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Di Raffaele Varvara, ComeDonChisciotte.org
Stiamo vivendo gli ultimi colpi di coda di un leviatano terminale. Dobbiamo approcciarci a vivere questi tempi come inizio di qualcosa, punto di partenza di un nuovo mondo, dotandoci, come dice Bauman, di menti lucide, nervi d’acciaio, tanto coraggio e di una visione a lunghissimo termine; non possiamo vivere questi tempi con l’impotenza e la rassegnazione, altrimenti siamo già sconfitti in partenza. Ci stanno disumanizzando, l’emergenza democratica necessita di misure salvavita da ritrovarsi nella Costituzione.
Invito, chi vuole vivere seguendo la Costituzione, a mettere da parte il dibattito scientifico che, pieno di dubbi, falsificazioni e incertezze, è foriero di ulteriori divisioni, anche nel fronte di chi ripudia la narrazione dominante.
Scienza e politica sono su due piani totalmente sganciati. La scienza è solo utilizzata come la sovrastruttura eticamente ricattatrice (c.d. obbligo morale) per giustificare l’ingiustificabile e accettare l’inaccettabile. Concentriamo le nostre energie sulla deriva autoritaria che sta prendendo la dittatura più subdola e perfida della storia dell’umanità e a questa opponiamo un fronte di resistenza unito attorno alla consapevolezza della necessità di una rivoluzione costituzionale.
Il rivoluzionario contemporaneo deve vivere portando avanti costantemente un lavoro interiore per rovesciare lo stato dell’io egocentrato ovvero quello stato di ciascuno di noi in cui prevale individualismo e egoismo. La naturale tendenza della nostra anima è quella di predisporsi in stato egoico-centrico; dobbiamo fare uno sforzo per rovesciare questo stato dell’io che non predispone, al contrario, alla rivoluzione. Solo ritrovando una prospettiva dell’anima in connessione, quindi solo passando dallo stato dell’ io egocentrato allo stato dell’ io in connessione, possiamo riscoprire nuovi valori patriottici da mettere al servizio della rivoluzione contemporanea. L’ io in connessione è quello stato dell’io che si sente parte di un universo, parte di una storia; questo stato dell’io è in connessione con la potenza creatrice, artistica e divina che risiede nel profondo delle nostre anime ma che è disattivata dalla propaganda di regime. Solo nello stato dell’io in connessione, possiamo, come ho riportato nel precedente articolo, ritornare nello spirito dei grandi personaggi della storia che hanno scandito la storia coi loro dissensi. Tra questi, riporto brevemente la biografia di un grande rivoluzionario proveniente dal mio mondo, quello sanitario, Franco Basaglia. Psichiatra, già recluso in carcere per le sue lotte antifasciste in età giovanile, divenne direttore del manicomio di Gorizia nel 1961. Appena arrivato si accorse delle condizioni inumane con le quali erano letteralmente detenuti le persone affette da malattia mentale, che a quei tempi erano chiamati “pazzi” o “alienati mentali”; queste persone erano spogliate sia dei loro effetti personali, sia di ogni dignità di essere umano, legati a letti con mezzi di contenzione ed era impedito parlare loro. Il 16 novembre del ’61, Basaglia si reca a lavoro e, come tutte le mattine da 70 anni, i suoi collaboratori portano al direttore del manicomio il registro delle contenzioni da far vidimare; ma Basaglia, guardando negli occhi i suoi collaboratori, esclamò, in dialetto veneto: “Mi non firmo miga”. Da quel giorno, i malati furono liberati dalle cure disumane dei manicomi e reinseriti nella società con dignità e diritti. La rivoluzione basagliana trova pieno compimento nella famosa legge 180/78, legge Basaglia appunto, che ha chiuso i manicomi ed ha rivoluzionato il paradigma di cura della psichiatria.
Franco Basaglia percepiva dentro di sè la violenza delle cure manicomiali perchè era la stessa dei trattamenti subiti in carcere da giovane. Così ebbe il coraggio di dire NO ad una prassi consolidata da decenni. Quel NO che spezza una storia e ne comincia un’altra.
Noi come popolo, adesso prima che sia troppo tardi, siamo chiamati a stabilire il livello oltre il quale non siamo più disposti ad andare, in altre parole il punto oltre il quale scatta quel NO, che spezza una storia e ne comincia un’altra.
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