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Il portale di digitalizzazione di libri resta inaccessibile al pubblico italiano. Almeno per chi non usa le vpn: storia di un sequestro poco chiaro
La brutta notizia è che il progetto Gutenberg, che dal 1971 rende disponibili gratuitamente decine di migliaia di capolavori della letteratura mondiale, rimarrà tecnicamente inaccessibile al pubblico italiano. La buona è che se state usando una vpn o il Tor browser non dovreste esservene neanche accorti. È questa l’unica conclusione possibile alla vicenda che ha visto le autorità italiane mettere i sigilli – virtualmente – alla risorsa online intitolata alla memoria dell’inventore della stampa a caratteri mobili. Il sito, la cui nascita ha segnato anche l’origine del formato ebook, risulta irraggiungibile dall’Italia da circa un mese (la prima segnalazione pervenuta a Wired risale al 20 maggio), quando il Tribunale di Roma ha firmato un decreto di sequestro preventivo con l’obiettivo di dare una stretta alla diffusione illecita di “pdf, riviste, giornali e libri (beni tutelati dal diritto d’autore)”. Una misura contro la quale l’organizzazione che mantiene il progetto ha deciso di non presentare ricorso, come confermato a Wired.
In cattiva compagnia
Firmato dal giudice Anna Maria Gavoni l’11 maggio, il decreto è stato immediatamente trasmesso agli Internet service provider, così che si procedesse all’offuscamento delle risorse online che, “in esecuzione di un medesimo disegno criminoso” e a fine di lucro, avrebbero contribuito alla diffusione di beni tutelati dal diritto d’autore. Si tratta di 28 indirizzi, che vanno da downmagaz[.]com e freemagazinepdf[.]com fino a quotidianionline.blogspot[.]com e avxhm[.]se. A seguire, si legge nel decreto, anche 8 canali Telegram, dai quali quotidianamente venivano condivisi i pdf delle principali testate nazionali, scaricabili gratuitamente da parte degli iscritti.
Tutte risorse sospette ovviamente, che come rilevato dal Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di Finanza sono riconducibili per lo più a domini registrati in Paesi poco raggiungibili dalla legge italiana: Panama, Russia, Ucraina, Armenia e così via. Non è chiaro se le autorità siano state effettivamente in grado di identificare una collaborazione fattiva tra le pagine (che potrebbero benissimo anche essere gestite dalla medesima persona), ma una cosa è certa: con loro il Progetto Gutenberg non ha niente a che fare.
Nella storia della rete
Mantenuto principalmente da donazioni private e pubbliche, il portale è stato fondato 48 anni fa dallo scrittore e informatico Michael Hart. La missione era di creare la prima biblioteca digitale, nella quale fossero raccolte le opere e l’orgoglio della letteratura mondiale, resa liberamente accessibile in un nuovo formato: l’ebook. A partire dai classici di Shakespeare e Mark Twain, si conta che al 1987 Hart avesse riscritto digitalmente 313 libri, si legge su Wikipedia, prima di passare a un’organizzazione più grande e partecipata nell’ambito dell’Università dell’Illinois. Morto nel 2011, Hart lascia la guida dell’iniziativa, e della fondazione che la mantiene, a Greg Newby e ai numerosi volontari e responsabili che si occupano di convertire i libri in formato digitale e di renderli disponibili al pubblico.
Anche se non mancano testi sottoposti a copyright, grazie alla disponibilità degli autori che hanno dato espresso consenso alla condivisione su Gutenberg, l’intero progetto utilizza come metro di eleggibilità per la pubblicazione la scadenza dei diritti secondo il diritto statunitense, cioè dopo 95 anni dalla pubblicazione. Come si legge sul sito dell’iniziativa, “nel 2020, le opere qualificate per l’accesso sono pubblicate nel 1924 o precedentemente”. Per esempio, se tra queste ci fosse un’edizione del Corriere della sera, sarebbe troppo vecchia per vantare alcun diritto. E probabilmente parlerebbe dell’omicidio Matteotti, morto proprio nel 1924 per mano fascista.
Ma allora come c’è finito il Progetto Gutenberg in un decreto di sequestro del Tribunale di Roma nel quale tutti i bersagli coinvolti sono siti di dubbia origine che distribuiscono illecitamente riviste e quotidiani? Contattata da Wired, la Guardia di Finanza, che ha coordinato le indagini, non ha risposto a una richiesta di commento. Tuttavia, la stessa fondazione ha fornito a Wired la lista di tutte le pubblicazioni in lingua italiana ospitate dal Progetto Gutenberg.
Si tratta di 831 volumi, tutti pubblicati tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del ventesimo secolo, che vanno dallo scrittore e veterano garibaldino Giuseppe Cesare Abba fino a Luciano Zuccoli, autore nel 1913 del romanzo La freccia nel fianco. Ma la legge italiana in materia è diversa da quella statunitense: “Nel nostro Paese un’opera trova tutela fino ai settant’anni dalla morte dell’autore”, spiega a Wired l’avvocata ed esperta della materia Lucia Maggi: “E questa si estende anche al traduttore o ai suoi eredi, qualora l’opera non sia stata scritta originariamente nella nostra lingua, quindi è possibile che alcuni dei traduttori siano morti da meno di settant’anni”.
Grazie alla lista fornita dal Progetto Gutenberg fare i conti è semplice. Degli 831 libri (su circa 60mila opere che vanno dall’inglese all’inuktitut delle popolazioni nomadi canadesi) ventinove potrebbero non essere in regola rispetto alla legge italiana, dal momento che l’autore o il traduttore sono deceduti dopo il 1950 (quindi meno di settant’anni fa). Tra questi solo alcuni sono: l’opera in cinque volumi Passeggiate per l’Italia, scritta da Ferdinand Gregorovius e tradotta da Mario Corsi, morto nel 1954; Gli animali alla guerra di Giulio Caprin, morto nel 1958; I tre moschettieri di Alexandre Dumas nella traduzione di Orvieto Angiolo, che è morto nel 1967 (ma la traduzione risale al 1853). Singolarmente, cercando quest’ultima, i siti dai quali è possibile scaricarne una versione completa e in modo gratuito sono tanti da arrivare fino a pagina due di Google.
Poche informazioni
“Non abbiamo davvero sufficienti informazioni per commentare quanto successo”, spiega a Wired Greg Newby, a capo della fondazione che mantiene il Progetto Gutenberg: “La prima volta che ne abbiamo sentito parlare è stata quando qualche utente ci ha chiesto come mai non riuscisse ad accedere dall’Italia”. Newby esclude anche qualsiasi “collegamento con i servizi contenuti nella lista” e conferma di non essere mai stato contattato “né dalle autorità italiane né dagli editori italiani o da chiunque altro in Italia”.
“Tutti gli ebook disponibili su gutenberg.org sono gratuiti e liberamente distribuibili negli Stati Uniti. L’intero progetto è basato negli Stati Uniti e ne segue le leggi”, aggiunge: “Potrebbero esserci dei testi considerati di pubblico dominio secondo il diritto statunitense ma che sono soggetti a diritto d’autore in altri Paesi: è per questo che sia sul sito sia nell’incipit di ciascun ebook è specificato che le persone dovrebbero controllare cosa è previsto dalle leggi locali prima di scaricarli”.
Un disallineamento tra gli ordinamenti di Paesi diversi dunque, che per la fondazione si risolverebbe se l’utente verificasse se la legge dello Stato dal quale sta scaricando glielo permette (è quello che, fino a qualche anno fa, faceva qualsiasi Erasmus di stanza in Germania, disattivando la connessione peer2peer degli Mp3 all’ingresso nel Paese, per evitare spiacevoli e salatissime multe. Altri tempi). Tanto più che a pagare saranno i docenti e gli alunni italiani, che da più parti sui social network e di persona, hanno rappresentato sconcerto a Wired per la decisione presa. Il sito è una risorsa preziosa per scaricare gratuitamente edizioni estremamente curate dei capisaldi della letteratura, come nel caso della Divina Commedia, online dal 1997.
“Project Gutenberg promuove la più ampia diffusione e conoscenza della memoria culturale registrata”, si legge, per esempio, in un comunicato stampa dell’Aib (Associazione italiana bibiotecari): “È stato per anni ospitato da grandi università che mettevano a disposizione i loro server, prima di diventare un’organizzazione autonoma, tra le principali di questo tipo e modello ispiratore per tante altre simili (come il Progetto Manuzio in Italia), sostenuta principalmente dal lavoro di molti volontari”.
Infine, osserva l’Aib: “Può un’istruttoria sommaria dare luogo a una decisione così grave come quella di bloccare l’accesso al portale senza neppure interpellare l’amministratore delegato del progetto per assicurare un minimo di contraddittorio sui fatti contestati ed eventualmente dare modo ai gestori di rimuovere eventuali contenuti erroneamente caricati?”
E infatti qualcosa di simile era già successa in Germania, dove una corte tedesca ne aveva decretato il blocco a causa di diciotto testi tutelati dalla legge sul diritto d’autore del Paese. La differenza sostanziale è che in quel caso non ci fu un blocco preventivo, ma una sentenza e un processo al quale il Progetto Gutenberg aveva partecipato difendendo la propria posizione. “Il caso è attualmente in fase di patteggiamento – conclude Newby – e potrebbe presto finire dinanzi a una corte statunitense”.
Ma l’Italia
“Se da un punto di vista umano la decisione può sembrare abnorme, alla luce di questa lista è difficilmente contestabile che su alcune delle opere viga ancora il diritto d’autore per il nostro ordinamento”, precisa Maggi: “Né lo stesso decade anche in quei casi in cui l’opera non sia edita o in vendita da alcuna parte”. È questo il caso, per esempio, delle Passeggiate per l’Italia di Gregorovius, delle quali il traduttore mantiene i diritti ma che nessun editore italiano stampa più, ma che è in vendita su Amazon, grazie a diverse case editrici non italiane. Contattata da Wired, una di queste ha confermato di non avere i diritti dell’opera, dal momento che ha sede all’estero.
“Il problema è che non conoscendo
il dettaglio delle contestazioni mosse al Progetto Gutenberg, non è
possibile capire con maggiore precisione per quale ragione sia finito in
quella lista”, ha commentato Giovanni Battista Gallus, avvocato esperto di diritti digitali e membro del circolo dei giuristi telematici. “L’unica soluzione sarebbe stata quella di presentare istanza di riesame, anche da parte del soggetto avente diritto alla ‘restituzione’ del sito
– che, si badi bene, non è stato sequestrato ma è solo filtrato
dall’Italia – ma, trattandosi di un procedimento contro ignoti, si
sarebbe corso il rischio di finire tra gli indagati, che manifestandosi a
questo punto sarebbero non più ignoti”, aggiunge.
L’esito di questa vicenda, conclude Gallus, è che se anche la fondazione fosse disponibile a rimuovere i testi che violano la legge italiana sul diritto d’autore, allo stato attuale non hanno alcun modo di sapere esattamente quali sono. “Alla fine rimarranno tutti sul portale e continueranno a essere scaricati da chi lo desidera, a patto che non si stia connettendo da un Isp italiano”, dice il legale.
In buona compagnia
Ma il Progetto Gutenberg non è l’unica iniziativa evidentemente estranea al consesso che da anni pubblica quotidianamente giornali e riviste, dando del filo da torcere agli editori. L’ordinanza ha decretato anche l’offuscamento di Kult Virtual Press, “una delle più antiche case editrici virtuali italiane”, si legge nel sito. E a ragione. Per inquadrare l’origine di questo portale, che ospita le opere letterarie di centinaia di autori senza editore, si deve risalire alla rivista online Kult Underground che, nata nel 1994, costituisce uno dei primi esempi italiani di aggregazione delle culture del sottobosco digitale. Erano gli anni dei forum e della connessione a 56k e su questi portali era possibile trovare storie, racconti, esperienze e poesie. Cibo per chiunque godesse di un approccio entropico e lievemente cyber-punk alla cultura.
Non mancano i classici, che Kult Virtual Press ha raccolto, curato e rimesso a disposizione gratuitamente. Tra questi Svevo, Verga, Manzoni, Salgari, Dickens, Conan Doyle. Tutti autori morti da più di settant’anni e le cui opere, quando originariamente in inglese, sono state pubblicate nella loro lingua originale. Dunque non sembra esserci, al controllo di Wired, alcun diritto residuo per quanto riguarda i traduttori. Per il resto, l’offerta “contemporanea” di Kult Virtual Press consiste nelle storie che gli stessi autori mandano alla casa editrice (tutte datate dopo il 2016), come chiarisce il sito, e per le quali dunque non dovrebbe sussistere alcun diritto d’autore irrisolto. In ogni caso, sia il Progetto Gutenberg sia Kult Virtual Press hanno a disposizione una casella di posta alla quale segnalare eventuali violazioni dei diritti. Richieste che non sono arrivate a nessuno dei due portali.
Fermare il vento con le mani
Il meccanismo prescelto dalla procura per eseguire l’offuscamento di Kult Virtual Press, Project Gutenberg e di tutti gli altri domini contenuti nella lista si chiama Dns Hijacking (dall’inglese, dirottamento del Domain name system, sistema dei nomi di dominio). Apparentemente complessa, è in realtà una soluzione tanto semplice quanto inefficace, che consiste nel richiedere agli Internet service provider italiani (responsabili dal fatto che il nostro pc naviga su internet) di bloccare qualsiasi connessione indirizzata verso i siti oggetto della misura di sequestro.
Per capire meglio, ciascun sito che visitiamo è in realtà una risorsa che “gira” su un computer remoto – il server – che risponde a uno specifico indirizzo Ip. Quando navighiamo verso una pagina – per esempio Wired.it -, il nostro computer chiede agli Internet service provider quale sia l’indirizzo Ip corrispondente (quello di Wired Italia è 143.204.11.4). Per l’utente è più facile ricordare Wired.it che non una stringa di numeri, quindi questo è l’equivalente di un elenco telefonico per computer. Quando la richiesta è inviata, in gergo si dice che l’indirizzo è stato “risolto”. Così il nostro computer accede a quella risorsa.
Dunque, la procura ha chiesto agli Isp italiani di non “risolvere”
più richieste provenienti dall’Italia per quegli specifici indirizzi
Ip. Di fatto, non si tratta affatto di un sequestro, perché qualunque
connessione proveniente da altri Paesi continuerà a “risolvere” correttamente le richieste. Lo stesso varrà per tutte le connessioni che, pur provenendo dall’Italia, sono veicolate da delle Virtual private network
(Vpn, o reti private virtuali) e che talvolta instradano il traffico
attraverso dei server situati in altri Paesi. È il caso di molte
aziende, che possono monitorare così il traffico dei propri dispositivi.
Ma anche molti giornalisti utilizzano questa tecnica, per meglio proteggere le proprie fonti e telecomunicazioni.
Lo stesso vale per chi ha impostato sul proprio pc un Dns diverso (il
più comune è quello di Google). Ancora, un altro strumento impiegato
quotidianamente da attivisti e giornalisti è il Tor Browser – se ne parla in collegamento con il cosiddetto “Dark web” – che altro non è che la porta d’accesso a una connessione estremamente protetta e veicolata da più nodi di transito sparsi per il mondo. Se avete recentemente provato a leggere le Passeggiate per l’Italia
di Gregorovius utilizzando una di queste strade virtuali, probabilmente
non vi sarete accorti che il Progetto Gutenberg non è più accessibile.
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