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Potresti imbatterti in Loretta Bolgan se preso da dubbi, perplessità e preoccupazioni rispetto alla pressante richiesta di adesione alla campagna vaccinale ti decidi a percorrere la rete in lungo e in largo cercando di saperne di più. Ti stai chiedendo se sia la cosa giusta da fare, se sia l’unica scelta possibile per te, le persone che ami, per tutti noi.Chi ha fortuna la incontra e sente e comprende immediatamente che ciò che intuiva seppure oscuramente era più che fondato. Ascoltandola si percepisce che ciò che la muove è autentico desiderio di avvertire il suo prossimo intorno ai grandi temi della salute. Del tutto scevra da qualsiasi conflitto di interesse si capisce facilmente come mai gli organi ufficiali di informazione la evitino scrupolosamente.
In Studi e Salute , il suo sito personale, Loretta si è posta l’obiettivo di rendere disponibile a tutti noi
accanto ad una sezione “Testimonianze” e uno spazio dedicato a “La Forza della Vita”, “una banca dati in cui raccoglie materiali di carattere scientifico e divulgativo (articoli, dossier, ebook ecc.) principalmente su due aree tematiche: la salute umana e l’ambiente, con lo scopo di informare e mantenere aggiornato il lettore su temi attuali sempre più complessi, in modo da aiutarlo a discernere in maniera consapevole, per il benessere individuale e collettivo, tra le molteplici possibilità di scelta che il progresso ci offre». Basta visitare la sezione salute del suo sito per rendersi conto della qualità e quantità di materiali documentali scritti, pubblicati e messi a disposizione gratuitamente di chiunque interessato alla loro consultazione.Parla di se stessa con estrema sintesi definendosi un consulente
scientifico. Si è laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche a
Padova, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in scienze
farmaceutiche. Durante il dottorato ha lavorato come Research fellow
al Massachusetts General Hospital (Boston). Dopo il suo primo percorso
di studi che le ha permesso di acquisire competenze in ambito
farmaceutico, della biologia molecolare e cellulare, ha lavorato
come ricercatrice industriale nello sviluppo di kit diagnostici di
biologia molecolare, e nell’allestimento di dossier di registrazione di
farmaci e galenici. Nel settore dell’industria farmaceutica si è
occupata di registrazione e sviluppo di progetti di ricerca in ambito
oncologico. È stata consulente di parte in merito alla legge 210/92,
inquinamento ambientale e malattie professionali, ha partecipato
all’ultima Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito
nel gruppo vaccini. Attualmente è consulente per l’Ordine Nazionale dei
Biologi per la tossicologia dei farmaci e dei vaccini, si occupa anche
di medicina funzionale, nutrigenomica, terapie nutrizionali. Da oltre 20
anni, Loretta collabora, quale consulente scientifico, con associazioni
no-profit, movimenti civici e comitati scientifici che hanno come
obiettivo la tutela del consumatore, della salute umana e ambientale e
lavorano per la libertà vaccinale e terapeutica e per la salvaguardia
dell’ambiente.
Non lasciarti fuorviare dal suo sorriso gentile.
In lei generosità, determinazione, forza, coraggio, competenza si
integrano alla perfezione facendone una combattente per le cause della
Vita e le istanze del benessere psicofisico.
Chi ha provato ad esorcizzare la potenza dirompente del suo messaggio nei confronti della narrativa dominante attaccandola personalmente o sulla base di presunti errori nella presentazione delle evidenze tecnico-scientifiche a supporto delle sue avvertenze ha fatto tutt’altro che una bella figura. Se la consapevolezza della molteplicità dei suoi interessi e delle sue attività-collaborazioni (Loretta è protagonista di associazioni dello spessore di Corvelva, Comilva, RinascimentoItalia) insieme alla consultazione del suo CV permettono di soppesare adeguatamente l’eccelsa qualità della sua formazione e della sua esperienza è solo leggendola e ascoltandola che si può apprezzare il carattere di forte rottura con le spiegazioni circolanti delle verità scientifiche di cui si fa ambasciatrice contro la propaganda dilagante che diffonde e usa la paura del contagio e la concomitante improrogabile necessità, quale unica arma utilizzabile di reclusioni coatte e vaccinazioni di massa.
Un virus batterico
La tesi sostenuta
dalla Bolgan, sin da luglio scorso, che il virus che provoca il covid
fosse un virus batterico, ha trovato recente conferma nei risultati
della ricerca del dott. Carlo Brogna
con cui la dott.ssa Bolgan ha attivamente collaborato; primi al mondo a
fotografare e guardare in faccia il virus. La sua natura batterica
spiega come mai risultino efficaci contro il virus gli antibiotici,
utilizzati tra l’altro da quei medici che hanno individuato sul campo la
terapia domiciliare precoce
al cui successo, praticamente totale, nel trattamento tempestivo dei
malati covid a casa dei pazienti non hanno fatto seguito la promozione e
la diffusione della stessa da parte del governo e del CTS che
continuano inspiegabilmente ad ignorarla.
La natura batterica del
virus è coerente, inoltre, con la constatazione che gli immuno
probiotici siano efficaci nel suo controllo. A domanda la dott.ssa
specifica che la consapevolezza della natura del virus ha grande
importanza per la individuazione della corretta terapia e prevenzione
avendo «un impatto notevole in tutte quelle che sono le conoscenze
relative alla sua modalità di trasmissione, mettendo in
discussione tutta la procedura che è stata messa in opera per il suo
contenimento quali le mascherine, il distanziamento ecc. perché
presuppongono una diffusione a livello ambientale del virus, che si
trova nell’ambiente, diversa da quella prevista avendo questo virus un comportamento più simile a un fago.
I batteri fanno da veicolo al virus facilitando l’infezione delle
cellule anche eucariote. Il virus, è documentato, entra quindi anche
nelle cellule epiteliali così come nei macrofagi. Principalmente però è
un virus che infetta i batteri attraverso i quali stimola la grande
tempesta di citochine insieme ad una forte produzione di tossine batteriche
responsabili tra l’altro di tutte le manifestazioni neurologiche del
covid. Parlando di un virus che ha caratteristiche più da enterovirus, il contagio avviene per ingestione e non per inalazione;
si mette perciò in discussione il fatto che questo sia un virus
tipicamente respiratorio cioè che infetta le vie aeree inferiori, quelle
polmonari. Esso infetta naso e gola ma poi viene ingerito, non viene
respirato, a meno che non ci sia un’autoinalazione che è quella che succede quando indossiamo la mascherina…
Tutte queste cose, andavano verificate da subito. Tutte le misure che
noi stiamo prendendo sono del tutto inutili nei confronti di un virus
come questo perché non abbiamo ancora capito o non abbiamo
voluto capire quale è la reale via di trasmissione e come va trattato il
paziente da subito, al primo manifestarsi della sintomatologia. Questo virus, insiste la dott.ssa Bolgan, colonizza i batteri iniettando al loro interno il suo genoma. Tende inoltre a integrarsi nel DNA dell’ospite.
Non sappiamo ancora se si integra completamente o parzialmente. Se si
integrasse parzialmente, nel momento in cui viene stimolata la sua
produzione non sappiamo se si producono solo parti del virus, non
infettive, o se si attivi tutto il virus provocando una ripartenza
dell’infezione. Mi sono arrivate numerose segnalazioni che le
persone che si sono vaccinate con l’antinfluenzale e poi per il covid
dopo circa una settimana sviluppano il covid! I test tampone
indicano che c’è una replicazione virale e questo ci dice che il virus
si è riattivato. Per riattivarsi ci sono due modalità. Nella prima essa è
dovuta alla persistenza del virus nelle cellule batteriche (non dannosa
– semplicemente viene riattivata la sua presenza a livello dei
batteri), nella seconda la riattivazione avverrebbe proprio perché si sarebbe integrato nel DNA
esattamente come fanno i retrovirus (tipico l’esempio dell’herpes che è
un retrovirus integrato). Questo presuppone che l’RNA del virus
dev’essere retrotrascritto e integrato. Tale comportamento è stato
dimostrato per questo virus a livello delle cellule; per il momento si è
visto che l’integrazione è parziale, tuttavia le evidenze delle persone
che si ammalano dopo la vaccinazione mi fanno pensare che il virus si
integri completamente. Il fatto che si produca una cronicizzazione della
malattia si è capito già dopo qualche mese perché le persone
continuavano a produrre proteine virali anche dopo mesi cosa che è stata
appurata facendo l’analisi delle feci. Anche qui abbiamo sbagliato. Il campione più corretto per studiare questo virus sono le feci, non il tampone salivare!
Quella a cui faceva riferimento prima è il fenomeno della crossreattività tra influenza e covid?
Sì,
perché ci sono delle omologie di sequenza tra virus influenzali e covid
che condividono proteine assai simili per cui se si formano degli
anticorpi contro il virus dell’influenza, gli stessi anticorpi si legano
debolmente al Sars Cov-2. Il problema è che gli anticorpi che si
formano in seguito alla vaccinazione antinfluenzale si legano al covid
ma poiché lo fanno in maniera debole accade che più anticorpi si legano
allo stesso virus. Quando si forma questo complesso formato da più
anticorpi col virus, il virus entra nelle cellule attraverso un
recettore diverso dall’ACE2. In questo caso il complesso si serve del
recettore Fc-gamma che è presente nelle cellule del sistema immunitario,
in particolare nei macrofagi, nei mastociti e in altre cellule di
questo tipo. Quando il virus entra nei macrofagi attraverso questa via,
esso blocca la risposta antivirale del macrofago e quindi gli
interferoni antivirali, cominciando così a replicarsi in maniera
incontrollata all’interno delle cellule del sistema immunitario. Da qui
la stimolazione della produzione di citochine. Ecco il meccanismo con cui si innesca la complicanza. Questo è quello che chiamiamo il potenziamento della malattia che si produce in maniera molto rapida e incontrollata.
Una versione amplificata della recidiva dell’influenza?
Esattamente.
Sì, anche con il virus dell’influenza succede la stessa cosa. Il
potenziamento della malattia nel caso dell’influenza è possibile dopo la
vaccinazione antinfluenzale. Soprattutto negli over 65 si manifesta
questo fenomeno molto pericoloso. Teniamo conto, infatti, che
soprattutto tra gli anziani la percentuale dei vaccinati che manifestano
un potenziamento è alta, aggirandosi intorno al 50%. La vaccinazione li
predispone alla complicazione fatale soprattutto se sono compresenti
più patologie. Di conseguenza il fenomeno del potenziamento è un
fenomeno che va evitato cercando di fermare l’infezione nella prima
fase, quella virale. Quando il sistema immunitario non riesce a bloccare
il virus nella prima fase può succedere che si inneschi la
complicazione perché nel tentativo di bloccare il virus esso ha tutto il
tempo di andare ad infettare le cellule del sistema immunitario ed è
questa infezione a provocare la complicazione grave fatale. Quest’ultima
è quindi conseguenza di un potenziamento della malattia che si attiva
con gli stessi anticorpi che la persona sta producendo contro il virus
perché se c’è una produzione precoce di anticorpi che non sono molto
affini ed efficaci per il virus, essi purtroppo sono in grado di legarsi
al virus e causare di per sé il potenziamento. Se la persona avesse
anticorpi provenienti dal vaccino antinfluenzale, da un vaccino covid o
anche da infezioni covid pregresse essa corre un rischio maggiore di
sviluppare il potenziamento, anche da subito.
Dottoressa, se non ho interpretato male, la letteratura
scientifica riporta che la sperimentazione di vaccini contro le prime
forme di Sars e di Mers, all’inizio del secolo, condotta, in fase
preclinica, sugli animali, quando quest’ultimi venivano reinfettati con
il virus selvatico, dopo essere stati vaccinati, manifestavano il
fenomeno del potenziamento e della complicazione fatale tanto da indurre
da causare il blocco della sperimentazione di quei vaccini. È così?
Sì, è proprio così.
Come mai allora è stata ripresa, e proprio sugli umani?
Ho
documentato già nel primo libro che ho scritto sui vaccini, questa
problematica, peraltro ben nota, sin dall’inizio, anche alle agenzie
regolatorie e ai produttori. Se si va a leggere quello che ho scritto vi
si trova documentato che nella prima riunione con le agenzie
regolatorie e i produttori per decidere cosa fare nel pieno della
pandemia, che l’argomento centrale a quel tempo era proprio il rischio
di potenziamento della malattia. Ne erano, quindi, perfettamente a
conoscenza ma hanno comunque utilizzato la procedura accelerata (fast track)
prevista per situazioni di estrema gravità. Non si sapeva ancora bene
che tipo di andamento la pandemia avrebbe manifestato nel corso del
tempo, se sarebbe potuta diventare qualcosa di catastrofico. Davanti a
tale incognita hanno deciso comunque di prendersi il rischio di fare il
vaccino sperimentandolo direttamente sull’umano, in parallelo con gli
studi preclinici. Questa scelta in una valutazione beneficio/rischio
risulta nettamente sbilanciata verso il rischio.
Negli studi
preclinici che a una occhiata anche superficiale appaiono strutturati
nello stesso modo – io per ora ne ho approfondito solo uno e attualmente
sto approfondendo quelli della Pfizer – si può constatare che essi gli
animali vengono vaccinati per poi infettarli successivamente con il
virus contagioso con la stessa sequenza del vaccino e non con virus
circolanti. È evidente che con questa modalità non siamo
assolutamente in grado di sapere se il vaccino protegge o meno
dall’infezione o se può avere provocare un potenziamento della malattia.
Tutti gli studi sulla SARS sono stati fatti con virus ingegnerizzati,
quindi con una sequenza modificata rispetto al virus della SARS
originale. Questo ha permesso di constatare il potenziamento della
malattia. Teniamo conto che in questo caso il potenziamento della
malattia non è trascurabile perché impatta gran parte dei vaccinati. Se
si considera ad esempio il caso ben conosciuto del virus sinciziale
respiratorio, il relativo vaccino è stato testato sui bambini con
problemi di bronchiti, broncheoliti e simili. Hanno riscontrato che l’80% dei bambini, rispetto ai non vaccinati, ha sviluppato il potenziamento della malattia e molti di loro sono anche morti. Il vaccino contro la dengue
che ha la stessa problematica è stato ritirato e la ditta produttrice è
stata denunciata per non aver preso in considerazione il problema del
potenziamento pur conoscendolo con la conseguenza di aver causato la
morte di bambini vaccinati. La precauzione sarebbe stata d’obbligo,
soprattutto non è accettabile che sia stata data un’autorizzazione
seppure condizionale per un vaccino per il quale non si è escluso, in
maniera chiara e definitiva, il rischio di causare il potenziamento.
Grandi riviste, quali Science, Nature e altre, anche
recentemente, hanno lamentato il fatto che non ci sono ancora dati su
quest’aspetto e ecco, tutto questo è inaccettabile!
Ho letto, credo sul suo e-book, che gli studi preclinici
sugli animali, fatti per gli attuali vaccini covid, sono stati svolti in
fretta e furia e in parallelo alla sperimentazione sull’uomo grazie
alla concessione della procedura fast track ma su modelli animali che
non sviluppano la complicanza del covid con la conseguenza che non è
stato possibile verificare se questi vaccini possano o meno causare
potenziamento della malattia.
Sì, a breve analizzerò
gli studi che la Pfizer ha presentato all’EMA come prova della sicurezza
e dell’efficacia di questo vaccino. Attenzione che i primati non sono
la specie animale corretta per testare il vaccino proprio perché non
sviluppano la complicazione grave e fatale. Non possiamo sapere quindi se il vaccino protegge.
La sua funzione sarebbe propriamente quella di evitare che le persone
sviluppino questo genere di complicazioni! Se, infatti, dovessimo
proteggere le persone da un semplice raffreddore, è del tutto evidente
che del vaccino potremmo farne tutti a meno.
Dagli studi preclinici sappiamo che non è sterilizzante ossia che non impedisce la trasmissione del contagio.
Il vaccinato può comunque prendersi l’infezione e sviluppare la
malattia, sintomatica o asintomatica, non sappiamo ma è noto che può
infettare gli altri. L’infezione si contrae perché se la persona dovesse
venire a contatto con il virus circolante essa è esposta, a tutti gli
effetti, alla stregua di una persona non vaccinata, a contagio e
trasmissione del virus. In definitiva il vaccino non interrompe la catena della trasmissione del virus.
Pensare che c’è chi parla di dare un patentino di
immunità a chi si sottopone alla vaccinazione, un patentino di immunità
per un vaccino che non garantisce nessuna immunità…
Il
patentino non ha senso a priori. Non trovo corretta questa strategia in
ogni caso. A mio avviso queste infezioni stagionali hanno modalità di
diffusione assai simili. Come con l’influenza l’unica cosa che possiamo
fare è curare a casa la persona sintomatica finché non sta bene; anche
nella fase di convalescenza dovrebbe starsene a casa almeno quindici
giorni finché non recupera completamente. Questo andrebbe fatto per
qualsiasi tipo di malattia infettiva. Di solito, invece, quando una
persona è influenzata, passati i consueti tre giorni di febbre torna al
lavoro ma il tempo necessario al sistema immunitario di risolvere
l’infiammazione e fare i ripari del danno richiederebbe che la persona
se ne stesse a casa tranquilla, a curarsi e a riposare. È questa la
cosiddetta quarantena inversa. Tengo a casa il malato, lo curo,
cerco di isolarlo, mantenendo con lui un contatto minimo
indispensabile; tutti gli altri si lasciano liberi di uscire,
soprattutto la fascia maggiore della popolazione che è quella che non
manifesta sintomi e se li manifesta sono in ogni caso nella fascia dei
sintomi influenzali che si risolvono senza che si abbia la complicazione
grave. Precauzione e monitoraggio stretto degli anziani a rischio che
vanno curati, in maniera tempestiva appena si manifestano i primi
sintomi. Prevenzione per tutto il resto della popolazione. Fare quindi
un investimento importante e sostanziale sulla prevenzione e sulla cura
della fase influenzale ed evitare il tracciamento dei positivi a base di tamponi che
strategicamente non è così fondamentale, viste oltretutto le
problematiche di gestione del poco personale e delle risorse finanziarie
di cui disponiamo. D’altra parte teniamo conto del fatto che ci sono
degli studi che ci stanno dando l’informazione che gli asintomatici, per loro caratteristica, hanno selezionato all’interno del loro organismo, dei virus attenuati.
Gli asintomatici, quindi, selezionano dei mutanti che in realtà non
sono in grado di causare la malattia. Questo il motivo per cui sono
asintomatici. Essi sono potenzialmente infettivi, però infettano a basso grado. In definitiva è come se fossero dei vaccini naturali perché infettano le persone a basso grado attraverso virus attenuati in modo naturale attraverso il loro organismo.
Una vaccinazione naturale. Bisognerebbe abbracciarsele queste persone quando si incontrano.
In teoria sì, in teoria sono
quelli che fanno finire prima l’epidemia perché permettono la
diffusione rapida del virus in forma di mutante non pericoloso diverso
da quello che può causare la malattia; finendo prima la malattia essi impediscono anche la selezione di mutanti più aggressivi e pericolosi.
Hanno quindi varie finalità. Una parte consistente della letteratura e
degli studi che non sono stati fatti a sufficienza per vedere perché
l’asintomatico è asintomatico e perché l’asintomatico è tale rispetto a
uno che si prende la malattia; sembra che la ragione stia nei mutanti
che si stanno replicando nel loro organismo. Teniamo conto, infatti, che
una persona che ha un sistema immunitario efficace seleziona,
tra i vari mutanti che si formano durante la replicazione del virus,
quelli che sono meno pericolosi se il sistema immunitario è robusto
perché riesce a eliminare quelli che possono creare un danno
all’organismo. Viceversa quelli che sono attenuati sono quelli
che rendono la persona asintomatica. In chi, invece, ha un sistema
immunitario depresso o intossicato dall’uso di troppi farmaci come nel
caso degli anziani o delle persone che hanno patologie che causano
l’immunodepressione, il virus sfonda una porta aperta, per cui si
replica in maniera incontrollata anche con mutanti più pericolosi che si
replicano più rapidamente e sono più aggressivi. Ecco, bisognerebbe,
aver studiato con molta più attenzione questi fenomeni. Si sarebbe
potuto capire molto se si fosse fatto un lavoro approfondito sul
sequenziamento. Se avessimo sequenziato fin dall’inizio i virus sia
nelle persone che hanno sviluppato la patologia grave fatale sia in
quelli sintomatici che non sviluppano la patologia grave e negli
asintomatici forse saremmo riusciti a capire un po’ meglio la dinamica
di questa infezione. Soprattutto bisognava andare a studiare nel
dettaglio la diffusione ambientale del virus. Di recente cominciano a
venire fuori studi cinesi molto importanti che ci dicono che il virus si
trova nell’acqua, si trova nella verdura annaffiata, si trova nella
carne macellata, addirittura nell’acqua dei prodotti congelati! Questo
vuol dire che siamo in presenza di una diffusione ormai
capillare che rende del tutto inutile il contenimento attuato attraverso
il distanziamento se il virus si trova ormai dappertutto.
Quindi gli asintomatici piuttosto che tenerli in
quarantena avremmo dovuto lasciarli circolare… Le chiedo allora pensando
all’altra faccia della medaglia se può essere che il vaccino possa
contribuire a indurre una selezione di mutanti più contagiosi e più
pericolosi
Certo che sì! Fa vaccino resistenza. Sì, dobbiamo tener conto che i virus a RNA, a singolo filamento come questi, non solo formano rapidamente mutanti, soprattutto nella parte della Spike
ché quella è immunogenica, riuscendo così a sfuggire rapidamente a
quello che è l’attacco del sistema immunitario, soprattutto adattativo.
C’è, infatti, un RNA polimerasi RNA dipendente che introduce molti
errori nella sua replicazione, formando, quindi, molto rapidamente
mutanti con mutazioni che sono presenti in tutti i virus del nuovo
mutante, ossia in tutte le copie, al 100%. Può però formare anche una
popolazione di mutanti minori, presenti in una percentuale che varia dal
20 all’80% del mutante maggiore che si chiamano quasispecie.
Quindi accanto al mutante maggiore si hanno anche centinaia di questi
mutanti minori, tutti in equilibrio competitivo tra di loro. Quando si
vaccina si producono degli anticorpi specifici per l’antigene vaccinale
ma questi anticorpi prodotti attraverso il vaccino non sono in grado di
legarsi a tutti i mutanti minori, quindi i mutanti minori che sfuggono
dal legame con l’anticorpo vaccinale sono propriamente quelli che si
replicano e fanno la resistenza perché godono di un vantaggio selettivo.
Essi vengono quindi selezionati proprio dalla vaccinazione ed ecco la vaccino resistenza!
Ed ecco che la famosa variante di Londra, così come quelle che si sono
manifestate in Francia o altrove potrebbero avere questa origine. Facile presupporre che siano state causate dalla vaccinazione.
Bisognerebbe
fare uno studio per vedere se le mutazioni cadono nel sito di legame
degli anticorpi vaccinali perché se così fosse allora è stato
effettivamente il vaccino a creare le varianti. In ogni caso, dal punto
di vista della plausibilità biologica è assai probabile che si originino
mutanti da vaccino resistenza. Più vacciniamo la popolazione più rapidamente creiamo vaccino resistenza.
Il risultato sarà che invece di avere un effetto gregge (loro dicono
che bisogna vaccinare il 75% della popolazione perché si riesca ad
interrompere il contagio) in questo caso saremo di fronte a un virus che
il vaccino non potrà contenere perché la trasmissione non si interrompe
vaccinando e non ha alcun senso parlare di effetto gregge. Si otterrà
viceversa l’effetto contrario, ossia la vaccino resistenza e anche molto
rapidamente!
Fine prima parte
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