La Stampa anticipa il
libro del possibile nuovo ministro dell'Economia, che accusa la
Germania. "Italia vittima di colonialismo, rischio Grecia".
"L'euro è una gabbia tedesca, adesso
serve un piano B". La Stampa anticipa stralci dell'autobiografia di
Paolo Savona, a giorni nelle librerie, il cui contenuto inquieta il
Quirinale, dal momento che il suo nome è stato indicato come prossimo
ministro dell'Economia del Governo M5S-Lega. L'economista, un passato da
ministro dell'Industria negli anni '90 con Carlo Azeglio Ciampi a
Palazzo Chigi, ha creduto nell'Unione Europea, ma oggi ha una visione
fortemente critica, soprattutto per il ruolo avuto da Berlino.
"La Germania non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo
la fine del nazismo, pur avendo abbandonato l'idea di imporla
militarmente. Per tre volte l'Italia ha subito il fascino della cultura
tedesca che ha condizionato la sua storia, non solo economica, con la
Triplice alleanza del 1882, il Patto d'acciaio del 1939 e l'Unione
europea del 1992. È pur vero che ogni volta fu una nostra scelta.
Possibile che non impariamo mai dagli errori?".
L'economista vede nell'Italia due fragilità strutturali – le rendite e
l'assenza di una cultura della legalità – aggravate, a partire dal '92,
dalla scelta frettolosa e dissennata di entrare nella "gabbia europea".
Scrive ancora Savona:
"L'euro è una creatura biogiuridica costruita male" con una modifica
di fatto della Costituzione, attuata con leggi ordinarie da Parlamenti
impreparati e superficiali, subordinati a "élite che illudono i popoli".
Carli e Ciampi li sapevano che non eravamo pronti, ma non volevano
rimanere fuori dalla porta. Confidavano che il tempo avrebbe migliorato
la situazione. "Invece è peggiorata".
L'Italia è così "scivolata in una nuova condizione coloniale, la stessa sperimentata dalla Grecia".
"L'Euro ha dimezzato il potere d'acquisto degli italiani, anche se le autorità lo negano"
Savona non risparmia critiche a Mario Monti -
"portabandiera del
servilismo agli interessi dei poteri dominanti" - a Mario Draghi e
Ignazio Visco, accusati ciascuno nel suo ruolo di aver contribuito a
questa situazione.
Dal suo punto di vista, il divieto costituzionale di
referendum sull'Ue e sull'euro rappresenta "la più chiara violazione dei
principi democratici". Dietro il
"paravento della liberaldemocrazia,
c'è una concezione sovietica. La conseguenza è un fascismo senza
dittatura e, in economia, un nazismo senza militarismo".
L'Ue è quindi "viziata da innata ingiustizia". Che fare, allora?
"Battere i pugni sul tavolo non serve a niente. Bisogna preparare un
piano B per uscire dall'euro se fossimo costretti, volenti o nolenti, a
farlo". L'alternativa è "fare la fine della Grecia".
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