALE E COMPARARLA ALL’USO CHE SE NE FA OGGI

La vaccinazione è certamente una strategia ingegnosa per prevenire certe malattie, ma non è priva di rischi. Per comprendere quali siano e qual è stato storicamente l’uso corretto dell’immunizzazione vaccinale è bene delinearne brevemente le origini. Prima di approdare in Europa nel 1700, la tecnica era praticata da secoli in modo rudimentale per immunizzare contro la terribile malattia del vaiolo. Era chiamata “inoculazione” o “variolazione”: si sfregava contro un graffio prodotto sul braccio o una gamba della persona da immunizzare del pus, in precedenza prelevato da una pustola di un ammalato di vaiolo. Il rischio osservato di un 2-3 per cento di persone che si ammalavano a seguito della variolazione e che, quindi, potevano diffondere il vaiolo, o che si ammalavano di altre malattie trasmesse dal procedimento stesso, era ampiamente controbilanciato dal 20-30 per cento di ammalati che morivano per la malattia naturale, per non parlare del terzo che rimaneva menomato a seguito della malattia. Il tasso di mortalità associato al vaiolo era dieci volte superiore a quello della variolazione. Il conto rischi-benefici pende, nel caso di una malattia grave come il vaiolo, nettamente a favore della vaccinazione, ma si può dire lo stesso di alcuni vaccini oggi in uso, soprattutto quelli contro il SARS-CoV-2? Sin dagli albori era evidente che la vaccinazione è un intervento medico che, per alcuni, può comportare rischi. Del pari a ogni altro medicinale, va soppesato il rapporto rischi/benefici individuale. Invece, la maggior parte dei governi ha concesso alle case farmaceutiche un’immunità legale per i danni derivanti dai vaccini, non stimolando, ahimè, il settore a dare il meglio di se’. Così, mentre sia Pfizer sia Johnson & Johnson sono state condannate a pagare miliardi di dollari per cause civili e penali perse negli USA, l’una per marketing scorretto di medicinali pericolosi, l’altra per la presenza di sostanze tossiche – nientepopodimeno che amianto! – nel talco, riguardo possibili negligenze o peggio nella produzione vaccinale, quelle stesse società sono legalmente immuni. Scudo legale, enorme redditività, rendita regolare e assicurata grazie alle imposizioni vaccinali annuali: c’è sta stupirsi della crescita così voluminosa del settore?

MOTIVO NO. 2: Non mi vaccinerò perché non mi fido dei prodotti di aziende legalmente immuni che per di più hanno compiuto reati penali per aumentare il proprio fatturato a scapito della salute pubblica. Ne’ mi fido di ModeRNA, fondata nel 2018 e priva di qualsiasi record storico.

 In che cosa si differenziano i vaccini contro il covid19? come agiscono?

Il concetto principale è che nei cosiddetti vaccini a mRNA (Pfizer, ModeRNA) o a DNA (AstraZeneca e Johnson&Johnson) non viene introdotto un virus attenuato o inattivato come in quelli convenzionali. Viene, piuttosto, utilizzata una tecnologia genica. E’ così che la genetista francese Alexandra Henrion Caude, da 12 anni ricercatrice della tecnologia RNA, definisce le inoculazioni in atto, ma quanti vi si sarebbero sottoposti se, in luogo della parola vaccino, il marketing della vaccinazione di massa avesse usato la definizione tecnologia genica?

In un’intervista su France Soir, la genetista Alexandra Henrion-Caude, che si dichiara innamorata dell’RNA, osserva che gli scienziati non sono ancora riusciti ad applicarne le immense potenzialità sui malati. “Amministrarla a degli individui sani è pura follia,” aggiunge. Perché mai? Per rispondere a questa domanda bisogna capirne il funzionamento.

Nel caso di Pfizer e Moderna, delle nanoparticelle, ricoperte di vari materiali biologici e PEG (una sostanza che può causare reazioni avverse, fra cui il pericoloso shock anafilattico), contenenti mRNA sono iniettate nel nostro deltoide. L’RNA è il messaggero che trasferisce le istruzioni dal nostro codice genetico, il DNA, alle cellule per fabbricare le proteine, cioè i mattoni di cui è composto il nostro corpo. Ma l’mRNA, nel caso dei “vaccini” anti-COVID19, non è quello naturale delle nostre cellule. Si tratta, invece, di RNA virale che, grazie all’iniezione, viene consegnato nel citoplasma, il fluido che circonda il nucleo, ove risiede il nostro DNA.

 MOTIVO NO. 3: E’ la prima volta nella storia della biologia umana che vaccini sperimentali iniettano materiale genetico nella popolazione, insinuandosi in quanto di più intimo un essere umano possieda, le cellule, di cui modificano l’espressione genica. Come dice il virologo premio Nobel Luc Montagnier a proposito della mancanza di studi sperimentali, “si gioca a fare gli apprendisti stregoni”.

Ma a quale scopo inserire nelle nostre cellule un RNA a esse estraneo? Per impartire ad alcune l’ordine di produrre la cosiddetta proteina Spike, in italiano “punta”, presente sulla superficie del virus SARS-CoV-2. Il vaccino genetico è, dunque, iniettato nel nostro deltoide. il composto viaggia lungo il nostro sistema linfatico sino a incontrare le cellule dendritiche, custodite dalle ascelle: sono queste cellule, programmate a intercettare tutto ciò che è estraneo al nostro organismo, che diventano la “fabbrica” delle proteine a punta del virus. Alcune nostre cellule acquisiscono, dunque, una proprietà mai posseduta prima nella storia della biologia umana: quella di fabbricare una proteina virale estranea al nostro corpo.

Ma tranquilli, come affermato dalle case farmaceutiche produttrici, dopo che le nostre cellule avranno generato la proteina Spike, gli enzimi degraderanno l’mRNA e se ne libereranno. Le cellule dendritiche “presentano” alle cellule adiacenti le proteine a punta da esse prodotte. Quest’ultime vengono trasportate lungo il sistema linfatico verso i due bracci principali della risposta immunitaria, gli anticorpi e le Cellule T, affinché le neutralizzino. Questo è ciò che avviene se tutto va per il verso giusto, ma non sempre è così.

Un recente studio (Alana F Ogata et al., 2021) ha segnalato una prima NON PICCOLA complicazione: in ben 11 partecipanti su 13, le proteine virali a punta/Spike, lungi dall’essere bloccate prontamente dalla risposta immunitaria, sono state trovate in giro per il corpo! Come ci dice Stephanie Seneff, biologa del MIT: “Il vaccino finisce col far circolare la proteina Spike nel flusso sanguigno”.

Altra prova che ciò accada ce la fornisce nientepopodimeno che Byram Bridle, un virologo e immunologo canadese che ha ricevuto dal governo 230.000 dollari per trovare un vaccino contro la COVID19 (un antivax, certo!). Bridle, assieme ad altri scienziati, ha fatto richiesta all’Agenzia Regolatoria Giapponese di visionare lo “studio di biodistribuzione” della stessa Pfizer. Tale richiesta FOIA, (Freedom Of Information Act), assicura a ricercatori e giornalisti l’esercizio del diritto d’informazione e l’accesso a documenti privati. Gli “studi di biodistribuzione” hanno lo scopo di individuare in quali parti del corpo circoli post-iniezione un dato composto e in quali tessuti o organi si accumuli. “Lo studio di biodistribuzione ottenuto da Bridle mostra che la proteina Spike entra nel sangue, dove circola per diversi giorni dopo la vaccinazione e che, poi, può concentrarsi in vari organi e tessuti, fra cui la milza, il midollo spinale, il fegato, le ghiandole surrenali e, in concentrazione assai elevata, nelle ovaie” (Children’s Health Defence, “We made a Big Mistake.., di M. Redshaw). La casa farmaceutica era, quindi, già a conoscenza di questa possibilità, e pure le agenzie regolatorie!

Altra conferma arriva dall’inventore stesso della tecnologia RNA, Robert Malone, intervistato dal biologo evoluzionista Bret Weinstein (Black Horse Podcast). La Spike non si ferma al sito d’iniezione, proprio no. E Malone esprime grande preoccupazione per il possibile accumulo nel midollo spinale – che potrebbe generare linfomi e leucemie – e nelle ovaie, con conseguente infertilità, ma perche’?

La punta virale che l’RNA alieno induce le nostre cellule a fabbricare non è una parte qualsiasi del virus SARS-CoV-2. E’ la chiave stessa che, inserendosi nella serratura cellulare – i recettori detti ACE2 – spalanca al virus la porta delle nostre cellule, permettendogli di diffondersi e moltiplicarsi in tutto il corpo umano. Ma niente paura, quest’abilità di far riprodurre il virus all’interno delle cellule umane è stata disattivata. Tuttavia, dato il numero di reazioni avverse senza eguali nella storia vaccinale – vedremo nel dettaglio quante e quali – causate dai vaccini genici, è bene chiedersi: e se per caso la cosiddetta punta giocasse altri ruoli nella malattia che le sperimentazioni raffazzonate non hanno permesso d’individuare?

 A questa domanda hanno dato risposta alcuni ricercatori cinesi assieme, fra gli altri, a studiosi del prestigioso Salk Institute, in uno studio (Y. Lei et al., 2021) pubblicato il 30 aprile scorso. Gli scienziati scoprono che “La sola proteina Spike può bastare a causare malattia”. E che la COVID-19 è essenzialmente una malattia vascolare, dimostrando che il virus SARS-CoV-2 attacca il sistema vascolare a livello cellulare e lo fa – udite udite – proprio con la Spike! Scrivono gli scienziati che nel loro studio “la proteina Spike ha danneggiato le cellule legandosi al recettore ACE2 (“la serratura” presente sulla membrana cellulare, NdA), arrestando in tal modo il segnale molecolare che ACE2 invia ai mitocondri…, danneggiando e frammentando i mitocondri stessi”.

I mitocondri sono “le centrali” che producono l’energia necessaria alle cellule per lo svolgimento delle loro attività. Se i mitocondri non funzionano, le nostre cellule, senza energia, non funzionano. Le conseguenze, come abbiamo visto durante l’epidemia, sono terribili. Proseguono, infatti, gli scienziati dello studio: “Studi precedenti hanno evidenziato un effetto simile quando le cellule umane venivano esposte al virus SARS-CoV-2, ma questo è il primo studio che riscontra che il danno avviene ugualmente quando le cellule sono esposte alla sola proteina Spike”.

 

Bridle, il virologo della richiesta FOIA, ha pubblicamente dichiarato in un’intervista con Alex Pierson: “Abbiamo compiuto un grosso errore…ritenevamo la Spike un antigene molto efficace, non pensavamo che potesse essere essa stessa una tossina e una proteina patogena; vaccinando le persone, stiamo introducendo nel loro corpo una tossina”. Aaaah, i vaccini fanno fabbricare alle nostre cellule proprio la parte virale che cagiona gran parte dei guai generati dal SARS-COV-2. Ottimo! Ma, niente paura, la proteina Spike dei vaccini è stata modificata proprio perché non possa più legarsi al recettore umano. Le sue potenzialità nefaste sono dunque scongiurate? E’ la domanda che chi scrive rivolge a Stephanie Seneff, ricercatrice del Massachussets Institute of Technology e co-autrice dello studio ”Worse Than the Disease? Reviewing Some Possible Unintended Consequences of the mRNA Vaccines Against COVID-19.

La Dr.ssa Seneff coniuga nel suo curriculum accademico e lavorativo due specialità, quella di biologa e di ricercatrice senior nel campo informatico e dell’intelligenza artificiale che le conferiscono un’abilità comparativa e di studio della letteratura scientifica pubblicata pressoché ineguagliabile. Risponde la Seneff: ”La proteina Spike è stata modificata; l’hanno resa rigida. Hanno sostituito una coppia degli aminoacidi (gli aminoacidi sono le perle che formano la collana proteica, NdA) che la compongono con due aminoacidi diversi, due proline. Cosi non riesce più ad acquisire la forma necessaria a fondersi con la membrana della cellula umana”.

Una Spike rigida non riesce più a fondersi con le nostre cellule e a infettarle, ma basta a neutralizzare la potente tossicità di questa proteina virale? “E’ ipotizzabile che la Spike vaccinale si attacchi al recettore ACE2, disattivandolo. Certo, si tratta di un comportamento diverso da quello del virus, ma non mi sembra che sia più innocuo. Anzi, la versione della Spike presente nel vaccino potrebbe disattivare in modo più efficiente il recettore umano ACE2. Nei polmoni, tale disattivazione causa ipertensione polmonare. Nel cuore, causa arresto cardiaco. Nel cervello causa danni ai centri nervosi. Nella substantia nigra (ancora il cervello, NdA) causa il Parkinson. Nelle piastrine causa trombosi”. Reazioni avverse che stanno emergendo a seguito delle vaccinazioni.

Infatti, una serie di studi recenti (Suzuki et al., 2020 e 2021) hanno osservato danni al sistema vascolare dei polmoni, del cuore e del cervello causati dalla proteina Spike del virus. Gli autori “hanno ammonito circa le potenziali conseguenze a lungo termine per bambini e adulti che avrebbero ricevuto i vaccini COVID-19, fondati sulla proteina Spike” (Sizuki e Gychka, 2021).

MOTIVO NO. 4: Non mi vaccinerò perché ritengo molto rischioso che le mie cellule acquisiscano proprietà estranee alla loro biologia naturale, producano una pericolosa proteina virale, procedura mai tentata prima sull’essere umano, e che tale “punta”, responsabile di gran parte dei guai causati dal virus stesso, possa aggirarsi per il mio corpo e si annidi a tempo indeterminato nei miei organi.

PERICOLO DI AUTOIMMUNITA’ E INFERTILITA’ DA VACCINO?

Non solo. E’ stato scoperto che la Spike del SARS-CoV-2 è molto simile a innumerevoli proteine umane. Tale somiglianza potrebbe indurre “i soldati” del sistema immunitario adattivo, attivati dal vaccino genico, a scambiare le proteine naturali per quella virale Spike e a “sparare” contro di esse, causando pericolose malattie autoimmuni che potrebbero manifestarsi in modo acuto e immediato o dopo mesi o anni, a seguito sia dell’infezione naturale sia della vaccinazione” (Seneff et al., 2021).

Questi vaccini possono essere particolarmente insidiosi per chi soffre di comuni malattie autoimmuni, latenti o manifeste. Non viene fatta, tuttavia, un’anamnesi approfondita per individuare l’eventuale non idoneità alla vaccinazione.

Talvolta, la malattia autoimmune si manifesta subito, come la trombocitopenia, un disordine per il quale il sistema immunitario attacca e distrugge le piastrine (piccoli frammenti di cellule fondamentali per la coagulazione del sangue) senza le quali si muore per emorragia. Bene, sia il virus sia la sola Spike possono provocare un attacco immunitario alle piastrine, reazione avversa a questi vaccini molto diffusa. L’accumulo di punte virali osservato nel midollo osseo, dove vengono generate le piastrine, fa più che sospettare un collegamento.

 GRANDE PREOCCUPAZIONE SUSCITA IL POTENZIALE DISTRUTTIVO PER LA FERTILITÀ UMANA DEL VACCINO. Perché? Degli studi hanno dimostrato la capacità della Spike di accumulare nelle cellule delle ovaie, rendendo la persona infertile. Pure l’autoimmunità può giocare un ruolo: “Vi è qualche preoccupazione”, spiega Seneff, “seppur solo teorica al momento, che a causa del mimetismo molecolare, gli anticorpi alla Spike del SARS-CoV2 possano attaccare la proteina Syncytin”. “La proteina è essenziale alla fusione della placenta con la parete dell’utero e alla fusione fra lo sperma e l’ovaio nel momento della fertilizzazione” (Seneff et al., 2021). Data la somiglianza fra le 2 proteine, il sistema immunitario può scambiare la proteina Syncytin, vitale per la riuscita della fertilizzazione e della gestazione, per la punta del virus e attaccarla!

Michael Yeadon, ex vice-presidente e direttore scientifico del centro di ricerca per le allergie e le vie respiratorie della Pfizer per 17 anni (no-vax, vero?), in un messaggio Telegram a Robin Monotti Graziadei, osserva che “Bisogna assolutamente escludere che un vaccino contro il SARS-CoV-2 possa scatenare una reazione immune contro la proteina Syncytin-1, giacche’, diversamente, le giovani vaccinate sarebbero colpite da infertilità di durata indefinita”.  

 DI rischi ce ne sono tanti, ma sono controbilanciati dalla protezione elevata che i vaccini conferiscono; ma è proprio così? Da notare che la tanto vantata riduzione del rischio del 94—95% si riferisce al rischio relativo, non a quello assoluto, che misura in modo più affidabile la reale diminuzione del rischio per la popolazione. La diminuzione del rischio in termini assoluti è dell’1,1 % per il vaccino Moderna e dello 0,7 % per quello Pfizer (Doshi 2021 a e b; Brown 2021). Infatti, si tratta dei “primi vaccini che non affermano in modo esplicito di ridurre le infezioni, la trasmissibilità o la morte del vaccinato” (Seneff et al., 2021).

MOTIVO NO. 5: Non mi vaccinerò perché questi vaccini sperimentali non garantiscono neppure di impedire l’infezione, ridurre la trasmissione o la morte. Potrei ammalarmi comunque, morire della malattia e pure infettare gli altri. Ma non finisce qui.

PER UN FENOMENO CONOSCIUTO COL NOME DI ADE – (antibody-dependent enhancement), POSSONO ESSERE PROPRIO I VACCINATI AD AMMALARSI E MORIRE. POSSIBILE?

Studi realizzati per produrre vaccini contro il SARS-1 del 2003, in seguito rottamati perché gli animali morivano, avevano osservato una preoccupante reazione avversa che non si manifestava in occasione della vaccinazione, ma solo più tardi: se gli anticorpi generati dal vaccino erano deboli (“non sterilizzanti”) e l’animale entrava in contatto con il virus, gli anticorpi lo attaccavano, senza riuscire a neutralizzarlo. Al contrario, legandosi ad esso, si trasformavano nel cavallo di Troia che incuneava il virus dentro le mura della membrana cellulare, permettendogli di diffondersi in tutto il corpo. Il vaccino “esalta la patogenicità del virus ossia lo rende più aggressivo” (R. F. Quijano, 2020). La prima autopsia eseguita su un anziano vaccinato con una prima dose e in seguito infettato e deceduto in ospedale può essere un esempio di ADE. Gli scienziati (Torsten Hansen et al., 2021) segnalano che “RNA virale è stato rintracciato in tutti gli organi esaminati, salvo il fegato e il bulbo olfattivo”: “Questi risultati possono suggerire che la prima vaccinazione induce immunogenicità, ma non immunità sterilizzante”, che “non viene sviluppata in modo adeguato”. La Dott.ssa Seneff conferma che potrebbe trattarsi di ADE. La prima dose ha indotto una risposta immunitaria insufficiente a immunizzare l’anziano. Quando questi si è trovato a contatto con il virus, i suoi anticorpi deboli non sono riusciti a neutralizzarlo e, anzi, si sono legati a esso facendogli da ponte verso le cellule, permettendogli di penetrare in tutti gli organi. Ciò spiegherebbe i cosiddetti “breakthrough cases”, che si stanno verificando, cioè casi di vaccinati che sviluppano la malattia e ne muoiono. Ma c’è dell’altro.

IMMUNE ESCAPE OVVERO EVASIONE DELLA SORVEGLIANZA IMMUNITARIA

Stephanie Seneff segnala che potrebbe essere in corso un fenomeno che Bossche, un virologo e ricercatore indipendente, aveva preannunciato in una lettera all’OMS: si chiama “immune escape”. Avete presente tutte le varianti che stanno emergendo? Un normale corso epidemico prevede l’attenuazione del virus, il quale non ha alcun interesse a uccidere “l’ospite” che gli permette di “vivere” (Intervista a Luc Montagner). Le varianti possono essere il risultato della forte pressione che una vaccinazione di massa a epidemia in corso esercita sul virus. Costui, non trovando più “ospiti” (hosts) disponibili, viene spinto a trasformarsi in versioni vieppiù virulente per “sopravvivere”. Bene, secondo un recente studio realizzato dal governo britannico (fonte: Public Health England), le persone completamente vaccinate corrono sei volte il rischio di morire per la malattia causata dalla variante Delta rispetto alle controparti non vaccinate. La variante Delta è, infatti, resistente agli anticorpi vaccinali.

Abbiamo visto che i cosiddetti vaccini genici rendono alcune nostre cellule delle fabbriche di “punte” virali, ma per quanto tempo rimangono tali?  

La Dr.ssa Seneff ci risponde che, ahimè, non si sa: “Dipende da quanto ci vorrà per scomporre l’RNA che consegna alle cellule il messaggio. E l’RNA, per sua natura effimero, è stato ingegnerizzato intenzionalmente per resistere alla scomposizione…” altrimenti l’efficacia del vaccino sarebbe nulla.

I VACCINI ASTRAZENECA E JOHNSON&JOHNSON SONO DIVERSI E PIÙ SICURI DI QUELLI PFIZER E MODERNA?

Sono diversi per 2 aspetti. In luogo delle nanoparticelle contenenti l’mRNA, viene utilizzato un virus del comune raffreddore, detto Adenovirus. “L’Adenovirus è stato reso innocuo attraverso una modifica del codice genetico, cui sono stati sottratti due geni affinché non riesca a replicarsi. Al suo genoma è stato, inoltre, aggiunto del DNA che codifica la creazione della Spike del SARS-CoV-2”. Che cosa consegna, dunque, alle nostre cellule questo virus vettore? Non più RNA messaggero, ma DNA che, come nel caso dei vaccini in precedenza analizzati, impartisce alle cellule del nostro corpo l’ordine di fabbricare la Spike del virus SARS-CoV-2.

QUESTI INSERTI GENETICI CHE MODIFICANO L’ESPRESSIONE DEL NOSTRO PATRIMONIO GENETICO E IL NORMALE COMPORTAMENTO DELLE CELLULE POSSONO FARLO IN MODO PERMANENTE?

Se non ti fidi degli OGM e non li hai mai voluti mangiare, in questo caso non si tratta di soia geneticamente modificata. Si tratta delle nostre cellule. La tecnologia sperimentale utilizzata, detta “gene editing” o CRISPR, è l’ultima frontiera dell’ingegneria genetica, di cui recenti studi iniziano a evidenziare serie criticità. E mentre Pfizer e Moderna inseriscono RNA messaggero nel citoplasma che lambisce il nucleo cellulare, l’adenovirus di AstraZeneca e Johnson&Johnson s’incunea nello scrigno che custodisce i nostri geni, consegnandovi DNA virale. Chiaramente, il pericolo d’integrazione nel nostro DNA è superiore. Le conseguenze dell’integrazione del genoma virale nel nostro genoma possono includere il cancro, ma in entrambi i casi, il rischio di cambiare permanentemente il codice genetico di una persona (diventeremmo, insomma, degli OGM) non può essere escluso, e neppure quello di trasmettere tali cambiamenti alle generazioni future. Conferma, infatti, la Seneff: “Un pensiero preoccupante è che cellule immuni attivate e /o cellule cancerogene convertano l’RNA in DNA. In tal caso, la persona potrebbe continuare a produrre Spike per tutta la vita e trasmettere la capacità ai figli. Che ciò accada in pratica o quanto questo fenomeno sia comune è al momento totalmente sconosciuto”.

Non c’è solo il pericolo d’integrazione. Aggiunge la Dr.ssa Seneff: “Giacche’ per produrre questi vaccini si rende necessario l’uso di linee cellulari tumorali umane, esiste la potenzialità di contaminazione del DNA umano, oltre ad altri potenziali contaminanti presenti nel vaccino”. Naturalmente i produttori lo negano, ma come fanno a dirlo con sicurezza, quando gli studi a lungo termine non sono mai stati fatti? Ammonisce la scienziata: “ ..potremmo non renderci conto della complessità del potenziale del corpo di reagire a mRNA estraneo e ad altri ingredienti presenti in questi vaccini che vanno ben oltre il semplice obiettivo di ingannare il corpo per fargli produrre anticorpi contro la Spike”.

E’ MERO COMPLOTTISMO TEMERE IL CONTAGIO DEI NON VACCINATI DA PARTE DELLE PERSONE VACCINATE?

Secondo la Seneff, esiste un meccanismo biologico per il quale “non è impossibile immaginare che (degli esozomi) siano emessi dai polmoni e inalati da una persona vicina. Vescicole extracellulari, fra cui gli esozomi, sono stati rilevati nella saliva, nel muco..” e altri fluidi corporei in associazione con malattie respiratorie (Lucchetti et al., 2021). La possibilità di un’esposizione secondaria (tramite contatto con vaccinati) al vaccino è stata persino ipotizzata dalla società partner di Pfizer, BioNTech, la quale ha richiesto alle persone partecipanti a una sperimentazione e persino ai sanitari che hanno impartito la vaccinazione di segnalare “un’eventuale esposizione della propria partner durante la gravidanza” (Seneff et al., 2021). Quindi, chi può risultare pericoloso per la comunità?

 E’ POSSIBILE COMPARARE I DATI RIGUARDANTI LE PROBABILITÀ DI MORIRE DI COVID19 CON QUELLE DI MORIRE DA VACCINO PER DARE UN REALE CONSENSO INFORMATO?

Quante sono le possibilità di morire a seguito della vaccinazione o di subire effetti avversi gravi e menomanti? Non si può dire con certezza, ma solo in modo molto approssimativo, consultando le banche dati di raccolta dei danni da vaccino. Perché mai approssimativo? Un esempio lo offre per tutte VAERS, il sistema di rilevazione statunitense. Uno studio Harvard (Ross Lazarus et al., 2010) ne segnala le limitazioni, che le istituzioni committenti hanno stranamente ignorato: la raccolta dati è passiva, cioè non esiste un obbligo stabilito per legge alla denuncia; ci si affida unicamente alla volontà e al buon giudizio delle vittime o dei medici. Ne’ viene prevista la comparazione dei dati ricevuti con un “gruppo di controllo” di non vaccinati. Scrivono gli scienziati che hanno condotto lo studio: “Eventi avversi ai medicinali e ai vaccini sono comuni, ma insufficientemente segnalati…meno dell’1% degli eventi avversi ai vaccini sono segnalati, il che impedisce o rallenta l’identificazione di medicinali problematici o vaccini che mettono in pericolo la salute pubblica”. Dovremmo dunque attribuire al caso pure la scarsa scientificità di un monitoraggio così fondamentale come quello dei sistemi di rilevazione nazionali?

Anticipiamo le obiezioni che possono essere sollevate circa i dati riportati. La parte favorevole all’iniezione genica avvertirà che non significano molto: il fatto che i fenomeni avversi siano avvenuti dopo una vaccinazione non implica che essa ne sia la causa; non vi sarebbe, insomma, un rapporto di causalità provato, neppure se il decesso o l’evento avverso avviene entro le quarantotto ore successive alla vaccinazione!

Negli USA ha comunque fatto grande scalpore – fonte Fox News, “How many Americans Have Died after Taking COVID Vaccines” – una trasmissione di metà aprile del giornalista di punta del canale, Tucker Carlson, in genere favorevole ai vaccini. Carlson è andato a guardare i numeri di morti riportati su VAERS: 3.362 americani – 30 al giorno!!!!sono morti dopo o in prossimità della vaccinazione dal mese di dicembre 2020 ad aprile 2021. Per di più, Carlson ha notato che sono morte più persone a causa dei vaccini anti-COVID in 4 mesi, durante una sola campagna vaccinale, che a causa di tutti gli altri vaccini messi assieme in più di 15 anni. Ad esempio, afferma il giornalista, tutti i vaccini iniettati per prevenire la meningite batterica hanno causato una sola morte fra il 2010 e il 2015. Nel 1976, sono stati vaccinati 45 milioni di americani per il virus H1N1, causando 53 morti. Il governo, allora, decise di arrestare la campagna vaccinale, definendola “troppo rischiosa”. I dati aggiornati al 12 giugno, evidenziano 358.379 eventi avversi, di cui 29.871 gravi e 5.993 decessi, su più di 140 milioni di persone totalmente vaccinate. E se questi dati rappresentassero davvero solo l’1%?

 VACCINARE ADOLESCENTI E BAMBINI PERCHÉ NON CONTAGINO I NONNI E’ UNA BUONA IDEA?

 In base a un grafico apparso sull’autorevole “The Economist”, fino a 15 anni di età, le probabilità di morire per CoviD19 sono inferiori allo 0,01%. Fino ai 50 anni sono dello 0,4%. Fino a sessanta anni le probabilità non superano l’1,5 %. A 88 anni, il rischio schizza al 20%. Bastano questi pochi dati per capire che la campagna vaccinale sui bambini e gli adolescenti non si basa su dati scientifici: rischiano molto di più dalle vaccinazioni che dal SARS-CoV2. Vediamo altre prove: i dati degli eventi avversi riportati nel Regno Unito sino al 29 aprile 2021 presentati nell’articolo di Rodney Atkinson su Global Research.“1086 cittadini britannici sono deceduti dopo i vaccini Pfizer (364) e Astra Zeneca (722), su circa 33 milioni di persone che hanno ricevuto almeno 1 dose vaccinale. Ci sono stati 973 contagi di persone vaccinate, di cui 62 decedute, con un tasso di mortalità del 6,3%, quasi il doppio del tasso di mortalità per COVID nella popolazione generale, tenendo conto delle percentuali enormemente differenziate per fasce di età. 1086 morti su 33 milioni: le probabilità di morire a seguito della vaccinazione per la popolazione generale è 1 su 30.386. Come evidenziano i dati dell’ONS, l’Ufficio Statistiche Nazionali, il confronto delle probabilità di morire per i vaccini con quelle di morire di COVID per chi ha meno di 50 anni risulta molto svantaggioso. Per un bambino sotto ai 10 anni, le probabilità di morire per CoviD19 sono 1 su 4 milioni – 1 su 1,3 milioni per un bambino affetto da pluripatologie. Questo spiega perché tanti attacchino il progetto di vaccinare i bambini, guardate: per un bambino o un adolescente sano di 10-19 anni, le probabilità di morire per CoviD19 sono 1 su 2,5 milioni. Per i giovani fra i 20 e i 30 anni sono 1 su 576.000. Per i 30 /39enni, sono 1 su 164.000. Per i 40-49enni sono 1 su 46.242”.

TERMINIAMO LA CARRELLATA CON I DATI DEGLI EVENTI AVVERSI RIPORTATI SU EUDRAVIGILANCE, l’omologa europea di VAERS, aggiornati all’11 giugno:

Astra Zeneca: 237.648 eventi avversi segnalati; di cui 130.360 gravi; di cui 2.489 decessi. Pfizer: 191.215 eventi avversi; di cui 69.435 gravi: di cui 6.049 decessi.

Moderna: 29.616 eventi avversi, di cui 14.234 gravi, di cui 3.365 morti.

Johnson & Johnson, 4.997 eventi avversi, di cui 2.339 gravi, di cui 369 morti.

Numeri irrisori, dirà qualcuno, assai cinicamente, sino a che non capita a lui o ai suoi cari. Ricordiamo pure la macroscopica sottostima prima evidenziata e che gli eventi avversi gravi includono danni permanenti.

Il rapporto rischi/benefici attuale si discosta totalmente da quella che fu la ratio che portò all’invenzione per certi versi geniale della tecnica vaccinale, divenuta oggi una gallina delle uova d’oro per le grandi case farmaceutiche e i loro azionisti, a scapito della collettività. Pongo a tutti i lettori la domanda: vale la pena di rischiare tante vite umane e tanta sofferenza, quando è ormai provato (ma criminalmente occultato dalle istituzioni) che esistono cure efficaci per la COVID19, cure economiche messe a punto da medici eroici che, onorando il giuramento di Ippocrate, in prima linea, hanno salvato tutti i giorni migliaia di vite? E che esiste una prevenzione, fondata sul rinforzo del sistema immunitario innato? Eccone un esempio di livello scientifico inoppugnabile: “La FLCC Alliance è costituita da un gruppo di studiosi e medici di fama mondiale, i cui studi sono regolarmente pubblicati sui giornali scientifici più autorevoli, i quali, con il supporto accademico di medici da tutto il mondo, divenuti membri dell’Alleanza, hanno realizzato la ricerca necessaria e messo a punto protocolli salvavita per la prevenzione e la cura della COVID-19 in tutte le fasi della malattia. Il protocollo introdotto a Marzo 2020 (MATH +Hospital Treatment Protocol) ha salvato decine di migliaia di vite..Il protocollo della FLCC “Maschera + Profilassi per la cura a casa dei pazienti con Ivermectina”, (disponibile anche in italiano sul sito della FLCCC Alliance, NDA), è stato recentemente pubblicato ed è una reale potenziale soluzione alla pandemia” e senza effetti indesiderati.

Ritorniamo alla legge europea cui abbiamo accennato all’inizio. Solo la mancanza di cure efficaci comprovate poteva permettere l’autorizzazione condizionata a vaccini “senza precedenti”. Ciò dissolve il mistero numero uno dell’epidemia: perché siano stati e sono tuttora ignorati sistematicamente – e criminalmente – tutti i protocolli terapeutici esistenti della malattia. Va bene la prevenzione, ma i malati bisogna pur curarli, no? Bisognava arrivare a vaccinare! Ma perché? Cui bono?

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