https://scenarieconomici.it
Le ultime parole famose di Mario Draghi sui minibot: “O sono valuta, e
quindi sono illegali, oppure sono debito, e dunque lo stock del debito
sale; non credo ci sia una terza possibilità”. I fautori dell’iniziativa
si sono affannati a negare che si tratti di moneta, dando così
implicitamente ragione a Draghi. Non avvedendosi, proprio come il
Governatore della BCE, della mucca nel corridoio, per dirla alla
Bersani: e cioè del fatto che i minibot, quand’anche fossero moneta,
sarebbero a tutti gli effetti “legali”. Finora, il dibattito sulla
doppia monetazione è sempre stato sollevato in chiave economica (da
Warren Mosler, da Nino Galloni, persino da Silvio Berlusconi) e subito
“spento” dai feticisti dell’euro con le stesse sbrigative argomentazioni
di Draghi: i trattati non lo consentono. Nessuno dei coriacei
“guardiani delle regole” si è mai posto una domanda socratica: se sia
invece – e a dispetto di certi sclerotici pregiudizi – giuridicamente
percorribile e sostenibile, anche all’interno della cornice dei
trattati, l’introduzione di un’altra moneta (accanto all’euro) nel
nostro Paese. Ebbene, la risposta, sul piano giuridico deve essere
senz’altro positiva. E ciò al netto di tutte le considerazioni di
contorno sull’opportunità politica ed economica del progetto, sulla
pericolosità dello stesso, sulle reazioni dei mercati e via
profetizzando, di geremiade in geremiade.
Infatti, lo Stato italiano non ha perso, né ceduto la propria
sovranità monetaria al contrario di quanto ci ripete la vulgata più
accreditata sia tra gli europeisti che tra i sovranisti. Sul punto si è
meritoriamente spesa, negli ultimi anni, l’associazione “Moneta
positiva” presieduta da Fabio Conditi. A giusto titolo e con argomenti
ineccepibili.
Innanzitutto, e come ben noto, qualsiasi “cessione” di sovranità è
vietata dalla Costituzione che consente, a mente dell’art. 11, solo
“limitazioni” della stessa (per giunta, rigorosamente condizionate). Ma
vi sono argomenti persino più decisivi, anche perché – se bastasse la
Costituzione a difenderci dai trattati e dalle leggi incostituzionali –
non avremmo tutti i guai che abbiamo e neppure avremmo bisogno di una
Corte Costituzionale. A noi interessa dimostrare che, senza ricorrere
alla Consulta, è possibile recuperare, per via operativa, cioè pratica,
questa potestà d’imperio (mai) perduta.
Ce lo permette l’articolo 117 della Costituzione che attribuisce allo
Stato l’esclusiva legislativa in materia di “moneta”. È vero che lo fa
nel contesto di una norma dove si distribuiscono le competenze tra lo
Stato e le Regioni. È altrettanto vero, però, che quella norma è stata
introdotta dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, in un
periodo storico successivo al trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992
e a cavallo tra l’esordio dell’euro sui mercati (primo gennaio 1999) e
l’inizio della sua circolazione nell’economia reale (primo gennaio
2002).
In base a una elementare operazione di ermeneutica sistemica, è del
tutto ovvio che, nel momento in cui licenziava l’importante riforma del
titolo V, il legislatore conosceva perfettamente il contenuto dei
trattati europei, e in particolare dell’articolo 105A del Trattato di
Maastricht poi confluito nell’articolo 128 del TFUE (relativo alle
competenze esclusive della UE). Sapeva altrettanto bene che, di lì a
poco, avrebbe iniziato a circolare l’euro in sostituzione della lira.
Ciononostante, il Parlamento italiano ha tenuto a precisare, per via di
riforma costituzionale, che la potestà legislativa in materia di moneta
appartiene allo Stato. Il che, peraltro, è in armonia con quanto
previsto dall’articolo 47 della stessa Carta fondamentale dove si
stabilisce che “la Repubblica disciplina, coordina e controlla
l’esercizio del credito”.
Oltrepassati tali scogli preliminari, affrontiamo la questione della
compatibilità con i trattati. Ancora una volta, la risposta ha da essere
affermativa. Infatti, l’articolo 3 del TFUE (o trattato di Lisbona)
attribuisce in esclusiva all’Unione Europea non già la sovranità
monetaria (ciò sarebbe stato giuridicamente inammissibile, ovvero
incostituzionale, a mente dell’articolo 11 della Costituzione), ma la
“politica monetaria”, una cosa ben diversa e ben distinta dalla prima:
la sovranità monetaria è il potere di battere moneta, mentre la politica
monetaria è l’insieme degli obiettivi, strumenti e interventi per
modificare e orientare la moneta, il credito e la finanza.
Di più: l’articolo 128 del TFUE, nel disciplinare i poteri della BCE,
stabilisce come si declini il monopolio della politica monetaria
spettante alla UE (rectius, alla BCE medesima): Francoforte ha
la riserva assoluta sulla prerogativa di emettere o di autorizzare
l’emissione di quel peculiare (ma certo non unico) mezzo monetario che
risponde al nome di “banconota” denominato in euro all’interno
dell’eurozona. Ma il secondo comma dello stesso articolo riserva
l’esclusiva sulla coniazione di monete metalliche agli Stati (sia pure
salva approvazione di Francoforte) a ulteriore conferma che la sovranità
monetaria non è stata sottratta alle singole nazioni.
Ora, facciamo un terzo passaggio. Lo Stato italiano ha mai esercitato
tale sovranità anche con riferimento a monete cartacee? Ancora una
volta, la risposta è sì. Ed è sorprendente che lo abbia fatto in forza
di una disposizione legislativa approvata prima della firma del trattato
di Maastricht, ma rimasta in vigore anche dopo, addirittura fino al
1998. Con la legge nr. 171 del 31.03.66, pubblicata in G.U. il 14.04.66,
fu autorizzata la fabbricazione di biglietti di Stato o “Stato-note”
(non di “banconote”, in allora emettibili solo da Bankitalia). Ed è mai
stata “usata” questa facoltà? Certo. Con i Dpr 20.06.66 e 20.10.67 venne
disposta la emissione di biglietti di stato da 500 lire serie
“Aretusa”. Poi, con il Dpr 14.02.74, altra emissione, serie “Mercurio”.
Tale legge, dicevamo, è rimasta in vigore per più di trent’anni. Essa
venne abrogata con il D.lgs. del 10.03.98, nr. 43, art. 4. Quindi, che
cosa impedisce allo Stato italiano di tornare a legiferare disponendo
l’emissione di biglietti di Stato (non di “banconote”, la cui esclusiva
spetta alla BCE)? Tali biglietti dovrebbero ovviamente avere
circolazione limitata al territorio della Repubblica Italiana e sul loro
nome lasciamo briglia sciolta alla fantasia del lettore.
L’obiezione secondo cui ciò sarebbe impedito dalla contestuale
esistenza di una Banca centrale indipendente, titolare esclusiva della
“politica monetaria”, non regge alla prova della storia e della logica.
Infatti, anche nel vigore della legge 171/1966 (quando lo Stato si
“arrogò” il diritto/potere di stampare moneta sotto forma di biglietti
di Stato), è esistita una Banca centrale titolare esclusiva della
politica monetaria. E ciò quantomeno a far data dal 7 febbraio 1992,
quando la legge nr. 82 attribuì alla Banca d’Italia la facoltà di
variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo concordare con il
Tesoro.
Naturalmente, un’altra obiezione alla ricostruzione di cui sopra
sarà: l’euro è l’unica moneta consentita nell’eurozona. Per la verità,
l’articolo 3, IV comma del TUE (trattato di Maastricht) recita
testualmente: “L’Unione istituisce un’unione economica e monetaria la
cui moneta è l’euro”; non dice: la cui “unica” moneta è l’euro. Inoltre,
i trattati parlano, costantemente e reiteratamente, di “Stati la cui
moneta è l’euro”, non di Stati la cui “unica” moneta è l’euro. Se
setaccerete il trattato di Maastricht e il trattato di Lisbona,
troverete sempre la dicitura “moneta unica”, non “unica moneta”. C’è una
bella differenza. La prima espressione indica una moneta che vale per
tutti gli Stati aderenti al sistema. La seconda, invece, indica la
“sola” ed “esclusiva” moneta degli Stati aderenti al sistema. Conferma
la bontà di questa lettura anche la circostanza che l’aggettivo
“esclusivo”, con riferimento al tema della moneta, nei trattati ricorre
solo rispetto alle “banconote”. Sulle banconote dette “euro” la BCE, ex
art. 128 TFUE, ha l’esclusiva. Qui, però, stiamo parlando di biglietti
di Stato, cioè di “stato-note”, non di banconote. A dimostrazione che si
deve ritenere praticabile la strada della doppia monetazione.
Diranno che si tratta di una interpretazione “forzata”? Avranno
perfettamente ragione, ma il diritto vive e prospera di interpretazioni
forzate e lo dimostrano i tomi di giurisprudenza accessori a tutte le
leggi del mondo. Così come è “forzata” quanto e più di una camicia di
forza – perdonate il gioco di parole – tutta l’immane impalcatura
giuridica su cui si regge la UE e l’Eurozona. Una montagna di cavilli e
regolamenti, un delirio di parentetiche e subordinate che può essere
messo in crisi solo da una lettura creativa, ma sostenibile, dei
trattati medesimi, onde rinvenirne i bachi che possano essere usati
contro la Macchina. In altri termini, se una lettura giuridicamente
spendibile può servire a legittimare una monetazione supplementare e
“domestica” rispetto a quella della BCE, perché non impiegarla? Se, poi,
il motivo è la paura delle reazioni delle istituzioni e dei mercati,
allora mettiamoci definitivamente il cuore in pace e smettiamola di
covare speranze, e anche idee, per il futuro.
Da ultimo, obbietteranno che si tratta di un’idea troppo
rivoluzionaria? Risponderemo: perché, l’uscita dall’euro non lo è forse
molto di più? Se c’è chi è disposto a intraprendere la strada più
tortuosa, potenzialmente ingovernabile e foriera di micidiali
ripercussioni dell’Italexit – che pure richiede forzature giuridiche
mica da ridere – perché, allora, non dovrebbe potersi praticare la via,
assai meno traumatica, della coesistenza di due monete? Un’ultima
chiosa. Se non siete ancora convinti che lo Stato sia, alla data
odierna, pienamente in grado di disporre della propria sovranità
monetaria, consultate il sito ufficiale di Bankitalia. Vi troverete
testualmente scritto: “Oggi, quindi, il signoraggio viene percepito in
prima battuta dalle banche centrali, le quali tuttavia lo riversano poi
agli Stati, titolari ultimi della sovranità monetaria”.
Insomma, i famosi poteri forti, bancari in primis, queste cose le sanno
benissimo. Spetta a noi diventarne altrettanto consapevoli e farne il
giusto e debito uso.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
Rete per l'Autorganizzazione Popolare - http://campagnano-rap.blogspot.it
Pagine
- Home
- L'associazione - lo Statuto
- Chicche di R@P
- Campagnano info, news e proposte
- Video Consigliati
- Autoproduzione
- TRASHWARE
- Discariche & Rifiuti
- Acqua & Arsenico
- Canapa Sativa
- Raspberry pi
- Beni comuni
- post originali
- @lternative
- e-book streaming
- Economia-Finanza
- R@P-SCEC
- il 68 e il 77
- Acqua
- Decrescita Felice
- ICT
- ECDL
- Download
- हृदय योग सारस
venerdì 14 giugno 2019
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento