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di Davide Gionco
L’antropologo David Graeber aveva dedicato un intero saggio (Debito. I primi 5000 anni)
al ruolo del debito nella storia dell’umanità, dalle prime civiltà
mesopotamiche di cui abbiamo notizia fino alla crisi della Lehman
Brothers del 2008.
Il debito è il principale motore dell’economia e, probabilmente, anche della storia dell’umanità. Per fare un esempio, ci eravamo già occupati
dell’importanza fondamentale dei prestiti delle banche estere nella
storia dell’unificazione dell’Italia sotto la corona dei Savoia. Senza i
debiti contratti dal Regno di Sardegna verso le banche, non ci
sarebbero stati i fondi per finanziare le guerre di indipendenza ed il
corso della storia d’Italia sarebbe stato differente da quello che
conosciamo.
Senza il debito gran parte delle case in cui abitiamo non sarebbe stata costruita.
Ma è anche vero che senza il debito molti paesi del Terzo Mondo non
sarebbero ridotti in povertà e probabilmente non ci sarebbero i flussi
migratori dal Sud del mondo verso il Nord del mondo.
Ci sono persone rovinate dai debiti, ma anche persone che sui debiti hanno costruito la loro fortuna.
Quando un debito è “buono” e quando un debito è “cattivo”?
Il debito non è qualche cosa che esiste in natura, è qualche cosa che nasce dalle relazioni umane. Il concetto di debito, evidentemente, precede l’economia. Ogni volta che diamo la nostra parola promettendo qualche cosa, ci indebitiamo verso l’altra persona, nel senso che ci impegniamo a dare a quella persona quanto pattuito: un oggetto che possediamo, un po’ del nostro tempo e del nostro lavoro o il nostro amore eterno.
Il giudizio sulla bontà del debito lo si dà a partire dalle
conseguenze sulla vita reale delle persone. Ho fatto bene a promettere
amore eterno a quella persona? Che cosa ci ho guadagnato?
Ho fatto bene a farmi prestare del denaro per acquistare quel macchinario o per prendere casa in centro città?
Il debito economico, di per sé, è solo una registrazione contabile
astratta, derivante da un contratto economico, l’impegno a restituire
una certa somma denaro in cambio di un bene reale ricevuto (acquisto) o
di un prestito ricevuto. Sono pezzi di carta, numeri su dei computers.
Se il debito contratto sia cosa buona o cattiva lo si può giudicare solo
dalle conseguenze sulla vita reale delle persone. Non è corretto un
approccio etico del tipo “mai indebitarsi”, perché senza indebitamento
si fermerebbe il mondo.
Non si potrebbe, ad esempio, ordinare un’automobile: io sono debitore di
20 mila euro verso concessionario, ma il concessionario è debitore
verso di me di un’automobile.
Non si potrebbe stipulare un contratto di affitto: io sono debitore
mensilmente dell’importo dell’affitto, il proprietario è debitore verso
di me nel concedere l’uso del suo appartamento per un mese.
Non si potrebbe stipulare un contratto di lavoro: io sono debitore di 21
giorni al mese del mio lavoro verso l’impresa che mi ha assunto,
l’impresa è debitrice verso di me dello stipendio mensile.
Si potrebbe discutere dell’opportunità di indebitarsi prendendo del
denaro in prestito, ad esempio da una banca. Se prendo in prestito un
credito da 150 mila euro per l’acquisto della casa in cui vivo, che
comporta l’esborso di una rata mensile di 400 euro ed il mio lavoro mi
consente agevolmente di vivere e di pagare le rate del mutuo, il debito
contratto è una cosa buona, in quanto mi consente di acquistare una casa
in cui vivere, la quale ha un valore reale. In sostanza quel debito è
stato lo strumento per barattare la mia capacità lavorativa con la casa
che ho acquistato.
Ovviamente se la casa che ho acquistato non è stato un buon affare, nel
senso che era in pessimo stato, da ristrutturare, in un quartiere pieno
di criminalità e privo di servizi, non si è trattato di un buon affare.
In questo caso, però, la colpa non è dello strumento-debito, ma del mio
errore di scelta della casa da acquistare.
I problemi legati alla contrazione del debito li si hanno quando il debito risulta non sostenibile,
per cui l’impegno di restituzione ci porta a doverci privare di cose
vitali. Il debito inizia ad essere un problema se per mettere insieme i
400 euro al mese della rata del mutuo mi trovo obbligato a rinunciare
alle spese non essenziali che costituiscono il mio benessere. Ma il
debito diventa un vero problema (“cattivo”) quando per rimborsarlo devo
privarmi di beni essenziali per la mima esistenza, quali la casa in cui
vivere, i vestiti, il cibo e, magari, il debito impagabile mi precipita in una situazione umana che mi fa perdere anche gli affetti più cari.
Nell’antichità la mancata restituzione del debito poteva portare non
solo alla perdita di tutti i propri beni, ma anche alla riduzione in
schiavitù del debitore, con moglie e figli, fino a che, lavorando, non
avessero restituito quanto dovuto. Oggi le conseguenze del non pagamento
del debito non arrivato a questi livelli. Il tutto dipende da come la
questione viene gestita a livello giuridico.
La questione centrale del debito è dunque la sostenibilità.
Quando il debito non è sostenibile, porta sempre il debitore a cadere in
situazioni umanamente inaccettabili: povertà, anche estrema, e forme di
schiavitù.
Per quanto riguarda il creditore, in alcuni casi subirà anch’esso delle
conseguenze a causa del mancato rimborso, che gli comporterà come minimo
delle perdite finanziarie (denaro prestato e non restituito), ma anche
conseguenze più gravi se quel denaro prestato doveva a sua volta essere
restituito ad altri. In questi casi l’insolvenza del debitore si propaga
coinvolgendo la catena dei creditori.
Ci sono anche casi nei quali il creditore non teme il mancato
rimborso, vuoi perché dispone di ampie riserve di ricchezza, vuoi perché
dispone del diritto giuridico di creare dal nulla, a certe condizioni, il denaro che presta ai debitori.
Un caso classico è quello degli usurai, degli strozzini, i quali
dispongono di molto denaro, che prestano ai debitori a condizioni
particolarmente vantaggiose per il creditore e svantaggiose per il
debitore, il quale non dispone di sufficiente potere contrattuale per
esigere delle condizioni più accettabili.
Una persona che abbia assoluto bisogno di denaro per sopravvivere sarà
sempre disposta ad accettare delle condizioni capestro ed anche a
rivolgersi a prestatori che operano al di fuori dal quadro giuridico
ovvero dalle tutele che la legge riconosce ai debitori nei confronti dei
creditori. Sono situazioni in cui chi dispone del denaro da prestare ha
il potere contrattuale di imporre condizioni legalmente e umanamente
non accettabili. Ad esempio la condizione per cui se il debito non viene
ripagato sono previsti danni fisici al debitore ed ai suoi famigliari.
Una situazione simile la si ha anche quando i prestatori sono le banche
che operano (almeno dovrebbero farlo) dentro il quadro giuridico
vigente. Se il debitore è un piccolo artigiano che ha bisogno di credito
per pagare le troppe tasse impostegli dal Fisco, è molto probabile che
anche la banca approfitti della situazione per quanto le è possibile,
dato che quel debitore ha un basso potere contrattuale.
Se, invece, colui che chiede credito è una grande azienda di livello
nazionale o internazionale, di cui magari la banca dispone della
proprietà di quote ingenti del pacchetto azionario, state certi che le
condizioni del credito saranno molto più agevolate, in quanto il
debitore ha un forte potere contrattuale.
Da che mondo è mondo, i piccoli debiti sono sempre stati rimborsati o hanno a portato a situazioni di sfruttamento, mentre i grandi debiti sono sempre stati rinegoziati, rifinanziati, eventualmente scaricati su soggetti più deboli (piccoli risparmiatori, si pensi al caso dei Tango Bonds) o eventualmente scaricati nel calderone del debito pubblico (si pensi al caso del Monte dei Paschi di Siena).
Quando un debito a carico di soggetti deboli, a basso potere
contrattuale, risulta impagabile ed il soggetto creditore non ha la
necessità di essere rimborsato (perché non ha bisogno di denaro), il
creditore userà il proprio potere contrattuale per trarre altri vantaggi
economici, tentando di trasformare una momentanea situazione di
insolvenza in una permanente e perpetua situazione di potere sul
debitore, imponendo su di esso delle condizioni per il rinnovo del debito. Il debitore non avrà scelta, non essendo in grado di rimborsare il debito contratto
Il caso tipico è quello di molti paesi de Terzo Mondo, i quali hanno nei
decenni passati ricevuto prestiti da parte del Fondo Monetario
Internazionale, della Banca Mondiale o da parte di gestori di grandi
fondi di investimento internazionali. Quando il debito arrivato in
scadenza non può essere rimborsato, i creditori lo rinnovano alle
seguenti condizioni:
1) Che alla prossima scadenza il debito sia certamente non ripagabile,
obiettivo che viene raggiunto imponendo tassi di interesse
sufficientemente alti.
2) Che il debitore metta in atto delle azioni che consentiranno ai
creditori di trarre altri tipi di profitti, azioni del tipo:
privatizzazioni di servizi pubblici e concessioni esclusive su risorse
naturali (minerarie, agricole, turistiche, ecc.)
In questo mondo il rapporto creditore-debitore cessa di essere un
rapporto di cooperazione economica (caso del debito “buono” in cui il
prestito porta sviluppo) e diventa un meccanismo di sfruttamento perenne da parte dei (pochi) creditori nei confronti dei (molti) debitori.
Il problema è noto fin dagli albori delle società umane. Se ne era
già occupato intorno al 1’700 a.C. il re sumero di Lagash con la legge
AMA-GI che affrancava tutti i debitori dai creditori, restituendo loro
la libertà. Se ne erano già occupati gli antichi Israeliti, le cui leggi
prevedevano ogni 50 anni il Giubileo ovvero la cancellazione di tutti i
debiti. Se ne era occupato, nell’antica Repubblica di Roma, anche il
tribuno della plebe Licinio Sextio,
quando il meccanismo dei debiti era quello che consentiva ai ricchi
patrizi di imporre costantemente i loro interessi sopra quelli dei
poveri plebei.
Sarebbe bene che anche oggi ci si occupasse della questione in modo
umano e intelligente, ricordandosi che il denaro prestato non è un
valore in sé, mentre un valore in sé è la vita delle persone. La
cancellazione dei debiti, a determinate condizioni, è una soluzione da
prendere in considerazione, se questi sono diventati un meccanismo di
sfruttamento di pochi nei confronti di molti, sapendo che quei pochi non
hanno affatto bisogno di quel denaro per vivere.
Non stiamo parlando di “giustizia sociale”, ma stiamo parlando di
umanità nei rapporti sociali, nei quali lo sfruttamento non deve mai
essere consentito, neppure se il creditore ha delle ragioni giuridiche,
in quanto il diritto alla vita delle persone è più importante (anche
economicamente parlando) dei diritti dei creditori nei confronti dei
debitori.
Abbiamo accennato sopra ai creditori che hanno il potere, a certe
condizioni, di creare da nulla il denaro che prestano. Questo è il caso
delle banche commerciali che, oggi, possono creare il denaro che
prestano a fronte di certe garanzie presentate alla banca centrale e,
naturalmente, a fronte di certe garanzie che il denaro prestato venga
restituito. Se il denaro creato viene restituito, scompare dal bilancio,
lasciando al prestatore solo gli utili, che sono gli interessi. Si
tratta di un meccanismo simile a quello rappresentato dal comico Erminio
Macario in un suo famoso sketch.
La cosa importante è che la restituzione del prestito sia garantita. O,
se non è garantita in modo totale, che l’imposizione delle successive
condizioni di rinnovo del debito (ad esempio lo sfruttamento a proprio
vantaggio di risorse minerarie) consentano al prestatore di far
rientrare i capitali prestati insieme a degli utili.
Questo meccanismo del debito perenne sta alla base delle maggiori forme di sfruttamento oggi esistenti nel Pianeta, sia nei confronti della fasce povere della popolazione (i ricchi sfruttano i poveri, dai tempi del re di Lagash ad oggi), sia nei confronti delle nazioni povere del mondo.
In questo articolo non ci siamo occupati delle questione relative al debito pubblico, ne parleremo in un prossimo articolo.
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