Si qualifica invece ormai, dopo due anni di amministrazione a 5 Stelle, come un tentativo di mettere la parola fine a tutte le esperienze di autogestione e di produzione dal basso di attività culturali e servizi ai cittadini.
Le donne della Casa Internazionale delle Donne affermano, e con loro le migliaia di persone che hanno riempito ieri piazza del Campidoglio, proponendo il riconoscimento delle spese di manutenzione del Buon Pastore, uno stabile del '600 e il valore dei servizi erogati, come strada per superare il problema del debito derivante da un canone irragionevolmente alto, l'importanza delle esperienze di gestione dei beni pubblici che non è né statalista, né semplicemente affidata al mercato.
Ormai è cresciuta in Italia e in particolare a Roma una presenza nuova che, senza sanzione pubblica, contro la sordità di grande parte delle forze politiche, applica quotidianamente l'articolo 43 della Costituzione, che recita –con una preveggenza straordinaria– che lo stato può affidare beni e servizi a comunità di lavoratori e utenti servizi pubblici essenziali.
Virginia Raggi propone invece un progetto dall'alto. Ci propone un piano di servizi pubblici messi a bando e quindi offerti sul mercato. Il cosiddetto rilancio del progetto della Casa è la riproposizione, la più tradizionale possibile, di una gestione del patrimonio e dell'intervento pubblico, in continuità assoluta con tutte le esperienze di governo di questi ultimi anni, in ossequio totale alle posizioni espresse in questi anni dalle vestali della riduzione della spesa pubblica.
Il valore è solo quello stabilito dal mercato, comuni e stato devono fare cassa sul patrimonio. Nient'altro conta, nient'altro vale.
Basta andare in un giorno qualsiasi (la Casa è aperta per sei giorni a settimana, tutta la giornata) al Buon Pastore per rendersi conto della differenza tra una Casa delle Donne e un centro di coordinamento di servizi pubblici.
La Casa è un luogo aperto, disponibile a associazioni, ma anche a singoli, a chi organizza spettacoli, a chi promuove convegni, a chi riceve le donne in difficoltà, a chi si incontra in gruppi informali, a chi vuole consultare la biblioteca e l'archivio del femminismo e a tante altre cose ancora. Il tutto senza costare un euro di denaro pubblico per la sua gestione.
È veramente paradossale che la prima esperienza di governo dei 5 Stelle si incagli nelle secche dei vecchi schemi delle società che tanto invece sembrano criticare.
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