mercoledì 24 febbraio 2021

COVID ALL’ISRAELIANA di Leonardo Mazzei

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A leggere i giornali italiani Israele è un modello. Una campagna vaccinale da record, un’organizzazione efficiente ancorché di stampo militare, un’efficacia del vaccino molto elevata almeno secondo i dati del ministero della Sanità. Un quadretto idilliaco per l’ineffabile Burioni:

«I dati che arrivano da Israele sono oltre ogni aspettativa, tra poco potrebbero essere liberi da questo incubo grazie al vaccino. Non è possibile che l’Europa rimanga indietro. Vacciniamo tutti, whatever it takes».

Come non è difficile da immaginare, le cose stanno però in maniera molto, ma molto diversa da come ci vengono presentate. Il primato nelle vaccinazioni è solo il frutto di una sperimentazione di massa pro-Pfizer, spesso conseguita con la forza, la violenza e il ricatto. Le modalità nazi-sioniste della sua realizzazione, sono la manifestazione più avanzata dell’autoritarismo dispiegato connaturato con il nascente regime del Great Reset.

In quanto ai risultati in materia di lotta al Covid, essi sono ben diversi da quelli vantati tanto dal governo israeliano, quanto dai suoi amici che occupano la scena mediatica in occidente. Ma per lorsignori questo è in fondo un aspetto secondario. Ciò che conta è piuttosto l’affermazione, che avanza a passi da gigante, di un nuovo e mostruoso modello di società.

Ma entriamo nel merito.

La prima cosa da ricordare è che se Israele è in testa alla classifica della percentuale di vaccinati, ciò si deve solo al fatto che il governo Netanyahu ha sottoscritto un contratto speciale (e largamente secretato) con Pfizer. In base a questo contratto, la multinazionale americana ha dato priorità assoluta ad Israele nella fornitura dei vaccini. In cambio Netanyahu ha messo nelle mani di Pfizer tutti i dati sanitari dei vaccinati. Un’aperta violazione del diritto alla privacy, un atto necessario a realizzare la più grande sperimentazione di massa (per giunta non consensuale) di un farmaco privo dei test necessari ad accertarne sia l’efficacia che la sicurezza.

Questa prima questione ci porta a due riflessioni. La prima: per una serie di motivi, chi scrive tende a non usare l’espressione “dittatura sanitaria”, ma di fronte a questa aberrazione sarà forse necessario ricredersi. La seconda: ecco come procede il meraviglioso mondo della scienza reale, quella in mano ai giganteschi interessi privati che sappiamo. Nessuno stupore, naturalmente, ma guai a volgere lo sguardo altrove, come se ciò che sta accadendo fosse solo una momentanea parentesi.

L’alta percentuale di vaccinati (circa un terzo degli israeliani ha già ricevuto la seconda dose) non è il frutto di una straordinaria adesione spontanea, quanto piuttosto la conseguenza delle pressioni esercitate anche con la violenza e le minacce. Molte sono le testimonianze che ce ne parlano. Spesso i militari entrano nelle case ed obbligano alla vaccinazione, mentre le minacce sono la norma sui luoghi di lavoro, per l’accesso ai mezzi ed ai locali pubblici. Quando queste non bastano, la polizia e l’esercito ricorrono alla violenza vera e propria, come accade normalmente nei quartieri abitati dagli ebrei ortodossi che non intendono vaccinarsi.

Anche se il vaccino non è formalmente obbligatorio (cosa che implicherebbe una responsabilità dello Stato in caso di danni alle persone), si fa in modo che esso lo sia di fatto. Da qui l’introduzione della “Green Pass”, una sorta di certificato di doppia vaccinazione  indispensabile per poter svolgere tutta una serie di attività. La violenza è dunque fisica e morale, ma pure legale. Una “legalità” peraltro truffaldina, perché introdotta solo surrettiziamente con il ricatto, quello del posto di lavoro in particolare.

Questa modalità coercitiva ha molti estimatori anche nel nostro Paese, si pensi per esempio alla spinta affinché l’Inail non riconosca come malattia il Covid contratto sui luoghi di lavoro a coloro che non si fossero vaccinati. Insomma, per non rispondere dei danni, lo Stato non ti obbliga formalmente al vaccino, ma fa in modo che tu sia ugualmente obbligato di fatto. Anche in questo campo Israele fa scuola, una vera avanguardia del regime che si vuole costruire.

Ma c’è di più. Siccome le minacce possono non bastare, in Israele si ricorre pure alla marchiatura di chi non si piega. Ne ha parlato in un recente video un monaco buddista. Una delle sue affermazioni è particolarmente agghiacciante, quella in cui racconta come i non vaccinati vengano obbligati ad indossare una tuta di colore diverso sul posto di lavoro. Una pratica che richiama l’obbligo ad esporre la stella di David imposto agli ebrei dal regime hitleriano nel 1941.

Ovviamente anche questo non deve stupire. Vittime dei lager nazisti, gli ebrei israeliani sono oggi gli artefici del più grande campo di concentramento dei nostri tempi, quello di Gaza. Ed a proposito del popolo palestinese, va segnalato come esso non riceva alcun vaccino dagli occupanti israeliani. Nei territori occupati della Cisgiordania il vaccino va infatti solo ai coloni. Insomma, da una parte l’obbligo, dall’altra la totale esclusione: plastico esempio di un regime che coniuga inevitabilmente autoritarismo estremo, violenza diffusa e razzismo congenito.

Il quadro fin qui descritto ci dice molte cose, ma non c’è commentatore che se ne occupi. Di fronte a queste aberrazioni il “democratico” occidente tace. Chissà perché! C’è però un’ultima questione. Molti penseranno che a queste mostruosità corrisponda almeno un significativo risultato nella lotta al Covid. Sorpresa, così non è!

Oscurate le tante reazioni avverse segnalate, il ministero israeliano della Sanità fornisce dati travolgenti sul vaccino. Gli effetti su chi ha ricevuto entrambe le dosi sarebbero più che positivi: nel 98,3% dei casi il vaccino eviterebbe le forme più gravi della malattia, nel 95,8% anche l’infezione stessa. Sono realistiche queste percentuali? Il grafico che proponiamo di seguito ci dice di no.

Questo grafico, elaborato da “Il Pedante” su dati di ourworldindata.org, ci mostra come l’andamento delle ammissioni ospedaliere (ricoveri) dall’inizio dell’anno a metà febbraio sia del tutto omogeneo tra Israele (curva azzurra) ed Italia (curva arancione). E questo nonostante l’enorme differenza nelle vaccinazioni tra lo stato sionista (curva tratteggiata azzurra) ed il nostro Paese (curva tratteggiata arancione). Infine, e non è poco, si noti come il numero dei ricoveri (per milione di abitanti) sia rimasto costantemente più alto in Israele che in Italia in tutto il periodo considerato. E’ questo il successo del vaccino di Pfizer? Chissà come sarebbe andata se non avesse funzionato…

Certo, adesso qualcuno dirà che è ancora presto per fare bilanci. Può essere, ma non siamo stati noi ad emettere quelli prematuramente trionfalistici che si leggono da giorni sulla stampa.

A questo punto potremmo mostrare ulteriori raffronti con altri paesi. Ma essi ci confermerebbero quanto ci ha già detto ad abundantiam il grafico sopra. Ci fermiamo dunque qui, anche perché ci sarà modo di tornarci sopra.

Conclusioni

Quel che qui ci interessava mettere in luce è come il modello nazi-sionista di Israele, proprio perché all’avanguardia del processo di ridisegno globale della società (il Great Reset), ci faccia intravedere l’orribile futuro verso cui ci stanno proiettando le forze della ristretta oligarchia dominante.

Autoritarismo, violenza, prevaricazione, sostanzialmente una nuova ed inedita forma di dittatura: tutto ciò è sotto i nostri occhi in Italia ed in Europa da ormai un anno. Ma il modello israeliano ha un’altra velocità, frutto di una società particolare per tanti aspetti, militarizzata fino al midollo, nata e sviluppatasi con la guerra, quasi impensabile nelle sue forme senza di essa.

Ma, ci dicono, Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente. Bene, proprio per questo il caso israeliano è ancora più interessante, perché ci parla di dove stiano finendo le libertà nel meraviglioso regno delle democrazie occidentali…

E pensare che c’è ancora chi non vede il terribile disegno di rimodellamento sociale messo in campo proprio grazie al Covid… Sveglia, prima che sia troppo tardi!

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