mercoledì 19 giugno 2019

Ali ancora danza e combatte nei nostri sogni e nelle nostre utopie.


No, non è così. Nella politica, nella letteratura e anche nello sport, ci sono figure che mantengono la loro forza, la loro “attualità”, che ancora ci indicano la strada giusta da intraprendere come Muhammad Ali.

Ali ancora danza e combatte nei nostri sogni e nelle nostreAbbiamo risentito la sua voce, abbiamo rivisto i suoi duelli contro tutto e tutti, lo abbiamo visto offrire, senza timori o paura, il suo corpo malato in mondovisione e conquistare, prima di accendere il braciere a dare il via alle Olimpiadi di Atlanta del 1996, il suo successo più bello: il Parkinson non era riuscito a metterlo da parte, al tappeto, a nasconderlo.
Lui era di nuovo lì, con la sua forza e la sua dignità, nettamente il più grande. Non perdetevi, venerdì 21 giugno su Sky Arte, alle 21.15, in prima visione nazionale, il documentario (regia di Antoine Fuqua, produzione HBO Sports) “What’s my name: Muhammad Ali”




Sì, eccolo nuovamente danzare nei nostri sogni e nelle nostre utopie, nelle nostre speranze.

Eccolo, anche attraverso materiali inediti, farci sentire la potenza della sua volontà e delle sue scelte, sul ring e fuori. Si è battuto senza mai chinare la testa contro i più grandi avversari (pensiamo a Jorge Foreman), per i diritti dei neri, contro la “Sporca Guerra” in Vietnam, al fianco degli ultimi, degli invisibili, dei dimenticati, pagando prezzi altissimi in una America bianca e reazionaria (e la storia, purtroppo, spesso si ripete), ma ogni volta tornando con più rabbia, furore, ironia e poesia di prima.
Il Novecento gli deve tantissimo. Sotto molti punti di vista. Il docufilm di Sky Arte è materiale prezioso per le scuole e per le manifestazioni sportive e letterarie. Per la nostra coscienza, per le nostre narrazioni.
Il campione, sempre e per sempre, è anche presente in libreria con la biografia, monumentale e definitiva, di Jonathan Eig: “Muhammad Ali, la vita”, traduzione dall’inglese di Lorenzo Vetta, editore 66thand2nd. Leggiamo:
“Alì era una medaglia d’oro, un eroe internazionale. Il più grande atleta del Ventesimo secolo. Era un musulmano, un nipote di schiavi, l’incarnazione della diversità. Era l’America: alto, bello, veloce, rumoroso, romantico, matto, impulsivo”.
Non bisogna aggiungere altro.

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