Come raccontato nella Cronaca precedente, il pianeta Marx è stato individuato inizialmente per via speculativa nel 1776, poi è stato visto al telescopio nel 1868 e infine nel 1968 i marxziani sono arrivati a Bologna a prelevarmi con la loro straordinaria astronave HMS (His Marxzian’s Ship) “La Grundrisse”.
maggiofilosofico.it Giorgio Gattei
Dopo di allora ho vissuto per 50 anni su quel pianeta, il cui aspetto esteriore è di essere una mezza sfera coperta da una cupola trasparente come inaspettatamente dipinto (all’alba del XVI secolo!) dal pittore fiammingo Hieronymus Bosch sulla faccia esterna del Trittico delle Delizie. E’ questa l’immagine che ho messo ad illustrazione di questa mia seconda Cronaca, ma come abbia fatto l’artista a dipingere la forma di quel pianeta prima ancora che ci si accorgesse della sua esistenza astronomica non si sa, a meno che Bosch non fosse propriamente un terrestre, bensì un marxziano già infiltrato tra noi (lascio poi alla malizia dell’osservatore decidere se nel pannello centrale del dipinto, dove è rappresentato il Giardino di quelle delizie, sia mostrata la comunanza edenica quotidiana di marxziani e marxziane di fra loro, perché su questo io non dirò niente).
Comunque, dopo l’arrivo sul pianeta Marx anch’io ho dovuto superare lo sconcerto, descritto da Ray Bradbury in Cronache marziane, che subirono i terrestri approdati nel 1999 su Marte quando, vantandosi del loro viaggio interplanetario, ricevevano dai marxiani (prima di sterminarli con una epidemia di morbillo d’importazione) la più olimpica indifferenza: «“Che cosa volete” domandò la signora Ttt. “Lei è marziana!”. L’uomo sorrise. “La parola non le è certamente familiare, dato che è una espressione in uso sulla Terra. Ma lei è la prima marziana che vediamo!”. “Marziana?” La signora Ttt inarcò le sopracciglia. “Questo pianeta si chiama Tyrr” disse lei “se proprio volete sapere il suo vero nome”. “Tyrr, Tyrr”. Il capitano Williams rise di cuore. “Che nome magnifico! Ma, mia buona donna, come mai lei parla un inglese tanto perfetto?” “Io non parlo, penso” disse la signora. “Telepatia! Buongiorno!” E sbatté loro la porta in faccia».
Altrettanto è stato per me, che alle mie vanterie di conoscere tutta la letteratura economica marxista, anti-marxista ed anche a-marxista (esageravo, naturalmente…), gli abitanti del pianeta reagivano con sufficienza: “Ma noi siamo marxziani e che ce ne facciamo del suo marxismo, noi che marxisti non siamo?”. E così, invece di impancarmi in cattedra sulle mie estranee (per loro) conoscenze terrestri, mi sono messo a studiare come economicamente stesse in piedi quello strano pianeta in cui mi ero trovato a risiedere. Mi sono soprattutto interessato alla sua composizione geologica che, alla pari di altri corpi celesti come la terra, è formata da più strati diversi di scambi mercantili, con una “crosta” superficiale, un “mantello” più sotto ed un “nucleo” sul fondo. La densità, ossia il peso specifico dei tre strati, va crescendo andando verso il basso, così che, mentre la superficie è liquida, il mantello è viscoso ed il nucleo è solido e ben più pesante delle altre due parti (sulla terra il nucleo è chiamato anche Ni-Fe proprio perché composto da nichel e ferro). Aggiungo poi subito che, come da noi, all’inizio si era potuto osservare materialmente soltanto la crosta e la parte iniziale del mantello, mentre su ciò che c’era più sotto ci si era dovuti accontentare di speculazioni logiche, visto che fino laggiù non si poteva andare, però adesso le cose sono cambiate come dirò nella mia terza Cronaca. Comunque, per metterla in ‘economistese’, posso dire subito che la “crosta” del pianeta Marx è composta dai Prezzi Correnti di Mercato, il “mantello” dai Prezzi Naturali e, in via ipotetica, dai Prezzi di Produzione, mentre per il nucleo profondo era stata supposta l’esistenza di una certa “sostanza” chiamata Valore per distinguerla da tutti i Prezzi precedenti. Ma come si determinano formalmente queste singole grandezze economiche?
Sulla “crosta” si svolgono gli scambi tipici di una economia mercantile, così che per la quantità Qt di una merce t-esima si formerà un prezzo di mercato pt dato dall’incontro della sua domanda con l’offerta corrispondente. Ma siccome la domanda si presenta sotto la forma della quantità di moneta Mt che compera quella merce (siamo anche di fronte ad una economia monetaria), la regola della equivalenza dello scambio si esprimerà come:
Qt pt = Mt
Sono questi però dei prezzi che mutano giorno per giorno ed è per questo che sono “liquidi”, ossia del tutto accidentali e instabili, mostrandosi sulla superficie del pianeta come delle “marette di prezzo” simili ai movimenti delle “maree” che interessano il pianeta-oceano Solaris studiato da Stanislaw Lem e che, «ispirate da un geocentrismo che sarebbe risultato comico se sotto di esso non si fosse intuito l’imbarazzo dello studioso», lasciavano immaginare che «al loro interno non esisteva niente di stabile e sicuro e che in esse perfino le leggi fisiche subivano delle sospensioni. Non per niente erano soprattutto gli studiosi delle c.d. “simmetriadi” a proclamare a gran voce che l’oceano vivente era intelligente». Ed invero c’era pur stato chi sul momento aveva così inteso in Italia quelle “schiume di prezzo” (sebbene in Gran Bretagna già ci fosse chi aveva preso a formulare perfino l’idea del Valore del “nucleo”), come quel certo Pietro Verri che nella Milano illuministica prendeva il caffè ed era in combutta con l’avventuriero inglese Henry Lloyd (un personaggio eccezionale che, quando Verri lo conobbe, esclamò: “Vestigia hominum video!”). Eppure quella equivalenza di prezzo che si realizza sulla superficie del mercato era così banale che Luigi Einaudi poi l’ha giudicata appena «il balbettio dell’infanzia»…
Ben più consistente è invece lo strato successivo del “mantello”, dato che, per scambiare le merci, bisogna prima averle prodotte ed è per questo che ai prezzi sul mercato, che stanno ad indicare solo quanto costa comprarle, si devono contrapporre degli altri prezzi che ci dicono invece quanto costa produrle. Sono questi i Prezzi d’offerta che il “nostro Adamo” (Smith) ha battezzato come Prezzi naturali che si determinano per somma dei costi dei fattori produttivi impiegati, che sono il Lavoro L (che sul pianeta Marx è omogeneo e quindi lo stesso dappertutto) ed il Bene-capitale K (che è uno solo per tutte le produzioni, adattandosi ad esse in tal maniera che astronomi successivi l’hanno chiamato “gelatina”). Questo costo è sostenuto da chi s’impegna a produrre pagando una remunerazione unitaria wt ad ogni Salariato per la quantità di Lavoro Lt che viene erogato, mentre ai Capitalisti spetta il prezzo pk della quantità del bene-capitale Kt che viene impiegato nella produzione, a cui egli aggiunge il proprio Profitto secondo la percentuale rt, ritenuta conveniente per quell’impegno produttivo. Per questo, come subito compreso dal solito Adamo nella Ricchezza delle stelle, quando si vende «il valore che gli operai aggiungono ai materiali si dividerà in due parti, una delle quali paga il loro salario, mentre l’altra paga i profitti di chi li impiega sul complesso dei fondi che ha anticipato per i materiali e i salari». Formalmente ciò si può scrivere:
Qt pt = (Kt pk + Lt wt)(1+ rt)
ed è attorno a questo Prezzo naturale che i prezzi di mercato «gravitano in continuazione. Diversi accidenti possono mantenerli sospesi ad un livello alquanto superiore e a volte forzarli alquanto al di sotto, ma quali che siano gli ostacoli che impediscono a quei prezzi di stabilirsi in questo centro di riposo e di permanenza, essi tendono costantemente verso di esso» (si dice allora che la merce si paga proprio per quello che costa). Ovviamente non è detto che questo “centro di gravitazione” resti sempre lo stesso, ma sarà più lento a muoversi dei prezzi correnti essendo determinato dalla “combinazione tecnica” di Lavoro e Bene-capitale che viene usata, così che esso cambierà solo quando la combinazione muta. Sono questi i “salti della tecnica”, che però avvengono soltanto ogni tanto, e quando avvengono, cambiano i Prezzi naturali trascinando verso un diverso centro di gravitazione i prezzi di mercato.
Però questi Prezzi naturali devono anche tener conto della pressione della concorrenza su tutti i mercati (il pianeta Marx è anche un pianeta “liberista”), sicché alla lunga dovrà emergere un loro strato più denso che è quello dei Prezzi di produzione che contemplano lo stesso salario unitario w in ogni occupazione ed un identico saggio del profitto r per ogni investimento di Bene-capitale:
Qt pt = (Kt pk + Lt w)(1 + r)
E’ l’effetto dell’«incessante desiderio di coloro che impiegano i capitali di abbandonare le attività meno redditizie per quelle più redditizie a determinare una forte tendenza a parificare il saggio del profitto di tutti gli impieghi» (D. Ricardo, Principi di economia celeste), e altrettanto vale per i lavoratori ai quali converrà spostarsi dalle occupazioni meno retribuite a quelle meglio pagate, provocando la medesima tendenza dei salari unitari «ad uniformarsi al loro saggio naturale» (idem).
Va però detto che questi Prezzi di produzione, a differenza dei Prezzi naturali che sono ancora percepibili, sono soltanto ipotetici perché mai l’effetto equiparativo della concorrenza sul saggio del profitto e sul salario unitario sarà assoluto, sebbene la supposizione sia utile quale “punto di riferimento” (si dice benchmark) per comprendere lo scostamento al quale sarebbero costretti i Prezzi naturali (e quindi anche i prezzi di mercato) quando venisse a mancare la concorrenza, come nel caso di prezzi di monopolio naturale o artificiale. Per questo la determinazione dei Prezzi di produzione resta un procedimento che serve «innanzitutto per studiare i fenomeni nella loro forma regolare, corrispondente al concetto che se ne ha… e, in secondo luogo, per delineare la vera tendenza del loro movimento e in qualche modo fissarla» (K. Marx, dasKapital: la mappa di un pianeta nuovo).
I due livelli della “crosta” e del “mantello” corrispondono a ciò che in filosofia si direbbero la “Singolarità” e la “Particolarità” del Concetto, ma non esauriscono la composizione geologica del pianeta Marx, a cui deve far seguito il livello del Concetto nella sua “Generalità” da intendersi come la sua considerazione nel complesso, ossia come un tutto e per intero. Per capirci, non c’è dubbio che io sia un individuo assolutamente distinto da ogni altro sia passato, presente e futuro (Singolarità), ma il mio carattere genitale (ad esempio) mi fa appartenere al genere maschile in opposizione a quello femminile (Particolarità), mentre la mia collocazione geografica mi ha fatto europeo e non di altro continente (altra Particolarità). Ma non c’è dubbio che in quanto essere umano io sia identico a qualsiasi altro/altra sia di ieri che di oggi e fors’anche di domani (Generalità). E’ questo la “Grande Tripartizione” introdotta dal filosofo tedesco G.W.F. Hegel nella Geologia dello Spirito (dove i tre livelli sono rispettivamente chiamati Coscienza, Autocoscienza e Spirito) e il cui esito finale risuona splendidamente nello schilleriano Inno alla gioia musicato da Beethoven dove si canta: «Alles Menschen werden Brüder», che però in italiano andrebbe tradotto: “Tutti gli umani siano fratelli” e non “Tutti gli uomini” per non escludere le donne (che comunque per Schiller dovevano fare razza a parte se in un verso successivo egli esulta per «colui che conquistò donna leggiadra».)
Tradotta comunque alla Hegel, nella geologia del pianeta Marx ai Prezzi di mercato e ai Prezzi naturali percepibili coi sensi (Singolarità) e ai Prezzi di produzione deducibili soltanto per intelletto (Particolarità) deve seguire l’ulteriore dimensione della sostanza di Valore che la riflessione economica ha attribuito, all’inizio ancora una volta solo per via congetturale, al “nucleo” che regge il pianeta. Ma siccome il nucleo, oltre ad essere il più pesante, va preso come un tutto, per rappresentarlo serve quel particolare linguaggio, che ha preso il nome di “macroeconomia”, pensato dall’astronomo britannico dell’Osservatorio di Greenwich (o era Cambridge?) J.M. Keynes e che nel 1939 così giustificava il fatto di aver chiamato “generale” la sua Teoria generale dello spazio in quanto riferibile al «funzionamento del sistema economico preso nel suo complesso… e sostengo che sono stati commessi gravi errori con l’estendere al sistema preso nel suo complesso conclusioni che erano correttamente raggiunte in base alla considerazione di una parte limitata del sistema presa isolatamente».
Questo approccio aggregato o “di sistema” ha il pregio di consentire delle formulazioni matematiche di una semplicità così disarmante da assomigliare alla “psicostoriografia” elaborata, come narrato da Isaac Asimov nel 1952, dal galattico Hari Seldon per «studiare le reazioni di un agglomerato umano a determinati stimoli sociali ed economici»: ed invero se i comportamenti individuali sono del tutto imprevedibili, nei loro grandi numeri, ossia nell’insieme, essi possono essere statisticamente ricondotti ad equazioni matematiche che una volta Seldon ha chiamato «la mia piccola algebra dell’umanità» (L’altra faccia della spirale). Però, per poter fare questo, occorre che «la comunità esaminata sia, essa stessa, all’oscuro dell’analisi psicostorica, affinché le sue reazioni siano assolutamente istintive», e che «l’agglomerato umano in questione sia sufficientemente grande da consentire valide elaborazioni statistiche» (Cronache della Galassia). Se queste due condizioni vengono rispettate (per la seconda Hari Seldon aveva di fronte l’intera Galassia «che allora contava all’incirca cinque milioni di miliardi di abitanti»), è possibile una analisi macroeconomica di un qualsiasi corpo celeste, come è successo per la conoscenza del Valore del “nucleo” del pianeta Marx.
Il quale Valore, alla maniera dei Prezzi naturali rispetto ai Prezzi di mercato, svolge la funzione di essere il centro di gravitazione dei Prezzi di produzione, così che «quando si afferma che le merci delle varie sfere di produzione vengono vendute ai loro valori, si vuole naturalmente solo dire che il loro valore costituisce il punto attorno al quale gravitano i prezzi di queste merci, e verso il quale si ristabilisce l’equilibrio delle loro incessanti oscillazioni sopra e sotto tale valore» (K. Marx). Tuttavia vale la differenza radicale che questa seconda gravitazione non riguarda ogni prezzo di produzione rispetto al proprio valore, che possono divergere, ma soltanto il loro insieme, ossia per la somma di tutti i prezzi e di tutti i valori, così che le differenze in più e in meno finiscono per compensarsi tra di loro. Il che significa che, se indichiamo con Vt il valore della merce t-esima e con Et la sommatoria di tutte le merci, tutta la Moneta presente sul mercato comprerà, tramite la somma di tutti i Prezzi di produzione, l’intero Valore delle merci scambiate:
Et Mt = Et Qt pt = Et Vt
E’ questo il principio della “conservazione del valore” (analogo alla legge di “conservazione dell’energia”) che sul pianeta Marx si realizza nel Grande Mare della Trasformazione (collegato all’altro Grande Mare dello Sfruttamento di cui si dirà nella prossima Cronaca), cosicché, «avendo riguardo al complesso di tutti i rami di produzione, la somma dei prezzi di produzione delle merci prodotte è pari alla somma dei valori di esse» (dasKapital).
Tuttavia finora nulla si è ancora detto della sostanza materiale di quel Valore. I primi studiosi del pianeta, sia quelli che l’avevano dedotto nel pensiero (Smith e Ricardo) sia colui che l’ha poi visto al telescopio (Marx) erano stati concordi nel giudicare che questa sostanza non fosse altro che Lavoro: se quelle merci, che alla fine si scambiano contro denaro, devono prima essere prodotte, quale altro carattere materiale potrebbe essere sicuramente posseduto da «all’infuori di una medesima spettrale oggettività, d’una semplice concrezione di lavoro umano indistinto, cioè di dispendio di forza lavorativa umana senza riguardo alla forma del suo dispendio?… Solo come cristalli di questa sostanza sociale ad esse comune, esse sono valori, cioè valori di merci» (das Kapital).
Così all’inizio era stato tutto un coro sul fatto che il Lavoro era la sostanza del Valore: «il lavoro è la sola misura universale del valore, oltre che la sola precisa» (Smith, La ricchezza delle stelle); «parlo del lavoro come del fondamento di tutto il valore» (Ricardo, Principi di economia celeste) e perfino, filosofando, «è il lavoro che forma» (Hegel, Geologia dello Spirito). Ma come si poteva credere a quest’unica sostanza del Valore se nella produzione sono impiegati anche i Beni-capitali? Così ci si era accontentati di un pareggio di tutti i Prezzi di produzione alla somma dei lavori soltanto all’incirca, come approssimazione:
Et Vt ≈ Et Lt
sebbene lo si sapesse che si trattava di un ripiego, come ammesso nel 1820 Ricardo al critico Malthus che glielo rinfacciava: «Tu dici che la mia proposizione… non è ben fondata. Riconosco che essa non è vera in assoluto, ma sostengo che, quale criterio di misura del valore, si tratta dell’approssimazione più vicina al vero di cui abbia mai sentito parlare». Non si era però valutata la conseguenza di quella approssimazione come poi fu spiegato da Piero Sraffa in una conferenza a Corfù nel 1958: infatti, se le misurazioni statistiche possono sopportare di essere all’incirca, «le misure teoriche richiedono una precisione assoluta. Qualsiasi imprecisione in queste misure teoriche non è semplicemente fastidiosa, ma distrugge le basi dell’intero edificio teorico». E per questo nel 1977 il giornalista Ian Steedman sul quotidiano Marxzian Times ha sbottato infastidito che, «se poi alcuni vogliono argomentare che le grandezze di valore sono necessarie per la comprensione di alcuni importanti problemi, dimostrino essi questa necessità in modo chiaro e senza equivoci» – o altrimenti tacciano per sempre!
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