È stato il primo cavallo su cui l’
Italia e l’ intera Unione europea avevano deciso di puntare, ma da
qualche giorno AstraZeneca sta mandando i tilt i piani di vaccinazione
di tutti i governi Ue. E per il momento non si vedono vie d’ uscita: l’
azienda ha annunciato un taglio del 60% nella fornitura di vaccini
anti-Covid da qui alla fine di marzo, ma non è stata ancora in grado di
fornire spiegazioni sufficienti per giustificarlo e non ha nemmeno
saputo proporre soluzioni alternative.
(Marco Bresolin – la Stampa)
Gli accordi prevedevano 80 milioni di dosi, ne arriveranno solo 31. «Questo non è accettabile» ha reagito ieri Stella Kyriakides, commissaria Ue alla Salute, annunciando che d’ ora in poi Bruxelles chiederà di rendicontare tutte le consegne effettuate fuori dall’ Ue per verificare eventuali dirottamenti dei vaccini.
L’ irritazione in casa Ue è molto forte. Anche perché alla fine di agosto, vale a dire al momento della firma del contratto da 300 milioni di dosi (più un’ opzione per ulteriori 100 milioni), la Commissione aveva versato 336 milioni di euro ad AstraZeneca.
Un anticipo per sostenere le attività di ricerca e per finanziare l’ avvio della produzione prima ancora dell’ approvazione da parte dell’ Agenzia europea del farmaco. L’ ok dovrebbe arrivare venerdì, anche se le ultime indiscrezioni dicono che probabilmente il vaccino non sarà disponibile per gli over 65.
Nell’ attesa, i governi si chiedono: come è possibile che a pochi giorni dal via libera l’ azienda scopra di non poter garantire la quantità di dosi concordate nel primo trimestre? Che fine hanno fatto i vaccini prodotti in anticipo?
A queste e ad altre domande i vertici di AstraZeneca non hanno saputo rispondere. Nel weekend la commissaria Kyriakides aveva già spedito una lettera di fuoco e ieri i responsabili dell’ azienda sono stati convocati al tavolo con i rappresentanti dei 27 governi. «Ma le risposte non sono state sufficienti» ha ribadito la commissaria, che ieri sera li ha costretti a un nuovo confronto.
«L’ Unione europea – ha ribadito – ha prefinanziato lo sviluppo del vaccino e la produzione, per questo vuole avere un ritorno. Vogliamo sapere con esattezza quante dosi sono state prodotte da AstraZeneca, ma anche dove e a chi sono state vendute».
L’ azienda si è giustificata dicendo che il taglio delle forniture è legato a problemi di produzione riscontrati nello stabilimento di Seneffe, in Belgio, gestito dalla società partner Novasep. Il sospetto della Commissione è che l’ azienda possa aver dirottato verso altri Paesi parte dei vaccini destinati all’ Europa, anche se per ora non ci sono elementi concreti a sostegno di questa ipotesi.
AstraZeneca ha siglato contratti anche con gli Stati Uniti (fino a 300 milioni di dosi) e con il Regno Unito (100 milioni), Paesi in cui la distribuzione è iniziata da settimane in seguito all’ approvazione delle rispettive autorità nazionali.
Hanno invece lamentato ritardi simili a quelli europei anche l’ Australia e la Thailandia.
Ieri Pascal Soriot, amministratore delegato di AstraZeneca, ha assicurato a Ursula von der Leyen che l’ azienda farà il possibile per consegnare al più presto le dosi promesse ai Paesi Ue. Ma senza fornire cifre. Se l’ approvazione da parte dell’ Ema arrivasse venerdì, la distribuzione dovrebbe iniziare intorno al 15 di febbraio.
Ma nei primi 45 giorni arriveranno solo 31 milioni di dosi anziché 80 milioni: potrebbero esserci gli estremi per un’ azione legale o comunque per chiedere all’ azienda il pagamento di una penale, visto che il contratto fissa il volume di dosi da consegnare entro ogni trimestre. Ma da Bruxelles spiegano che è ancora presto per addentrarsi in questa strada, anche in ragione del fatto che al momento non c’ è nemmeno l’ autorizzazione dell’ Ema.
Sono invece rientrati gli allarmi legati al vaccino di Pfizer-BioNTech: dopo il temporaneo rallentamento della scorsa settimana, ieri ha ripreso la consegna delle dosi ai ritmi concordati. Anche l’ azienda americana, come tutte le altre, sarà costretta a rendicontare eventuali dosi esportate fuori dall’ Ue, ma ha già respinto le accuse di «dirottamento».
Intanto la Commissione europea ha raccomandato a tutti i governi di impedire i viaggi non essenziali da e per le regioni con più di 500 contagi ogni 100 mila abitanti: per l’ Italia rientrerebbero nella categoria il Veneto, l’ Emilia-Romagna, il Friuli-Venezia-Giulia e la provincia autonoma di Bolzano.
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