Arrivando ad «assumere la responsabilità di tutte le emissioni» di gas
serra, comprese quelle prodotte dall’impiego di combustibili fossili,
come la benzina per le auto o il gas con cui scaldiamo le nostre case. A
chiederlo è un gruppo di 60 grandi investitori- fondi, banche e
assicurazioni, che insieme gestiscono più di 10.400 miliardi di dollari e
che alzano la pressione sulle major a livelli senza precedenti proprio a
pochi giorni dalle assemblee degli azionisti, in cui l’ambiente
promette di essere un tema centrale. La Royal Dutch Shell voterà
una mozione che chiede un taglio più aggressivo delle emissioni di CO2
rispetto al dimezzamento a cui il management «ambisce» entro il 2050.
Nonostante le riserve, a favore si sono schierati anche la Church of
England e il fondo pensioni dell’Agenzia per l’ambiente britannica. Il
testo afferma che «a prescindere dal risultato all’assemblea di Shell»
tutte le compagnie del settore dovrebbero «chiarire come vedono il loro
futuro in un mondo low-carbon». La richiesta in particolar e è che le
Major assumano «impegni concreti» per ridurre in modo significativo la
CO2, per stimare l’impatto delle emissioni legate all’impiego dei
combustibili che producono e per «spiegare come i loro investimenti
siano compatibili con il percorso verso gli obiettivi di Parigi»,
che impegnano a contenere il riscaldamento globale almeno entro 2° C.
Sono ormai diversi anni che il mondo della finanza ha preso coscienza
dei rischi legati al cambiamento climatico: rischi non solo per
l’ambiente, ma anche per gli investimenti stessi
Il 2018 è l’anno in cui dovrebbero essere realizzate le prime bozze dei Piani Energia e Clima,
gli strumenti con cui i Paesi Membri dell’Unione Europea dovranno
mostrare le politiche e le strategie per raggiungere gli obiettivi
fossati per il 2030 e che, per l’Italia, rappresentano l’occasione per
dare concretezza a quanto scritto nella Strategia Energetica Nazionale (SEN), predisposta oramai da quasi un anno.
Della
SEN in verità, al di fuori degli addetti ai lavori e della stampa
specializzata, se ne è parlato poco. Probabilmente non a torto perché si
tratta di un documento che ha solo valore di indirizzo, approvato da un
governo in scadenza, quasi un lascito a quello successivo per la sua
messa in pratica.E’ comprensibile quindi che dopo la sua approvazione,
l’ad di Enel Starace, rispondendo ai giornalisti abbia detto che
“abbiamo la direzione ma non ci sono stati dati strumenti per arrivare
agli obiettivi indicati”. (Vedi “Stop al carbone al 2025, Starace: vanno
indicati gli strumenti”, Staffetta quotidiana del 22 novembre 2017). Il
tema di cui si era dibattuto era soprattutto quello della chiusura
delle centrali a carbone entro il 2025, decisione che porrebbe qualche
problema all’impianto di Torrevaldaliga nord, avviato nel 2009 e che
quindi avrebbe bisogno di qualche anno ancora dopo il 2025 per
ammortizzare l’investimento. La realtà però è che la politica si muove più lenta delle imprese perché
il ministero ancora non ha dato l’ok a dismettere la centrale di umbra
di Bastardo, che Enel ha deciso da tempo di non utilizzare più.
La
SEN, ricordiamolo, prevede una decarbonizzazione completa (ossia
chiusura di tutte le centrali a carbone) entro il 2025, produzione con
fonti rinnovali del 55% dei consumi elettrici (quindi significa arrivare
a generare 184 miliardi di chilowattora l’anno con le FER) e riduzione
dei consumi finali di energia dell’1,5% annuo fra il 2021 e il 2030.
Qual è la realtà?
La realtà è che i consumi non scendono,
nel 2017 i consumi di energia primaria sono aumentati dello 0,8%
rispetto al 2016. Di positivo è da segnalare che sono aumentati della
metà rispetto all’aumento del PIL, che nel 2017 è cresciuto dell’1,5%. I
consumi finali di energia sono invece aumentati dell’1,3% circa, dunque
in misura di poco inferiore all’aumento del PIL, per citare ENEA: “un
segnale che nella forte contrazione dei consumi di energia dell’ultimo
decennio l’auspicato disaccoppiamento tra crescita economica e consumi
energetici ha avuto un ruolo meno rilevante di quello avuto dalla crisi
economica” (http://www.enea.it/it/seguici/pubblicazioni/pdf-sistema-energetico-italiano/01-bollettino-trimestrale-2018.pdf).
Nel 2017 si è consolidato il ruolo del gas naturale come prima fonte primaria del
sistema energetico italiano, coprendo il 36,5% del totale. Per il terzo
anno consecutivo i consumi sono aumentati in modo significativo (+6%,
dopo il +5% del 2016. I consumi di petrolio sono invece diminuiti di un
punto percentuale, il carbone presenta per il secondo anno consecutivo
un calo in doppia cifra (-12% dopo il -10% del 2016) e si riduce al 6%
del mix.
E le fonti rinnovabili? Per il terzo anno consecutivo sono in calo! L’aumento
del solare e dell’eolico non hanno compensato la perdita
dell’idroelettrico. Più volte abbiamo sostenuto che un sistema basato su
queste fonti deve prevedere un mix dimensionato in modo da rendere
complementari le fonti, e in Italia solare ed eolico sono fortemente
sottodimensionate se si vuole che siano in grado di supplire all’acqua
negli anni di siccità. Il risultato è stato l’aumento della generazione termoelettrica: +4,6% (dopo il +4,3% del 2016 e il +9,4% del 2015), che ha raggiunto i massimi degli ultimi cinque anni.
Le
FER hanno generato 103 TWh di elettricità (107 TWh del 2016, -3,4). È
dunque scesa anche la quota di fonti rinnovabili sulla domanda, che ha
perso due punti percentuali (dal 34,1% del 2016 al 32,3% del 2017).
Anche la massima produzione da fonti rinnovabili su base mensile è
rimasta lontana sia dal valore massimo raggiunto nel 2016 sia dai
storici: nel 2017 il valore più elevato è stato raggiunto a maggio, con
una quota pari al 39%, la più bassa degli ultimi cinque anni.
Questi
pochi numeri mostrano come la rivoluzione energetica sia ferma,
mostrano che gli obiettivi della SEN al momento sono delle chimere: dal
2015 al 2030 per raggiungerli la generazione da FER dovrebbe aumentare
del 70% , dovremmo cioè raddoppiare la potenza fotovoltaica installata
oggi, mettendo in opera 2,3 GW l’anno, ma nel 2017 (nonostante sia stato
un anno di crescita) ne abbiamo installati solo 0,4 GW, come colmare il
gap?
Fonte: Energystrategy.it
I
dati delle istallazioni dei primi tre mesi 2018 sono impietosi:
fotovoltaico, eolico e idro non hanno superato i 138 MW, con un calo del
5% rispetto al primo trimestre 2017. Nessuna accelerazione
all’orizzonte quindi.
Fonte Anie Rinnovabili
Cosa
scoveremo dal cilindro per implementare la SEN? Cosa scriverà il nuovo
governo nel Piano per l’Energia e il clima? Il contratto di governo Di
Maio – Salvini appare estremamente deludente, clima ed energia emergono
(o meglio scompaiono) come problemi molto secondari.
La
parola clima non è mai citata, compare il termine “cambiamento
climatico” solo nella parte finale della sezione intitolata “Ambiente,
green economy e rifiuti zero” (il che già stupisce), “In tema di
contrasto al cambiamento climatico sono necessari interventi per
accelerare la transizione alla produzione energetica rinnovabile e
spingere sul risparmio e l’efficienza energetica in tutti i settori”;
una frase così generica da essere perfetta forse per un programma
elettorale non di certo per un programma di governo. E la parola “fonti
rinnovabili” compare una sola volta in tutto il testo, sempre nelle
righe finali di questa sezione: “È necessario avviare azioni mirate per
aumentare l’efficienza energetica in tutti i settori e tornare ad
incrementare la produzione da fonti rinnovabili, prevedendo una
pianificazione nazionale che rafforzi le misure per il risparmio e
l’efficienza energetica e che riduca i consumi attuali”. Impossibile
commentare, manca qualsiasi elemento di concretezza.
Nessuna
citazione sul decreto per le rinnovabili abbozzato dal ministero,
nessun chiarimento se davvero per effetto della flex tax scompariranno
tutte le detrazioni in vigore (senza le quali le installazioni
casalinghe di pannelli fotovoltaici sparirebbero perché i tempi di
payback praticamente raddoppierebbero), niente su come rinnovare il
parco eolico, sul tema batterie, sulle comunità energetiche, sulla
questione che si trascina da anni dello sblocco dei sistemi di
distribuzione chiusa per dare la possibilità di fornire elettricità
generata da un impianto rinnovabile, al altre utenze contigue. Niente su
questa benedetta SEN o sul piano per il clima, quasi fossero affari che
riguardano solo la povera e misera Europa.
Insomma
al momento il piatto è davvero vuoto. Il clima invece non sta fermo, le
centrali termoelettriche continuano a bruciare, così come i motori
endotermici. Viviamo tempi esigenti, non frustriamo la nostra
intelligenza: clima e ambiente sono uno dei nostri maggiori problemi,
insieme alle diseguaglianze sociali. Come scrisse papa Francesco nella
Laudato sì.
L’avranno letta?
* da La Bottega del Barbieri
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