“Ci hanno dato gli otto giorni”… Quando i rapporti di lavoro erano un po’ meno schiavistici di oggi – ti mandano un sms, al massimo – questa frase significava licenziamento. Se invece gli otto giorni sono dati dalla Commissione Europea a un paese, l’Italia per esser chiari, la questione è parecchio più complessa.
Tutti i giornali mainstream parlano della “procedura di infrazione” che potrebbe essere comminata al nostro paese, ma ben pochi si azzardano a spiegare di che tipo di procedura si tratta e soprattutto cosa comporta. Per non dire del silenzio assoluto sul contesto economico e militare globale in cui questa discussione avviene.
La Commissione chiede immediatamente – entro il prossimo fine settimana, appunto – di sapere in che modo il governo gialloverde intende coprire la differenza tra il deficit a 2,2-2,2 maturato negli ultimi mesi e il 2,04 scritto della “legge di stabilità” approvata a Capodanno. Altrimenti darà l’avvio a una procedura di infrazione per debito pubblico eccessivo.
La sproporzione tra le due cose (uno sforamento dello zero virgola, equivalente al massimo a meno di 3 miliardi, e la messa sotto controllo europeo dei conti pubblici italiani da qui all’eternità per riportare quel 132% a livelli compatibili con i parametri di Maastricht) è talmente evidente, ad occhi esperti, da risultare poco credibile. E’ come sanzionare con la pena di morte il furto di una mela (e c’è gente, in qeusto disperante paese, che non ci troverebbe nulla di strano, ormai…).
Per capirci qualcosa di più abbiamo cercato su molte e diverse fonti, trovando ancora una volta aiuto nell’editoriale di Guido Salerno Aletta su Milano Finanza.
La complessità della partita che si va giocando in questi mesi, dopo le elezioni europee, è sicuramente alta, e viene fotografata con la solita perizia. Stupisce, però, sinceramente vedere tutti questi tecnoburocrati indaffaratissimi per posizionare certi uomini in certi incarichi e scegliere le poltrone che fanno più gola a questo o quel paese, mentre fuori dell’Unione Europea e sopra l’Europa si addensano nubi che definire tempestose è un eufemismo.
Senza alcuna pretesa di completezza, tra gli articoli pubblicati oggi ci sentiamo di dover segnalare quello di Martin Wolf e quello del nostro Fabrizio Poggi. Segnalano smottamenti economici e geopolitici di dimensione planetaria e portata storica, soprattutto dalla dinamica terremotante il “buon vecchio mondo antico” in cui appaiono vivacchiare i benvestiti tecnoburocrati e tutte le cancellerie europee.
C’è confusione, al gran ballo di Bruxelles. L’orchestra suona, le piccole cospirazioni si intrecciano, si ragiona su come trar profitto dalle crisi dei più deboli a bordo, ma la nave non tiene il mare.
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La procedura di infrazione a carico dell’Italia per debito eccessivo, che potrebbe essere formalizzata il prossimo 9 luglio, va inquadrata nel contesto delle negoziazioni che cercano di ridefinire gli equilibri europei. E’ un gran ballo, quello che si sta svolgendo a Bruxelles, con un insolito attivismo da parte di una Commissione in disarmo. C’è davvero di tutto: dalle debuttanti ai vecchi marpioni, con fidanzamenti in vista, menage a trois, corteggiamenti camuffati. Se qualche anziana signora, come l’Italia, viene insolentita, è solo per ottenerne a buon prezzo i favori.
E’ in corso, in modo spesso ruvido ed assai scomposto, il tentativo di riassetto dell’asse franco-tedesco da parte dell’attuale Presidente francese Emmanuel Macron, che non ha affatto con la Cancelliera Angela Merkel quello stretto raccordo che era proprio del Presidente francese Nicolas Sarkozy.
Era un’altra epoca, caratterizzata dalla comune esigenza di tutelare i rispettivi sistemi bancari, dapprima rispetto alla crisi americana, poi di fronte alla emergenza greca ed alla liquefazione delle banche spagnole, ed infine per procedere alla messa in riga dell’Italia. Il costo iperbolico richiesto dai mercati per finanziarne il debito impose un cambio di mano, anziché una diversa politica monetaria da parte della Bce.
Arrivò subito dopo, dopo il regime change. Tutti ricordano ancora lo sprezzante sorriso che i due si scambiarono a Cannes, riferendosi alla scarsa affidabilità del nostro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Chi ora parla di isolamento internazionale dell’Italia, farebbe bene a riconoscere che è una strategia ben rodata.
A Bruxelles, Emmanuel Macron può contare su due fidatissime ali tornanti: la prima è Michel Barnier, che ora ha perfino candidato a Presidente della Commissione in luogo del tedesco Alex Weber, sostenuto invece dai Popolari. Va premiato per il modo con cui ha gestito in prima persona le trattative sulla Brexit, riuscendo a disintegrare il sistema politico inglese, con una vittoria diplomatica tale da vendicare ad un tempo le sconfitte napoleoniche di Trafalgar e di Waterloo. Missione compiuta, per Barnier.
La seconda è Pierre Moscovici, Commissario agli Affari economici, che gestisce le vicende dei bilanci pubblici ad uso e consumo di Parigi: la Francia è stata serenamente sotto procedura per deficit eccessivo, ininterrottamente dal 27 aprile 2009 al 22 giugno del 2018, con il privilegio di non soggiacere ai vincoli di aggiustamento previsti dal Fiscal Compact.
La Francia doveva rispettare solo il tetto del 3% nel rapporto deficit pil, ma non era invece tenuta ai più drastici aggiustamenti strutturali: solo una volta usciti dalla procedura di infrazione per disavanzo eccessivo, si è soggetti alle regole del Patto di Stabilità e Crescita.
L’articolo 5 del Trattato fu scritto appositamente per creare questo cono d’ombra: “La parte contraente che sia soggetta a procedura per i disavanzi eccessivi ai sensi dei trattati su cui si fonda la Unione europea predispone un programma di partenariato economico e di bilancio che comprenda una descrizione dettagliata delle riforme strutturali da definire e attuare per una correzione duratura ed effettiva del suo disavanzo eccessivo….”.
Tutto quanto riguarda Parigi è commentato con discrezione: poco si parla anche del Report dello scorso 5 giugno, in cui la Commissione ha rilevato che gli “insufficienti progressi compiuti in ordine al rispetto dell’obiettivo di riduzione del debito nel 2018 e del deficit previsto nel 2019 forniscono la esistenza prima facie di un deficit eccessivo ai sensi del PSG”.
Nel 2019, sempre secondo la Commissione, il rapporto deficit/pil della Francia dovrebbe salire al 3,1% rispetto al 2,5% del 2018, ed il debito crescere rispettivamente dal 98,4% al 99%.
In termini pratici, per quanto riguarda la procedura di infrazione avviata a carico dell’Italia, si tratterebbe intanto di intervenire già quest’anno, per ricondurre il rapporto deficit/pil dal 2,1-2,2% al 2,04% che era stato concordato. Si tratta, davvero, di uno zerovirgola. Ed è per questo che il diverso trattamento riservatoci rispetto a Parigi suona così curioso: la questione è solo politica.
C’è dunque un conflitto tra Francia e Germania, per guidare la Commissione: visto che i rappresentanti di Popolari e S&D non hanno più la maggioranza a Strasburgo, occorre includere almeno ALDE, che è diventata una sorta di roccaforte del partito del Presidente Macron. Volendo fare da ago della bilancia, pretende per la sua componente il posto di Presidente della Commissione. L’obiettivo può essere raggiunto solo se Popolari e S&D non trovano su questo punto un accomodamento con il Gruppo Identity and Democracy, che raggruppa i cosiddetti “sovranisti”, ed a cui aderiscono i rappresentanti della Lega.
La visita di Weber a Roma, dove ha incontrato il nostro Premier Giuseppe Conte, è significativa: non un corteggiamento, ma un sicuramente abboccamento che è andato di traverso al “partito francese”. Il fatto è che, mentre la Germania ha intorno a sé una corona di paesi alleati, la Francia è isolata: non ha mai voluto coltivare la prospettiva di guidare un blocco mediterraneo, quasi vergognandosi di essere considerata un Paese del Sud, contrapposto a quello dei Paesi del Nord. Deve quindi evitare ad ogni costo che l’Italia rinsaldi politicamente quei forti legami economici che la legano comunque alla Germania.
Ci sono tre piani di risposta da parte italiana: quello tecnico sugli sforamenti, che è di competenza del Tesoro, quello politico-diplomatico che riguarda le nomine a Bruxelles e la designazione del Commissario italiano che investe innanzitutto il Premier Conte; quello strategico che compete alla maggioranza.
Che oggi in Italia non ci sia alcuna remissività da parte della maggioranza verso Bruxelles, è evidente a tutti. Ma c’è dell’altro, soprattutto in ciò che si cela dietro la iniziativa volta a rilanciare proprio in questo momento la emissione dei mini-bot. La loro natura è di debito pubblico cartolarizzato e privo di interessi, che lo Stato garantisce di accettare per il pagamento delle imposte in luogo di un pagamento in euro. E’ soggetto nelle transazioni alla libera accettazione del creditore di moneta in luogo di un pagamento liberatorio in euro.
Al di là di tutto ciò, la loro consistenza cartacea ed il piccolo taglio andrebbero a completare il puzzle costituito sin qui dalle carte di pagamento su cui viene accreditato il reddito di cittadinanza già per milioni di persone, in guisa di moneta elettronica, ed il sistema che ne registra l’utilizzo di spesa: è una infrastruttura statale completamente autonoma rispetto a quella delle transazioni bancarie su cui girano le monete ufficiali, e l’euro in particolare.
Il programma della Troika fu imposto alla Grecia attraverso una studiata procedura di anossia monetaria: furono bloccate le transazioni bancarie; resi impossibili gli acquisti con le carte di credito; plafonati a cifre irrisorie i prelievi di contanti ai bancomat, che non venivano neppure riforniti. Anche la Bce sospese i programmi di assistenza di liquidità per via di emergenza. In appena due settimane, lo strangolamento fu completato.
Tutto si tiene, dunque: procedure di infrazione, nuove regole europee, diversi equilibri dentro la Commissione, ribilanciamento nell’asse franco-tedesco. C’è confusione, non certo solo in Italia: ma è sempre così in ogni gran ballo.
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