In fatto di minerali il Congo è il paese più ricco dell’Africa nera: il più grande produttore mondiale di cobalto e di diamanti industriali e il settimo paese al mondo per la produzione del rame. Vi sono inoltre grandi giacimenti d’oro, stagno, zinco, tungsteno e uranio.
sinistrainrete.info Eros Barone
Un particolare interesse rivestono per l’industria del settore informatico, a causa delle loro proprietà elettriche, i diamanti blu, di cui esistono vasti giacimenti nella zona vulcanica dei monti Virunga, situata nell’Africa orientale lungo il confine tra il Ruanda, la Repubblica Democratica del Congo e l’Uganda.
Vi è poi il coltan, denominazione usata in Africa per indicare (particolarmente nella regione geografica del Congo) una columbite-tantalite con un tenore relativamente alto di tantalio. Come è noto da tempo, il coltan è un minerale estratto in quella regione, che costituisce la posta in gioco per cui competono le diverse e avverse forze, di carattere locale e internazionale, interessate, direttamente o indirettamente, ad alimentare la guerra civile nella suddetta regione.
Questo minerale oggi serve per produrre l’hardware dei più avanzati computer, circostanza, questa, che spiega perché la necessità di procurarsi questa materia prima tenda a scavalcare la mediazione delle stesse autorità governative. È così accaduto che negli ultimi anni queste ultime, non riuscendo a controllare l'esportazione del minerale, abbiano scelto come linea di condotta quella di proibirne l'estrazione, favorendo la nascita di bande di commercianti, talvolta composte dagli stessi soldati dell'esercito regolare. Tutte le guerre dell'ultimo periodo del Congo sono nate dalla volontà di impadronirsi di questi giacimenti e di esercitare di fatto un monopolio sulla loro estrazione, spesso effettuata a mano mediante lo sfruttamento minorile, per contrabbandare il minerale verso le frontiere dei paesi vicini, in cui non esiste controllo alla sua commercializzazione, e per venderlo alle grandi industrie produttrici di componenti elettronici.
Va anche sottolineato che la questione dello sfruttamento incontrollato delle risorse congolesi ha raggiunto un tale livello di gravità da interessare l'ONU,che ha pubblicato nel2002 un rapporto in cui accusava le compagnie impegnate nello sfruttamento delle risorse naturali del paese africano di favorire la prosecuzione della guerra civile.I dati geografici sopra riportati sono, per la loro eloquenza, sufficienti a dimostrare l’importanza focale di questa regione africana sul piano dell’accaparramento di materie prime strategiche e, conseguentemente, il suo carattere di epicentro della conflittualità interimperialistica nel “Continente nero” (ma ormai, in realtà, sempre più “giallo” per via della crescente penetrazione economica, politica e militare della Cina in tale continente: fattore, questo, che introduce una rilevante variabile nel quadro testé delineato). È dunque in un quadro siffatto, caratterizzato da un’altissima tensione economica, politica e strategica di carattere geopolitico, che va inserito il massacro che è costato la vita all’ambasciatore italiano, al carabiniere che lo scortava e all’autista dell’automobile, attaccati sequestrati e trucidati da una banda di ignoti (ma non difficilmente individuabili) terroristi, i quali è da supporre che abbiano agito in base ad un preciso mandato. Espongo in proposito alcune semplici considerazioni di carattere inevitabilmente ipotetico, il cui significato si chiarisce solo se inserito nel quadro che ho tratteggiato all’inizio.
Pur non negando il carattere umanitario della missione che vedeva impegnato l’ambasciatore Luca Attanasio, è nettamente da escludere che lo scopo di tale missione sia stato la causa dell’attacco terrorista, il che significa che la causa deve essere stata ben diversa. Essa va probabilmente ricercata sul terreno della conflittualità interimperialistica fra potenze in competizione per lo sfruttamento delle risorse di paesi privi di solide strutture statuali, lacerati dal tribalismo e da endemiche guerre civili: paesi, quindi, facilmente strumentalizzabili, a partire dai cosiddetti eserciti regolari, per opera di potenze straniere. Non è neanche da escludere che il massacro della missione italiana sia da interpretare, secondo una ben nota semeiotica di carattere paramafioso, come un avvertimento indirizzato all’Italia per alcune scelte di politica internazionale ed economica (ad esempio, l’adesione del nostro paese alla iniziativa strategica, nota come “Nuova via della seta”, promossa dalla Repubblica Popolare Cinese) non gradite dalla superpotenza di Oltreoceano. Ma vi è di più: il ‘curriculum’ del giovane ambasciatore italiano sequestrato e ucciso nel Congo era quello di un bocconiano di alto profilo, dotato perciò di elevate competenze nel campo economico-finanziario: un autentico quadro dello Stato italiano il quale lo ha utilizzato in una regione cruciale delle relazioni internazionali. Nella storia dell’imperialismo è spesso accaduto (e tuttora accade), per via della logica spietata che presiede a questo sistema, che le prime vittime del sistema globale fossero i suoi stessi agenti. E in effetti il sistema in parola non contempla se non guerre che non siano atroci e paci che non siano desiderabili, come indica peraltro il nome della zona in cui si trovavano (o verso cui erano diretti) i componenti della missione italiana: “kanyamafuga”, che significa nella lingua locale “il posto delle ossa”.
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