giovedì 3 dicembre 2020

Il bail-in, il Mes e un dilemma storico.

Non sappiamo se il lettore sia più d’accordo col paradigma derivato da Cicerone – la storia è maestra di vita – o col paradossale corollario di Antonio Gramsci, secondo cui la storia è sì maestra, ma non ha scolari. 


(di Marco Palombi – Il Fatto Quotidiano)

Non è questa la sede per approfondire la questione, ma teniamola presente mentre facciamo un passo indietro, precisamente a quando fu approvata e poi ratificata in Italia un’altra riforma europea, il “bail-in” per il settore bancario, cioè il divieto di fatto di aiuti di Stato prima della tosatura di azionisti, obbligazionisti e persino correntisti. Ce la descrissero così: “Con l’unione bancaria risparmiatori meglio tutelati, possibilità di più credito e costo del denaro più basso. Un fatto storico” (il ministro Fabrizio Saccomanni, 19 dicembre 2013); “Finita ora la sessione del Consiglio europeo. Approvata banking union per tutelare risparmiatori e evitare nuove crisi. Buon passo verso una Ue più unita” (il premier Enrico Letta, 19 dicembre 2013); “Finisce l’era dei salvataggi bancari massicci e dei conti pagati dai contribuenti” (il commissario Ue Michel Barnier, 19 dicembre 2013); “Le famiglie italiane sono tra le meno indebitate d’Europa e il sistema bancario è solido e privo di rischi” (il ministro Pier Carlo Padoan, 31 ottobre 2014); “È urgente recepire la direttiva sul bail-in: non solo per evitare di essere messi in mora dalle istituzioni europee, ma anche per garantire la certezza del diritto” (il governatore Ignazio Visco, 26 maggio 2015). 

Poi sono saltate sette banche una dietro l’altra (a non citare Mps), mentre il settore in Borsa perdeva il 60% del suo valore in pochi mesi e dal 2017 il bail-in non lo conosce più nessuno:

“Manifestammo le nostre perplessità, ma non fummo ascoltati” (Visco), l’Italia era contraria “ma rimase in netta minoranza” (Saccomanni), “Io la ritengo una direttiva fatta male”, la votai perché “era l’indicazione di voto di tutti i partiti” (Roberto Gualtieri), il governo “fu praticamente ricattato dal ministro delle Finanze tedesco” (Giovanni Tria). Che la storia abbia scolari o meno e considerato che si poteva fare lo stesso lavoro su Fiscal Compact e altre meraviglie, ora ripensate alla mitica “riforma del Mes” appena approvata dal governo e a cosa ne diranno fra tre o quattro anni.

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